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POLITICHE DI COESIONE, IL DIVARIO SUD-UE C’ È «SPRAZZI DI LUCE», MA SERVE OCCUPAZIONE

I dati Istat positivi per la Basilicata sul Pil: allarme sul calo demografico e della popolazione in età lavorativa

La politica di coesione rappresenta la principale politica di investimento del- l’Unione europea e si pone l’obiettivo di ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle regioni, ma per l’Istat nel caso del Mezzogiorno si tratta di «vent’anni di mancata convergenza». Il report dell’Istituto nazionale di statistica, come precisato, non ha la finalità di dare un giudizio valutativo nel merito, ma ha lo scopo, nell’ambito della comunitaria politica di coesione, di fornire fotografie basate sull’andamento del Pil pro capite a parità di potere di acquisto. A partire dai dati completi sugli ultimi tre cicli di programmazione delle politiche di coesione (2000- 2006, 2007-2013, 2014- 2020), è stato possibile analizzare quali aree e quali regioni Ue abbiano beneficiato dei finanziamenti attuati nell’ambito di tali politiche nel corso del tempo e ipotizzare possibili scenari rispetto a specifici indicatori quali il tasso di occupazione, la produttività del lavoro e la struttura demografica. La situazione del Sud Italia preoccupa perché, tra le altre cose, «le simula- zioni effettuate mostrano, ceteris paribus e in assenza di interventi sull’occupazione e sulla produttività, che la forbice con l’Ue, nel 2030, è destinata ad allargarsi pressoché ovunque in Italia e in particolare nelle regioni del Mezzogiorno».

IL SUD ITALIA: L’AREA «PIÙ ARRETRATA DELL’EUROPA OCCIDENTALE»

Le regioni italiane destinataria della maggior parte degli investimenti delle politiche di coesione, quelle prima definite “Obiettivo 1”, fino al 2000-2006, poi “Convergenza”, nel periodo 2006- 203, e infine “Regioni meno sviluppate”, nei periodi 2014-2020 e 2021- 2027, sono accumunate dall’avere un Pil pro capite inferiore al 65% della media Ue, sono solo parzialmente mutate nel corso del tempo. Tra queste, la Basilicata. Il processo di convergenza delle regioni italiane classificate come «meno sviluppate», «pressocchè in quasi tutto il Mezzogiorno ad eccezione dell’Abruzzo, non si è verificato, avendo queste regioni continuato a crescere sempre meno di qualsiasi media Ue, al punto da poter essere considerate tutte insieme come l’area più vasta e po- polosa di arretratezza economica dell’Europa occidentale». La regione Basilicata nel ciclo 2007-2013 rientrava in un regime transitorio definito “phasing-out”, in quanto risultante avere un Pil pro capite superiore al 75% della media Ue ma inferiore al 75% della media dell’“Ue15”, in relazione ai 15 Stati membri. L’“Ue27”, invece, è composta dai 27 Stati membri al 2020. Per la Basilicata come per le altre regioni «meno sviluppate», la doppia crisi economica del 2008-09 e del 2011-13 «non è stata praticamente mai intervallata da una fase di ripresa economica, e anche nel periodo successivo il tasso di crescita medio annuo del Pil pro capite, è stato inferiore rispetto al dato nazionale ed europeo con la sola eccezione delle sue regioni più piccole».

UE: DA 15 A 27 STATI MEMBRI: LA BASILICATA REGGE

Pil pro capite a parità di potere di acquisto: se durante il ciclo di programmazione 2000-2006 erano 5 le regioni italiane collocate fra le prime 25 di quella che è oggi l’Ue27, nel 2021 risulta essere rimasta in tale raggruppamento solo la Provincia autonoma di Bolzano-Bo- zen. Considerevole è stata la perdita di posizioni in classifica delle seguenti regioni: l’Umbria (-60 po- sizioni) e il Lazio, Piemonte, Liguria, Toscana e Molise che perdono ben oltre 40 posizioni in graduatoria. Ci sono regioni che hanno vissuto un crollo rilevante, come l’Umbria (-60 posizioni) e il Lazio, Piemonte, Liguria, Toscana e Molise che hanno perso ben oltre 40 posizioni in graduatoria, ed altre, invece, come la Basilicata che hanno retto (-12 posizioni).

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