L’ALTRO VOLTO DELLA MISOGINIA
di Anna R.G. Rivelli Solo pochi giorni fa, il 25 novembre, si è celebrata come ogni anno la giornata mondiale
di Anna R.G. Rivelli
Solo pochi giorni fa, il 25 novembre, si è celebrata come ogni anno la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza sacrosanta se si considera che solo in Italia (nella civilissima Italia!) nei primi dieci mesi di quest’anno sono state uccise ben 114 donne, un terzo delle quali per mano del partner. Fortunatamente il livello di attenzione sul problema si sta alzando, le vittime cominciano ad avvertire un maggiore sostegno da parte delle istituzioni e della società e, soprattutto, si è acquisita la consapevolezza che bisogna intervenire alla radice se si vuole debellare quello che è un problema di natura squisitamente culturale, perché il sangue delle donne non sporca soltanto le mani degli esecutori finali, ma irrimediabilmente macchia la coscienza di quanti la violenza l’hanno fomentata e continuano a fomentarla. La misoginia, infatti, non ha unicamente il volto losco e la mano lurida delle stupratore o dell’omicida; può avere anche la stupida ironia del ragazzotto che sui social sbeffeggia le donne che manifestano, il doppiopetto del politico che propone mozioni e leggi discriminatorie o il piglio sentenzioso del portavoce di un’associazione o di un movimento, uno a caso, come per esempio quello di “Liberi e forti” di Basilicata. Sul Roma del primo dicembre scorso, infatti, il signor Nigro si è prodotto in un commento sul tema che, più che da un quotidiano del XXI secolo, pare tratto dalla satira di Giovenale contro le donne. “ Da dove vengano tali mostruosità, che origine abbiano, questo vuoi sapere? – scriveva nel II secolo d.C. il poeta latino, scandalizzato dall’emancipazione femminile – Una condizione modesta garantiva un tempo la castità delle donne latine; le distoglievano dal contagio dei vizi la casa minuscola, la fatica, il sonno limitato, le mani rovinate e irruvidite dalla lana etrusca, l’assillo di Annibale alle porte di Roma” . “Perché questo fenomeno cresce a vista d’occhio? – scriveva invece l’altro giorno Nigro, parlando del femminicidio – È una delle piaghe d’Egitto in risposta alla piaga del divorzio” La differenza tra i due, al di là di quella temporale di più di qualche secolo, sta nel fatto che il primo si prendeva sul serio assai meno del secondo. Nigro, infatti, continua con toni patetici a citare l’ordine divino violato, i figli sbandati e disorientati, Freud, gli adulteri, la gelosia come sentimento naturale, il fuoco dal cielo, il diluvio universale, Sodoma, Gomorra, la malattia mortale, l’atomismo sociale e tutta una serie di assurde amenità infilate una dietro l’altra più o meno alla rinfusa per arrivare a sentenziare che questo tumore (cioè il divorzio) distruggerà l’intera società occidentale; alla fine suggerisce convinto il modo di debellare il femminicidio “Volete guarire questo male…? -scrive- Ebbene! Togliete il divorzio e l’aborto”. Insomma, talmente è assurdo e paradossale ciò che Nigro scrive e talmente violento è il sentimento misogino che anima le sue parole, che forse se quel povero Freud, tirato in ballo a vanvera in cotanto sermone, potesse avere la possibilità di dire la sua, ne saprebbe ben spiegare l’origine. Tuttavia Nigro è un portavoce e un portavoce non esprime il proprio pensiero, ma quello del gruppo che rappresenta. E il gruppo che Nigro, in qualità di portavoce, rappresenta si chiama “Liberi e Forti”, associazione di formazione culturale e politica, come recitano le informazioni della pagina facebook dedicata. Ma, meraviglia delle meraviglie, dalle stesse note informative si può apprendere che, da ben otto anni, amministratore della pagina è Vincenzo Giuliano, il garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Basilicata. Così, di fronte ad una notizia che lascia quanto meno perplessi, continuando la ricerca, si giunge ad appurare che Giuliano, nell’anno in cui fu nominato garante, di questa “Associazione Liberi e Forti” era addirittura il presidente ( e non si capisce se ancora lo sia) e in tale ruolo già partecipava a presentazioni di nuove formazioni politiche insieme ad altri campioni della promozione dei diritti e delle pari opportunità, come, tanto per citare l’esimio, il consigliere Aurelio Pace.
A questo punto è obbligatorio chiedere al dottor Giuliano se quella raffica di oscenità che il portavoce Nigro ha impudentemente scritto e pubblicato rappresenta la summa della filosofia dell’Associazione e, di conseguenza, anche di lui che ne è stato il presidente e ne è da otto anni l’amministratore della comunicazione social. E se chiedere è obbligatorio, doveroso da parte sua sarebbe rispondere, perché delle due l’una: o il Garante si dissocia apertamente e totalmente dalle parole, e soprattutto dal pensiero, di chi definisce adultere le donne divorziate e compatisce invece i “poveri padri divorziati”, oppure deve spiegare quale garanzia può mai rappresentare nei confronti di quella infanzia e quella adolescenza che spesso vive proprio nella famiglia l’angoscia delle più subdole violenze. Nigro scrive: “Il femminicidio è la conseguenza del disagio psicosociale prodotto dallo sconvolgimento e dallo sfaldamento del nido familiare”; e ancora: “La gelosia è un sentimento naturale, anche se portato in extremis può degenerare in violenza”; e come se non bastasse aggiunge: “Provate a parlar male di un gay, e vi scateneranno contro l’inferno…”. Cosa di tutto ciò pensa il dottor Giuliano? Sono queste le sue parole, i suoi sentimenti, la visione del mondo che guida la sua azione di garante?
È questa la considerazione che avrà delle madri che fuggono dalla violenza di un uomo? Non saprà far di meglio che definirle adultere? E compatirà i padri violenti? E come garantirà la libertà di una adolescente che volesse emanciparsi da un padre padrone? Lo scenario si prospetta veramente molto inquietante. In attesa di avere risposta e nella speranza di sentire il dottor Giuliano dissociarsi categoricamente dalle parole del portavoce (che nel qual caso meglio farebbe a spiegare chi rappresenta se non solamente se stesso), va chiesto anche alle istituzioni, ovviamente nelle persone di coloro che fanno le nomine in ruoli così importanti e delicati, se prima di riempire le caselle dei loro organigrammi, si pongono qualche domanda, si leggono qualche curriculum, si accorgono di qualche evidente incompatibilità.