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PITESAI, ANNULLAMENTO CONFERMATO

Aree idonee e no alle estrazioni, accolti dal Tar i ricorsi lucani sul nuovo Piano ministeriale

A distanza ravvicinata dai verdetti già emessi nell’anno in corso, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio ha continuato a falcidiare gli elaborati relativi alla verifica cartografica con le aree idonee e non idonee definite dal Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai). Accolti i ricorsi di Totalenergies Ep Italia SpA e di Shell Italia E&P SpA, rispettivamente riguardanti la concessione di Gorgoglione, a cavallo tra le due province di Potenza e Matera, nell’ambito del giacimento di Tempa Rossa, e la concessione “Val d’Agri”. Esito prevedibile poichè, come ricordato dai giudici amministrativi, l’annullamento del Pitesai fu disposto già nel febbraio scorso, a seguito del ricorso della Società Padana Energia Srl. Total, per esempio, ha impugnato il decreto del Ministro della transizione ecologica del 28 dicembre 2021, l’approvazione del Piano del Pitesai, nella parte in cui si riferisce all’areale della citata e relativa concessione, per, tra le altre cose, presunti vizi attinenti all’individuazione delle aree inidonee come applicata per i pozzi Gorgoglione 1 e Tempa Rossa 2, o per la ritenuta illegittimità dell’applicazione all’area della concessione Gorgoglione del vincolo «area a pericolosità da frana». In estrema sintesi, per Total il Pitesai è stato emesso in esito a una istruttoria «gravemente carente». Pure per la concessione Val d’Agri, contestati gli «effetti irragionevoli derivanti dall’applicazione del Pitesai» anche per la «consequenziale interdizione di nuove attività minerarie nelle aree non idonee ai sensi del Piano». Ai giudici, è bastato rimarcare che già a febbraio erano state ritenute fondate le eccepite violazioni quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quella inerente alle garanzie partecipative nella fase di Valutazione ambientale strategica (Vas), ed altre relative alle «carenze istruttorie e motivazionali che hanno caratterizzato la procedura di redazione e approvazione del Pitesai, in ragione sia del fatto che la proposta di Piano è stata più volte modificata, nel corso del procedimento, con progressiva addizione di vincoli rispetto all’unica versione sulla quale, in fase di Vas, è stata consentita una forma di partecipazione procedimentale». Nel gancio da ambedue i lati, l’incompletezza della proposta di Piano oggetto di pubblicazione integrava ed il vulnus alle garanzie partecipative, Pitesai a tappeto. Censurata la modalità con la quale l’allora Ministero, l’applicazione delle nuove norme fu voluta dai Cinquestelle ai tempi del primo governo Conte, è pervenuto alla individuazione delle aree idonee all’esercizio delle attività minerarie. Evidenziate, più nello specifico, le incongruenze nell’aver individuato le aree idonee senza basarsi su una «preventiva valutazione sito-specifica delle singole situazioni», ma procedendo «a una individuazione di tipo residuale, applicando, sul territorio interessato dal Piano, una serie di fattori escludenti prestabiliti in via generale, astratta e trasversale, talvolta neppure compiutamente graficizzati nel piano medesimo, evidenziando, altresì, come la natura astratta dei vincoli ha illegittimamente interessato concessioni già in essere, dando vita a divieti di estrema estensione e rigidità». Ciò anche con riferimento alla verosimilmente eccessiva valorizzazione dei fattori aggiuntivi, ai quali non era attribuita «efficacia assolutamente ostativa al rilascio di titoli concessori». Censurato il riscontrato, in via generica, approccio istruttorio che ha condotto a risultanti determinazioni con «conseguenze eccessivamente rigide e non proporzionali sia con riferimento alle concessioni in essere», già oggetto, inoltre, di «precedenti penetranti verifiche» oltre che di controlli in fase di coltivazione, che con riferimento alle possibili estrazioni future. Lamentata anche la subordinazione della prorogabilità dei titoli concessori produttivi ed o improduttivi ricadenti in “area non idonea” al previo superamento di «una “complessa ed aleatoria” analisi dei costi-benefici». Previsione, questa, non contenuta nella normativa tuttora vigente in materia di proroghe e comunque «priva della pretesa va- lenza meramente ricognitiva, atteso che la stessa si basa su determinati fattori che, come lamentato, non sono stati fissati dalla legge, nemmeno in via generale e di massima, né individuati da un provvedimento amministrativo o sulla base di un’istruttoria compiuta dall’Amministrazione procedente». Per questi ed altri motivi, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, ha accolto i ricorsi sulle concessioni lucane ed annullato i provvedimenti impugnati.

Ferdinando Moliterni

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