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IL LACCIO DI SANTA LUCIA E LE SETTE DONNE DI PIGNOLA: LE TRADIZIONI LUCANE TRA FEDE E FUTURO

Fili di luce per uscire dalla tenebre, oltre i significati simbolici della particolarissima tradizione
locale lucana: devozione e fede esteriorizzate attraverso la socialità dei lavori manuali


DI ANTONELLA PELLETTIERI


Molto nota è la vita di Santa Lucia tramandata da due fonti agiografiche una in lingua greca che risale al V secolo e una latina riconducibile fra il V e il VI secolo: la Santa è venerata nel rito cattolico e in quello ortodosso. La vita di Lucia è caratterizzata dal desiderio di regalare la propria verginità a Dio poiché la madre era guarita da una grave malattia miracolosamente. Decise che i suoi beni fossero distribuiti ai poveri ma questo non piacque al promesso sposo che comprese che Lucia aveva preferito altre scelte per la sua vita e decise di denunciare la fede cristiana di Lucia ai giudici. In quel periodo regnava l’imperatore Diocleziano noto per le persecuzioni contro la nuova religione cristiana: durante il processo Lucia si difese ma fu condannata alla prostituzione e a trascorrere i suoi giorni nei peggiori postriboli. Quando cercarono di portarla verso un lupanare nessuno riuscì a sollevarla perché era diventata pesantissima.

Tentarono di spostarla legandola con delle funi a dei buoi oltre che a uomini molto forti ma non vi riuscirono. Decisero di bruciarla su un rogo ma Lucia non bruciava e così la decapitarono con un coltello. Perseguitata e uccisa per le sue scelte religiose divenne una martire che, in seguito, fu ricordata anche perché le furono strappati gli occhi durante il martirio. La santa nacque e morì a Siracusa dove è possibile visitare le catacombe a lei dedicate: sempre a Siracusa nelle catacombe di San Giovanni vi è una testimonianza epigrafica del IV secolo che già racconta della santa.

Dante Alighieri nel Convivio ci tramanda la sua devozione a Lucia che lo aiutò a guarire da una malattia agli occhi: Maria, Beatrice e Lucia sono le tre donne che aiutano il Poeta a raggiungere il Paradiso e, dunque, la salvezza. Lucia viene menzionata in tutte e tre le Cantiche poiché capace di illuminare il percorso buio e oscuro, Maria simboleggia la carità, Lucia la speranza e Beatrice la fede. La data di morte di Lucia e cioè il 13 dicembre del 304 a soli 21 anni corrisponde al’inizio dell’Inverno secondo il calendario Giuliano che precedeva quello da noi usato e cioè il calendario di papa Gregorio VIII che fu usato solo dal 1582. Se oggi le scoperte scientifiche ci dicono che l’equinozio dell’inverno avviene fra il 21 e il 22 dicembre, di certo il 13 dicembre è il giorno in cui il sole tramonta prima e che ha portato a far nascere il noto proverbio “A Santa Lucia la notte più lunga che ci sia”.

Se la santa fu subito venerata e adorata come apprendiamo da questa iscrizione nelle catacombe di San Giovanni a Siracusa, la sua fama si diffuse molto velocemente e portò a far nascere ovunque chiese e riti collegati al suo culto. Anche a Pignola nacque una chiesa titolata alla santa in aperta campagna: non conosco l’anno di erezione di questa chiesa ma la troviamo nel noto disegno di Pacichelli del 1703.

Nel 2009, in seguito al restauro della statua conservata nella chiesa fu ritrovato un documento pergamenaceo nascosto dentro la spalla della Santa che suppongo sia conservato nell’archivio parrocchiale di Pignola e che forse potrebbe darci qualche altra notizia. Oltre la cuccìa che è tradizione culinaria tipica del Meridione d’Italia per il giorno di Santa Lucia, a Pignola vi è un’altra particolare tradizione chiamata il laccio di Santa Lucia. Le persone più anziane raccontano che da bambini confezionavano e utilizzavano questo laccio per giocare davanti la chiesa della Santa legando anche i muli. Si faceva a gara su chi confezionasse il laccio più lungo.

Ma cos’è questo laccio? Trattasi di un serpentello di lana tubolare che veniva confezionato con della lana arrotolata intorno a quattro chiodi posti su un rocchetto di legno che serviva ad arrotolare il cotone. Attraverso un ferro con la testa grande e con il quale si usava ferrare i muli, si lavorava la lana arrotolata intorno ai quattro chiodi così da formare un laccio tubolare che scendeva dal foro centrale del rocchetto. Risulta verosimile supporre che questo laccio di lana simuli la corda con la quale furono legati inutilmente i piedi e le mani di Lucia per portarla verso il lupanare.

Questa tradizione così particolare tipica solo di Pignola è tenuta in vita da alcuni anni da sette donne pignolesi che organizzano ogni particolare della festa. In occasione dell’apertura della chiesa per il 13 dicembre aprono la chiesa e la puliscono oltre addobbarla con decorazioni natalizie. Chiamano gli zampognari e vanno ad accoglierli per portarli in giro a suonare e li conducono nella chiesa. Preparano il grande falò chiamando un mulattiere che porta la legna poiché la chiesa si può raggiungere solo a piedi. Preparano la cuccìa che offrono a tutti coloro che raggiungono la chiesa. Solo qualche anno fa è stata costruita una ripida scala costituita da 134 gradini e non bisogna più camminare nei campi per raggiungere l’edificio religioso.

Da qualche anno queste sette donne laboriose e devote hanno deciso di utilizzare questi lunghi lacci tubolari di lana coloratissimi per ornare delle palle di polistirolo e trasformarle in palle per l’albero di Natale. L’effetto è bellissimo e quest’anno non hanno solo adornato un albero nella chiesa di Santa Lucia ma anche l’albero di Natale eretto nella piazza antica del paese. Alla fine della celebrazione religiosa sono sempre queste sette donne a ripulire ogni cosa.

Nella mia personale battaglia di restauro della memoria e ricordo del nome e del cognome di tutti coloro che hanno realizzato un qualcosa di buono e di bello per la Basilicata (non conosco i motivi che portano i Lucani a non ricordare da vivi e a non commemorare da morti coloro che sono da ricordare per qualche buona azione o per altri meriti), vorrei ricordare il nome e il cognome di queste sette donne laboriose e devote in assoluto ordine alfabetico: Nina Coiro, Giuseppina De Lucci, Gina Fusco, Angelina Montagna, Gina Postiglione, Anna Vista e Lina Vista.

Queste sette donne non si sono costituite manco in una associazione (meno male!), non ci sono presidentesse e vice presidentesse, non vogliono fare carriera e diventare famose tramite l’associazionismo, addirittura sono solo devote e provano una immensa felicità a regalarsi al loro paese e ad addobbarlo con questa idea fantastica dei lacci di Santa Lucia coloratissimi ed elegantissimi per ornare il Natale nelle strade e nelle case. Imprenditrici di bontà e di gentilezza, Un laccio d’amore…


 

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