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STATO E FAMIGLIE, IL MONITO DI CURCIO

La riflessione di Massimo Dellapenna

Questa volta ci lasciamo andare. Questa volta superiamo lo stile giornalistico e proviamo a parlare come genitori. Come genitori di figli adolescenti che escono la sera. Come genitori di figli piccoli che saranno adolescenti. Come genitori, fratelli, amici di ragazzi che vivono la quotidianità del loro tempo e rischiano di cadere nella piega della droga. Come genitori, amici, fratelli ci sentiamo di rivolgere il nostro più sentito ringraziamento ai Procuratori Francesco Curcio e Vincenzo Montemurro per la grande operazione che ha portato a sgominare una parte del traffico di droga nella città di Potenza e in provincia.

LE PAROLE DI CURCIO

Un ringraziamento che va alle Forze dell’Ordine, che va alla magistratura per le sue azioni ma anche al Procuratore distrettuale di Potenza Curcio per le sue parole. «Sfatiamo – ha detto – certe sciocchezze che di solito si dicono in proposito e cioè che queste attività sono la conseguenza del disagio sociale. In quest’inchiesta è emerso che chi le praticava proveniva da contesti normali e da nuclei familiari con sufficiente reddito. I ragazzi fermati avevano scelto la via della droga per affari, vivevano in contesti dove stavano bene, non ne avevano bisogno. Le famiglie devono vigilare, caspita! Mi sembra che questo sia il problema di base. E lo Stato deve fare una scelta: o decide di trascurare il fenomeno e non se ne occupa più o se vuole continuare a occuparsene, di questo deve decidere la politica, lo deve fare in modo più incisivo» Parole che ricordano il ruolo dello Stato nel contrasto alla droga. Quel «caspita» che esce dai canoni dell’ordinaria comunicazione istituzionale, dà l’idea di una presa di coscienza anche civile del magistrato. Una presa di coscienza che ricorda che lo Stato la lotta alla droga deve farla «in modo più incisivo». Parole che ci riportano alla mente un altro grande, grandissimo magistrato, Paolo Borsellino, che si schierò apertamente contro coloro i quali dicevano «se noi eliminiamo il traffico clandestino e legalizziamo il consumo di droga abbiamo contemporaneamente levato dalle mani alla mafia la possibilità di ottenere tutti questi guadagni illeciti ed essere così potente». Ricordando che chi usa questi argomenti «non riflette che la legalizzazione del consumo di droga non elimina affatto il mercato clandestino, anzi avviene che le categorie più deboli e meno protette saranno le prime a essere investite dal mercato clandestino (…) Resisterebbe poi un ulteriore traffico clandestino che è quello delle droghe micidiali, che per le stesse ragioni lo stato non potrebbe mai liberalizzare (…) Ci sarà un’ulteriore parte del mercato clandestino dovuto a tutti coloro che per qualsiasi ragione non vorranno ricorrere al mercato ufficiale: per non essere schedati, per non essere individuati, per ragioni sociali, eccetera» Concetti rielaborati e ripetuti anche da un altro grande magistrato come Gratteri che ha più volte ricordato che la droga è un male in sé e che la sua diffusione va contrastata. Curcio e Montemurro, con questa azione, con queste parole si collocano nel solco dei grandi magistrati che hanno dato un colpo letale alla mafia, al mal costume, al business delle debolezze.

LA DROGA È MALE, LA DROGA È UN PROBLEMA SOCIALE NON SOLO LEGALE

Con quel suo richiamo alle famiglie, alla necessità di vigilare il Procuratore Curcio non ha paura di evidenziare anche le responsabilità e il ruolo della famiglia. La droga è un oggetto illecito. La droga, però, è anche e soprattutto una piaga sociale. Contro i reati si deve muovere la Procura, la Polizia, i Carabinieri. Però, da soli non bastano. Lo dice chiaramente Curcio quando afferma «le famiglie devono vigilare». Ce lo ricorda a noi genitori di figli adolescenti. Lo ricorda a tutti noi che abbiamo il delicato e difficile compito di educare i più fragili, i più deboli, quelli che più di altri possono cadere nelle tentazioni della tossicodipendenza. Noi abbiamo il dovere di vigilare, di non abbassare la guardia, di restare vigili e senza nessuna tentazione di cercare la via più comoda. Sono i nostri figli quelli che sono stati arrestati e sono indagati ieri. Non sono dei mostri, non vengono da “Gomorra”. Sono persone esattamente identiche ai compagni di classe dei nostri ragazzi. È la normalizzazione del fenomeno droga. Le organizzazioni criminali sono al vertice. Alla base ci sono persone normali, non più delinquenti professionisti, non più persone che usano lo spaccio di droga per uscire da situazioni di miseria ma che «vivevano in contesti dove stavano bene, non ne avevano bisogno», esattamente come i nostri figli, i loro amici, i figli dei nostri amici. Il tossicodipendente con la dose di eroina sotto il ponte non esiste più. Lo spacciatore stile Gomorra non vive da queste parti. La droga ha perso nel consumo e nello spaccio i connotati di negatività sociale. È diventato un gioco come gli altri. Lo Stato deve fare la sua parte. Le famiglie e la società devono fare la loro. Partiamo da un ruolo educativo e dalla consapevolezza che non esistono droghe leggere e droghe pe- santi. Esistono soltanto droghe, fanno male in qualsiasi peso. Distruggono i nostri giovani. La Procura della Repubblica di Potenza ha fatto la sua parte, ha dimostrato che lo Stato esiste. Ora è compito delle famiglie e della società civile non buttare alle ortiche quanto fatto. Per adesso, per le azioni e per le parole il nostro ringraziamento da genitori prima che da commentatori va a Curcio e Montemurro.

Di Massimo Dellapenna

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