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LUIGI: “LA TRANSUMANZA BISOGNA VIVERLA”

Il suo primo viaggio a 10 anni con il nonno: La Luna guidava i loro passi; oggi quel rituale è Patrimonio Unesco


«Durante la sosta osservo il vapore elevarsi al di sopra degli animali, è una sensazione indescrivibile, non esistono parole, bisogna viverla. Una immagine incorniciata dal paesaggio e dal suono dei campanacci». La tradizione millenaria della transumanza, lo spostamento delle greggi e delle mandrie dai pascoli primaverili-estivi a quelli autunnali-invernali, e viceversa, rivive ogni anno tra antichi riti e nuove generazioni. È negli occhi del trentenne Luigi Marolda di Muro Lucano, che scopriamo la scintilla di orgoglio e passione, in una fotografia che lo ritrae proprio nel momento della transumanza. Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, è una delle prassi più diffuse nella pastorizia tradizionale. Un viaggio accompagnato da cani e talvolta cavalli, è un rito che si ripete da secoli, per assicurare un pascolo fresco in ogni stagione.

La storia della transumanza affonda le radici nel III secolo AC e si protrae per molti secoli in tutta l’Europa meridionale e buona parte del bacino del Mediterraneo. Ma Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Carpazi, Balcani e Italia sono i paesi in cui veniva praticata con regolarità.

Nella sua etimologia il termine deriva dal verbo “transumare”, che indica attraversare, transitare sul suolo. Sugli stessi passi dei loro avi, e prima ancora di altri antenati, Luigi ripercorre quella strada, modificata negli anni dalle infrastrutture, ma seguendo il più fedelmente possibile l’antico “tratturo”, che seppur oggi affiancato e in parte sostituito dalle strade moderne, non muta nella sua essenza. Negli odori, nei colori del paesaggio, nelle azioni che si ripetono di generazione in generazione. Nel suono dei campanacci.

Come lui anche altri giovani portano avanti questa memoria rinnovandone il senso e la potenza figurativa: «Domenico e Donato Marolda, Massimiliano Melucci, Giambattista Capasso, Antonio Lombardi e molti altri. Ricordo bene la prima volta che feci transumanza, all’età di dieci anni, grazie al coinvolgimento di mio nonno, di cui porto lo stesso nome, Luigi, e alla fiducia accordata dai miei genitori a lasciarmi partire alle tre di notte, con la Luna che ci guidava. Quando ripenso a tutto ciò, ancora oggi, sento e vivo qualcosa di indescrivibile, al punto da tremarmi la voce e non solo» ci racconta.

«Questa sensazione si ripete sempre, e si è rinnovata pochi giorni fa, quando chiama mio zio per ripetere l’esperienza. Si sa, la Natura è ciclica e anche la transumanza lo è. La partenza alle ore quattro e mezza, quasi giorno, come sempre ho vissuto le stesse sensazioni della prima volta, bellissimo. Ai primi raggi di sole, facciamo una sosta, così come anche a noi, nel quotidiano, farebbe bene fermarci ogni tanto, approfittando anche di questo periodo post-covid, per ripartire con ancora più determinazione e forza». È nel racconto delle parole di Luigi che si rievoca la bellezza di tutto ciò, e si comprende perché la transumanza è stata dichiarata Patrimonio Unesco: «Durante la sosta osservo il vapore elevarsi al di sopra degli animali, è una sensazione indescrivibile, non esistono parole, bisogna viverla. Una immagine incorniciata dal paesaggio, sempre uguale e sempre in cambiamento con le stagioni. Riprendiamo il viaggio, ripercorrendo le orme passate che sono rimaste ancora lungo il tratturo, e che mi accompagnano anche oggi. Di lì sono passati i miei nonni, i miei avi».

Il tragitto è abbastanza lungo, e comprende contrada Pietra Stretta, Malta, San Pietro Piagaro, Tassito e molte altre; trascorrono circa sei ore per giungere e la fatica fa largo alle emozioni, «a destinazione siamo tutti contenti, io, lo zio e anche gli animali, perché la Natura trova sempre un motivo per sorridere. Non sono stanco, ma felice. In questi giorni sento e vivo un’atmosfera diversa che circonda un po’ tutti: molti ragazzi hanno condiviso questa mia giornata immortalata in alcune foto. Mi auguro sia arrivato il momento di riprenderci la nostra libertà, con la consapevolezza di non ripetere gli errori del passato». Un passato che si fonde e tiene il passo con l’attualità. Luigi infatti è dottore in Tecnologie Agrarie e laureando in Scienze e Tecnologie Agrarie, vivendo pertanto quotidianamente e direttamente la realtà accademica e le imprese agricole locali allo stesso tempo. «È importante comprendere le nostre realtà, farne tesoro e valorizzarle, per questo ringrazio anche il professor Carlo Cosentino dell’Unibas, che con il suo impegno accompagna molti giovani all’ingresso nelle realtà agricole, fatte di tradizioni e molto altro. Oggi molte informazioni si possono recepire nel suo nuovo progetto social “Il mio viaggio nell’agricoltura”».

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