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UNA NUOVA REGIONE, UN VECCHIO PROGETTO

Ridisegnare i confini di una nuova geografia della Basilicata: tra appartenenza, storia e futuro

In Basilicata il forte desiderio di cambiamento si manifesta in ogni aspetto e in tutte le occasioni. Non credo sia un caso che su due versanti geografici opposti della regione si manifesti la volontà di mutarne il territorio lucano anche geograficamente. Si conoscono bene i mutevoli confini lucani negli ultimi due millenni sin da quando il padre di Orazio, lavorando il suo appezzamento di terra, non sapeva se stava calpestando il suolo lucano o quello pugliese. E queste variazioni si sono succedute nel corso dei secoli e chi le decideva, molto spesso, non teneva conto delle popolazioni che insediavano quei territori oggetto di riforme. Queste discrepanze riemergono naturalmente tutte le volte che vi è l’occasione. E queste convulse, inusuali, contraddittorie, illogiche elezioni regionali del 2024 hanno fatto esplodere a Est e a Ovest il desiderio di rimettere al giusto posto le tessere del puzzle: Matera vuole essere riannessa alla Terra d’Otranto dove è stata sempre e fino al 1663. Se volessimo essere precisi precisi dovremmo specificare che in quel territorio di confine fra due regioni diverse non abitavano i Lucani, gli abitanti di Matera non discendono dagli antichi Lucani così come gli abitanti di Ajeta, Tortora e Praia a Mare non discendono dagli antichi abitanti della Calabria ma dai Lucani. Inoltre, se volessimo essere “geograficamente corretti” e senza considerare l’attuale geografia che ha un tempo anch’esso molto lungo, e osservando i dati dello spopolamento, dovremmo considerare con assoluta attenzione anche questa soluzione per cercare di salvare il salvabile. In fondo, i confini geografici sono decisi a tavolino e possono variare facilmente: succede con le grandi riforme territoriali come quella di Diocleziano o dei Normanni, oppure dopo le guerre di conquista e la ridefinizione dei confini. Se davvero Matera vuole tornare in Puglia e alcuni territori calabresi in Basilicata – sarebbe auspicabile anche il ritorno dei Cilentani in Lucania – credo sia giusto e opportuno provare a considerare questo stravolgimento. Si potrebbe, così, rimediare a errori e imposizioni del passato quando le terre sono state divise secondo criteri privi del rispetto dell’appartenenza e della tradizione. Distacchi e/o fusioni a freddo non hanno prodotto mai buoni risultati anzi hanno procurato successive scissioni dolorose. Se fossi candidata alla presidenza della regione Basilicata (ma sono donna e le donne negli attuali confini lucani non hanno considerazione se non sono figlie di o spose di…) il mio programma prevederebbe, in primis, una nuova perimetrazione geografica che potrebbe consentire il ritorno alla Grande Lucania. Mi riferisco a quel bellissimo progetto di cui si è fatto portavoce Tanino Fierro da quasi trent’anni e cioè costituire una regione all’interno della quale vi sono tre importantissimi parchi: il Parco del Pollino, il più grande d’Europa e istituito nel 1993, il Parco Nazionale Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese istituito nel 1991 e il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano istituito nel 1991 e, nello stesso anno, riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità (con i templi di Paestum e la Certosa di Padula) e, dal 1997, Riserva di biosfera. Lascio a ognuno di voi che legge queste mie parole, le considerazioni legate non solo alla Grande Lucania ma alla “Grande Bellezza” che avrebbe questa regione con moltissimi corsi d’acqua, i monti appenninici che si tuffano nel Mar Tirreno e le produttive pianure bagnate dalle tante foci dei fiumi che finiscono nel Mar Jonio, quegli stessi fiumi dai quali sono risaliti i coloni greci e costituendo, nel corso del tempo, la Magna Grecia con la scuola pitagorica di Heraclea, antica città sullo Jonio, e la scuola eleatica di Velia, antica città sul Tirreno. Non ci vuole alcuna guerra di conquista per costituire una tale nuova regione ma solo pacifici referendum in considerazione dell’art. 12 della Costituzione italiana che al II°comma, prevede che “Si può, con referendum e con la legge della Repubblica, sentiti i Consigli Regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”. Dopo il Covid il genere umano ha sprigionato forme di forte violenza assopite: si vuole fare la guerra, è tornato quel primordiale desiderio di cacciare e conquistare, la tenerezza e la pacifica convivenza sono aspetti che sembrano perduti e scomparsi dai cuori ma che erano stati conquistati con una complessa, lunga e difficile evoluzione culturale del genere umano. Manca la raffinatezza e l’eleganza nei cuori e nei gesti personali, interpersonali e sociali. Manca eleganza, raffinatezza e grazia anche nei movimenti: gesticolare volgarmente, fare facce buffe e inconsuete mi sembra appartenga, ormai, anche a luoghi istituzionali. E con una consapevolezza gentile dobbiamo accogliere coloro che si sentono Lucani e salutare amorevolmente coloro che si sentono di appartenere ad altri luoghi. L’appartenenza è la consapevolezza di essere parte di un luogo di cui si conoscono i confini solo con la percezione anche senza vederli. E i Lucani si percepiscono e si sentono parte di una storia geografica comune.

Di Antonella Pellettieri

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