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AL CSX CONVIENE IL PAPA STRANIERO?

Il cdx continua a vincere ovunque e senza rischi, i rivali continuano soltanto a partecipare. Anche dopo il Molise, Schlein muta: Margiotta si schiera contro con le analisi assolutorie

Mentre dal Molise giungevano i dati elettorali dell’ennesima sconfitta del centrosinistra, il segretario del Partito Elly Schlein era a Milano insieme a Conte al Gay Pride a parlare a favore dell’utero in affitto gridando contro il rischio di riduzione dei diritti. Negli stessi momenti dalla Basilicata, Salvatore Margiotta provava a tenere i piedi per terra e a parlare di politica. Aveva il coraggio e l’autorevolezza non soltanto di non nascondere la testa sotto la sabbia della sconfitta ma anche di evidenziare la necessità di un’analisi politica ed elettorale fino ad ora mancata. Sul suo profilo Twitter l’ex sottosegretario senza mezze misure evidenziava che «non è stata fatta un’analisi approfondita del voto del 25 settembre, neanche durante il Congresso, stessa cosa per la recente sconfitta ai ballottaggi e ora si minimizzerà la batosta in Molise». Aggiungendo. «Il mantra è: conta il voto delle Europee ma nel 2024 si vota alle regionali in cinque regioni: Piemonte, Sardegna, Basilicata, Umbria e Abruzzo, e ad ottobre 2023 nelle Province autonome di Trento e Bolzano. Alcune di esse – la mia Basilicata, ad esempio – hanno per dimensioni, cultura politica, orografia, struttura sociale ed economica, molti punti in comune con il Molise. Analisi assolutorie e semplicistiche rischiano di non portarci lontano. Far finta di nulla non mi pare la migliore strategia». Un’analisi politica vecchio stile, da esperto democristiano di altri tempi che mette i piedi per terra senza indulgere nella retorica del “non ci hanno visti arrivare” che da troppo tempo sta distruggendo la sinistra italiana trasformandola in uno sparring partner di un centrodestra che, con la Meloni a Palazzo Chigi, parla di questioni di comune interesse dei cittadini, schierandosi apertamente sullo scenario internazionale senza perdere tempo in formulette retoriche rivolte ad un pubblico di ristretti.

LA POLITICA CON I PIEDI PER TERRA

“Siamo le scarpe sporche di fango” disse Giorgia Meloni quando da segretario nazionale di FdI lanciò la sua rincorsa che l’ha portata a Palazzo Chigi. Le parole di Salvatore Margiotta sembrano chiedere al centrosinistra di tornare con la testa sulla politica e i piedi sulla strada, a sporcarsi le scarpe in questioni che interessano i cittadini, ad occuparsi di interessi generali e di avere il coraggio di guardarsi in faccia ed analizzare gli errori. La storia del centrosinistra lucano, quello talmente vincente da diventare il Partito Regione, è la storia del pragmatismo di Governo. In Basilicata la sinistra che proveniva dal PCI già con Filippo Bubbico aveva una tradizione “governista”, imitava ed importava il modello emiliano dell’efficienza di Governo e del pragmatismo operativo. A questa tradizione si unì il forte radicamento della storia democristiana quando Colombo decise di spostare sul centrosinistra il grande apparato del Partito. Da questa unione di prassi di governo senza eccessi ideologici è nato il Partito Regione. Per anni la Basilicata ha visto la contrapposizione tra una sinistra che giocava la sua partita per governare e un centrodestra che sembrava perdersi in tatticismi arrendevoli di sopravvivenza, confuso tra l’istinto di conservazione delle piccole rendite di posizione e le funamboliche retoriche dell’opposizione al sistema. Dagli anni ’90 in Basilicata non c’è stata partita. Dalla vittoria di De Luca a Potenza in poi, invece, il trend si è invertito. Il sistema regione si è sgretolato, la sinistra ha perso tempo ad inseguire modelli astratti e il centrodestra con l’abbrivio nazionale non solo ha vinto le elezioni ma si è anche strutturato quasi a sembrare invincibile.

LA SINISTRA TRA PAPA STRANIERO E LA RIPROPOSIZIONE DI VECCHI NOMI

Non sfugge all’occhio attento dell’osservatore che il dibattito strisciante ma autentico nel centrosinistra lucano è tutto diviso su due direzioni di marcia. Da un lato i cultori del Papa Straniero, dell’imprenditore salvifico che unendo calcio e politica possa utilizzare il vento per portare la barca verso porti sicuri. Dall’altro l’eterno derby tra i due ex governatori Marcello Pittella e Vito De Filippo che, invece, vogliono produrre tramite accettazione di candidatura un certificato di persistenza in vita politica.

MARGIOTTA PROVA A PARLARE DI POLITICA

In questo contesto non sfugge, invece, il tentativo di Salvatore Margiotta di parlare di politica e di fare analisi tattica e strategica. Non ci era sfuggito il suo tentativo di parlare di cose pratiche già quando, ad “Oltre il Giardino” aveva non soltanto raccontato la storia interclassista della Democrazia Cristiana e l’esigenza di tornare ad essere un punto di riferimento per le categorie produttive e non solo per le lobby dei ricchi ma anche che, paradossalmente, nel tempo che viviamo le istanze che sono diventate appannaggio della sinistra-sinistra sono le classi sociali più ricche, quella che viene definita la sinistra della Ztl. A noi che proviamo ad analizzare la politica appare veramente paradossale che in questo desolante e paralizzato quadro della sinistra italiana e lucana in cui si gioca per partecipare e ridurre la sconfitta, in cui nessuno vede arrivare neanche un’alternativa credibile alla destra che vince senza sosta e senza rischi ovunque, nessuno voglia ascoltare la parole politicamente sagge e strategicamente intelligenti di Salvatore Margiotta. Ancora più paradossale ci appare che il centrosinistra lucano non trovi la quadra immediata intorno alla sua autorevole persona. Alle elezioni il voto di appartenenza non conta, è un dato neutro, è equamente distribuito ed è immutabile a prescindere dai nomi e dalle idee. Quello che fa vin- cere o perdere le elezioni è il voto mutevole di chi non ha nessun preconcetto. Possibile che a sinistra nessuno si renda conto che un nome come Salvatore Margiotta non spaventerebbe i moderati e non sarebbe sgradito alla sinistra che proviene dal PD? “Quos vult Iupiter perdere, dementat prius”, dicevano i romani qualche secolo fa. Evidentemente vale anche per un Partito Democratico e per un centrosinistra lucano che preferiscono tergiversare tra antichi nomi e papi stranieri.

Di Massimo Dellapenna

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