MORTE DI ELENA CESTE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: IL PICCOLO SCHERMO È IL REGNO DI CHI È PRIVO DI ARGOMENTI
Criminologa Ursula Franco: Il figlio minore della Ceste, Giovanni Buoninconti, all’indomani della scomparsa della madre, ha riferito ai suoi familiari che la mattina della scomparsa, mentre lo vestiva, Elena gli disse: “Se mamma scappa voi dovete crescere da soli” (pag 5, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste del 26 gennaio 2014). Mi sembra una evidente riprova del fatto che Elena premeditasse già una fuga
“staging”
MORTE DI ELENA CESTE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: IL PICCOLO SCHERMO È IL REGNO DI CHI È PRIVO DI ARGOMENTI
Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (una tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.
È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti.
– Dottoressa Franco, a Quarto Grado sono tornati a parlare del caso Ceste, che può dirci?
Le inferenze di chi è privo di competenze e di chi non conosce il caso giudiziario di cui parla non hanno alcun valore.
Certi spettacoli televisivi fanno accapponare la pelle per ignoranza, presunzione, pregiudizi, giustizialismo, mistificazione e mancanza di coscienza morale.
Gli americani dicono: “when all you have is a hammer everything is a nail”, ovvero “quando l’unica cosa che possiedi è un martello tutto è un chiodo”. In generale il piccolo schermo è il regno di chi è privo di argomenti e non invitano chi ne ha perché metterebbe tutti a tacere.
– Dottoressa Franco, lei ha recentemente scritto su un social: “Il fatto che in procura ad Asti ignorassero le dinamiche dello “staging” ha condotto alla condanna di Buoninconti per un omicidio mai avvenuto”, si spieghi meglio
In criminologia, quando ci si riferisce a scene del crimine alterate, si usa il termine inglese “staging”
L’autore della manomissione di una scena del crimine è sempre un soggetto vicino alla vittima che cerca di depistare gli inquirenti per allontanare i sospetti da sé. L’omicida di uno sconosciuto non ha motivo di industriarsi in un inutile “staging”
Per attribuire uno “staging” a qualcuno bisogna conoscerne le regole, cosa che non è accaduta nel caso Buoninconti Ceste.
La regola principale di uno “staging” è la seguente: chi altera una scena del crimine la prepara affinché la vedano gli inquirenti o eventuali testimoni.
Buoninconti ha raccontato alla vicina, Marilena Ceste, e poi agli inquirenti di aver trovato in cortile, al suo ritorno dal paese e in due tempi diversi, gli abiti che Elena indossava quella mattina, di averli raccolti e messi in macchina. Michele Buoninconti è stato accusato di aver predisposto una messinscena o quantomeno di essersi inventato di aver trovato in giardino gli abiti e gli occhiali della povera moglie.
Vediamo dove ha sbagliato la procura: se Michele Buoninconti avesse ucciso la moglie ed avesse optato per uno “staging” dei suoi abiti in cortile, non li avrebbe poi rimossi prima che qualcuno li vedesse così ad arte apparecchiati.
Il fatto che Buoninconti abbia raccolto gli abiti esclude che abbia messo in atto uno “staging” e ci conferma che quella da lui raccontata è la verità.
Ecco perché affermo senza alcuna remora che se coloro che si sono avvicinati a questo caso giudiziario fossero a conoscenza delle regole basilari dello “staging” avrebbero risparmiato ad un innocente ed ai suoi figli questo strazio.
Buoninconti, quella mattina, raccolse gli abiti abbandonati da Elena perché sperava di ritrovare sua moglie e rivestirla. Egli mise in atto un comportamento da innocente quale egli è.
Michele non avrebbe tratto alcun vantaggio dalla storiella dei vestiti trovati abbandonati e poi raccolti, ripeto: se Buoninconti avesse messo in atto uno “staging” non avrebbe rimosso gli abiti per poi raccontare di averli trovati in giardino.
Lo “staging” ha regole logiche, chi le ignora non può che incorrere in grossolani errori di giudizio. La riprova che sostenere che Buoninconti si sia inventato la storiella degli abiti in cortile è una grossolana sciocchezza ci viene dalla psichiatria: il denudamento è uno dei sintomi comportamentali della psicosi, patologia che aveva colpito sua moglie Elena e che le era stata diagnosticata post mortem, in primis, dallo psichiatra della procura, dottor Pirfo.
Infine, durante la telefonata delle 8.55.04, Michele Buoninconti non riferì a Marilena Ceste che Elena era nuda perché non ne era ancora al corrente, non avendo ancora trovato tutti i suoi vestiti.
Alle 8.55.04, quando il povero Buoninconti chiamò Marilena Ceste, aveva trovato solo le ciabatte ed il maglione di Elena, se Michele avesse ucciso la moglie già nuda o l’avesse denudata dopo l’omicidio ed avesse pensato di raccontare del ritrovamento dei vestiti, come contestatogli dall’accusa, lo avrebbe fatto subito. Michele non disse alla vicina, in quella sua prima richiesta d’aiuto, che Elena era nuda perché non lo sapeva ancora, lo scoprì qualche minuto dopo quella telefonata, non appena ritrovò il resto dei vestiti che la donna aveva lasciato vicino al cancello.
Per la cronaca, i vestiti ritrovati da Buoninconti erano quelli che la Ceste indossava quella mattina e se davvero profumavano di pulito, come affermato dai Carabinieri, è alquanto improbabile che la donna avesse avuto intenzione di cambiarsi.
Ipotizzando tale eventualità, se la Ceste avesse deciso di cambiarsi gli abiti, lo avrebbe fatto dopo aver sbrigato le faccende domestiche.
Faccende che non sbrigò invece perché si denudò e fuggì ai suoi fantomatici persecutori.
Infine, non stupisce il fatto che Elena abbia abbandonato oltre agli abiti anche gli occhiali, la donna era affetta da una lieve miopia (due diottrie) e non ebbe difficoltà a raggiungere il Rio Mersa senza correzioni.
Vi ricordo che il figlio minore della Ceste, Giovanni Buoninconti, all’indomani della scomparsa della madre, ha riferito ai suoi familiari che la mattina della scomparsa, mentre lo vestiva, Elena gli disse: “Se mamma scappa voi dovete crescere da soli” (pag 5, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste del 26 gennaio 2014). Mi sembra una evidente riprova del fatto che Elena premeditasse già una fuga.