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MORTE DI MARIA UNGUREANU, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ANCORA FANGO SULLA VERITÀ

È falso. Il 19 giugno 2016 la piccola Maria suonò a casa di Daniel intorno alle 19.00, cercarono di raggiungere in auto un paese vicino per prendere Cristina e, poichè le strade erano chiuse, furono costretti a tornare indietro. Alle 20.00 Daniel lasciò Maria a pochi passi da casa sua, di fronte alla chiesa del paese di San Salvatore Telesino


MORTE DI MARIA UNGUREANU, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ANCORA FANGO SULLA VERITÀ 

Maria Ungureanu

Nel gennaio 2019, l’ex giudice del Tribunale del Riesame di Napoli, Nicola Quatrano, che si è occupato del caso, in merito alla causa di morte di Maria, ha dichiarato: “Non è successo quello che la Procura di Benevento riteneva fosse successo” e riguardo alle violenze sessuali che la bambina subiva: “Era un aspetto della questione che non è stato approfondito in quest’ansia di trovare degli elementi di prova contro le persone che si era deciso fossero colpevoli”

Gian Pietro Fiore

Il 3 maggio 2020, il giornalista di “Giallo”, Gian Pietro Fiore ha pubblicato il seguente post:

“Maria è una bambina di nove anni e apparentemente ha una vita normale. Va scuola, ha un buon profitto, gioca con i suoi coetanei e frequenta la chiesa del paese. Ma dietro a quella normalità si nasconde un atroce segreto: Maria vede di nascosto Daniel, amico dei suoi genitori, che di anni ne ha 21. Troppi per stare insieme a una bambina. Maria quattro anni fa è morta e la giustizia tarda ad arrivare. Per comprendere cosa le è successo non sono bastate due autopsie, centinaia di intercettazioni e analisi tecniche svolte dai Ros, il reparto speciale dei carabinieri. Maria Ungureanu, di origini romene, viene ritrovata cadavere nella piscina nel giardino del complesso turistico “Borgo San Manno” di San Salvatore Telesino, in provincia di Benevento. È il 20 giugno del 2016. Sono le 00.08. La bambina è nuda, in uno specchio d’acqua che al massimo le supera il bacino. I suoi vestiti vengono ritrovati piegati in un bordo della piscina. Maria, però, non sa nuotare. Non solo. Ha una tremenda paura dell’acqua e quella sera fa molto freddo. Quindi in quella piscina non si sarebbe mai immersa per sua volontà. Qualcuno l’ha costretta, non prima di averle fatto molto male. La bambina è morta soffocata e il sospetto è che un presunto assassino l’abbia tenuta con la testa sotto l’acqua. Daniel, l’amico di famiglia, è stato da subito indagato per omicidio e violenza sessuale. È con lui che Maria trascorre gran parte dell’ultima giornata della sua vita. Le relazioni medico legali evidenziano che la bambina ha subito delle gravi e ripetute violenze sessuali. Abusi che patisce da tempo. Daniel nega qualsiasi responsabilità. Eppure i Ros accertano che quando la bambina è in quella piscina, l’auto dell’indagato è proprio lì sulla scena del delitto. La procura più di una volta è sul punto di arrendersi e per due volte ha chiesto l’archiviazione del caso. Un giudice ha disposto nuove indagini, quelle che avrebbero dovuto finalmente far luce sulla morte di Maria. Qualche mese fa, una nuova perizia autoptica, stravolgendo i risultati delle precedenti, ha stabilito che la bambina non ha subito alcuna violenza, ma che qualche orco si è ‘divertito’ attraverso l’utilizzo di oggetti. Non si comprende come si è potuto giungere a una simile conclusione, dal momento che i legali e i consulenti dei genitori della vittima hanno denunciato la sparizione degli organi sessuali della bambina. Intanto sui pantaloncini che Maria indossava il giorno prima di morire sono state isolate tracce biologiche di Daniel. Nell’ultima perizia è stabilito l’orario della morte della bambina, che potrebbe coincidere con l’orario in cui si ha la prova che la vittima è con il suo presunto carnefice. Un rompicapo. In questi giorni la procura di Benevento chiuderà le indagini. Due le possibilità: la richiesta di archiviazione o il rinvio a processo per Daniel. Nel frattempo sono trascorsi quattro anni”

Ne abbiamo parlato con la criminologa Ursula Franco, consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan.

Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (una tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.

È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti; è consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan; ha fornito una consulenza ai difensori di Stefano Binda dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Lidia Macchi.
Binda, il 24 luglio 2019, è stato assolto per non aver commesso il fatto.
Dall’ottobre scorso, la Franco è consulente di Paolo Foresta, che è difeso dall’avvocato Giovanni Pellacchia.

– Dottoressa Franco, è vero che “La bambina è nuda, in uno specchio d’acqua che al massimo le supera il bacino. Quindi in quella piscina non si sarebbe mai immersa per sua volontà. Qualcuno l’ha costretta, non prima di averle fatto molto male. La bambina è morta soffocata”?

È falso. Maria era in compagnia di un’amica e si immerse volontariamente in piscina e annegò. Gli indumenti di Maria erano integri e vennero ritrovati riposti su una sedia a bordo piscina, le scarpe appaiate accanto agli abiti, gli slip sul prato vicino alla sedia.
Tutti questi dati ci permettono di ipotizzare un denudamento volontario.
La bambina si spogliò per fare un bagno e lo fece per rivestirsi con gli abiti asciutti; Maria non solo si spogliò volontariamente ma lo fece in presenza di un’amica di cui non si vergognava e di cui si fidava e proprio per questo motivo entrò in acqua, lo fece anche perché fu rassicurata sull’altezza dell’acqua della piscina che le permetteva di toccare tranne, purtroppo, in un punto;
Maria, infatti era alta 145 cm e la piscina in unico punto misurava una profondità di 135 cm e proprio in quel punto l’acqua sommerse gli orifizi della giovane Ungureanu causandole il panico e facendola annegare.
L’esame autoptico ha escluso l’ipotesi omicidiaria e le analisi non hanno rilevato la presenza di DNA di Daniel Ciocan né nel materiale subungueale di Maria, né sui suoi abiti, né sulla scena dell’incidente e non sono stati rilevati né sul cadavere di Maria che sul corpo del Ciocan i segni di una colluttazione. Il professor Francesco Introna, chiamato a pronunciarsi dalla procura di Benevento, ha così concluso: “la causa del decesso (di Maria) debba attestarsi in morte asfittica rapida per annegamento e, segnatamente avendo escluso la ricorrenza a favore di una ricostruzione diversa e compatibile con l’azione causale contestata agli indagati, tanto in considerazione dell’assenza di lesioni contusive a livello del capo e degli arti e pertanto dell’assenza di segni di combattimento con l’acqua o in acqua” in poche parole, anche secondo Introna Maria non è stata uccisa e proprio sulla base della sua consulenza, la Procura chiese l’archiviazione per i fratelli Ciocan. Il GIP Flavio Cusani archiviò poi la posizione di Cristina Ciocan e impose alla Procura di Benevento l’iscrizione nel registro degli indagati dei genitori di Maria e il prosieguo dell’attività investigativa per altri sei mesi.

– Dottoressa, è vero che “È con lui (Daniel) che Maria trascorre gran parte dell’ultima giornata della sua vita”?

È falso. Il 19 giugno 2016 la piccola Maria suonò a casa di Daniel intorno alle 19.00, cercarono di raggiungere in auto un paese vicino per prendere Cristina e, poichè le strade erano chiuse, furono costretti a tornare indietro. Alle 20.00 Daniel lasciò Maria a pochi passi da casa sua, di fronte alla chiesa del paese di San Salvatore Telesino.

– Dottoressa è vero che “Eppure i Ros accertano che quando la bambina è in quella piscina, l’auto dell’indagato è proprio lì sulla scena del delitto”?

È falso. Daniel e Cristina Ciocan si allontanarono da San Salvatore Telesino alle 21.02.30, prima che la bambina affogasse. Secondo i medici legali della procura infatti l’orario della morte è da inserirsi nella forcella temporale che inizia dopo le 21.15 e termina alle 23.15, in un lasso di tempo, tra l’altro, in cui gli accessi principali al resort erano chiusi e la piscina era raggiungibile soltanto attraverso il varco nella rete di recinzione.
Non solo Daniel non si trovava a San Salvatore Telesino quando Maria affogò ma le analisi fatte sul suo cellulare provano che dal momento del suo arrivo in paese al momento in cui si allontanò rimase quasi tutto il tempo al telefono.

– Dottoressa, è vero che “sui pantaloncini che Maria indossava il giorno prima di morire sono state isolate tracce biologiche di Daniel”?

È  tendenzioso. Il fatto che i RIS di Roma abbiano isolato DNA da contatto appartenente al Ciocan su un pantaloncino di Maria è un reperto compatibile con la frequentazione da parte di Daniel di casa Ungureanu. Peraltro, quel DNA potrebbe essersi depositato sui pantaloncini di Maria non per contatto diretto ma attraverso un vettore, come può esserlo una sedia, un tavolo o un qualsiasi altro oggetto venuto in contatto con il Ciocan, e questo anche dopo la sua morte.

– Dottoressa è vero che “Due le possibilità: la richiesta di archiviazione o il rinvio a processo per Daniel”?

Mi sembra di capire che il giornalista finga di non sapere che i genitori di Maria Ungureanu sono entrambi indagati e che, già nel luglio 2016, i RIS di Roma avevano isolato schizzi di sperma di Marius Ungureanu su una maglietta in uso esclusivo a Maria e sulla coperta del suo lettino e che, proprio in merito alla posizione di Elena ed Andrea Ungureanu, i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli si sono così espressi: “sospetti molto inquietanti gravano proprio sui genitori della bambina, almeno per ciò che concerne gli abusi sessuali”, mentre, nel dicembre 2017, i giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno così concluso: “[…] omissione da parte del PM della valutazione probatoria in relazione all’accertata presenza di liquido seminale del padre della vittima sulla maglietta/reperto 27 […] il pregiudizio aveva ispirato l’indagine e che un “colpevole” era stato suggerito fin dall’inizio dalla madre della bambina che aveva espresso labili sospetti sul Ciocan; che anzi sospetti molto inquietanti gravano proprio sui genitori della bambina, almeno per quanto concerne gli abusi sessuali […] come fossero state trascurate importanti ipotesi investigative e come ci si fosse fidati senza alcun controllo delle dichiarazioni rese da Marius Ungureanu, pur a fronte di elementi preoccupanti quali le tracce di sperma appartenenti al predetto rinvenute su una maglietta e su una copertina sequestrate e il tenore di alcune conversazioni registrate […] ”

Padre e Madre di Maria Ungureanu

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