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STRAGE RIGOPIANO: OGGI SENTENZA PROCESSO D’APPELLO “TUTTA L’ITALIA SI ASPETTA GIUSTIZIA”

C’è poi il tema della “carta localizzazione pericolo valanghe” (Clpv), mai attivata dalla regione Abruzzo: è stata tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi

è giusto informare

ma i geologi non hanno mai colpe?

per fortuna non mi occupo di politica

ma una cosa è certa, adesso è necessario precisare che i familiari delle vittime innocenti e tutta Italia 🇮🇹 aspetta VERITÀ & GIUSTIZIA

RIGOPIANO: OGGI SENTENZA PROCESSO D’APPELLO “TUTTA L’ITALIA SI ASPETTA GIUSTIZIA”

Rigopiano, la Corte d’Appello dell’Aquila è riunita per la sentenza


L’anno scorso al processo per la tragedia del 18 gennaio 2017 in cui persero la vita 29 persone

furono assolti 25 dei 30 imputati

«Ci auguriamo un cambiamento»

ha detto Clotilde Fabrizi, madre di Marina Serraiocvo, 36 anni, una delle 29 vittime dell’albergo Rigopiano di Farindola (Pescara), distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017

ha aggiunto la donna, che indossa una pettorina con l’immagine della figlia :

«L’aria è diversa e abbiamo fiducia nella giustizia»

Lei, come tanto altri parenti delle vittime della tragedia di sei anni fa, è già in attesa, nel corridoio d’ingresso all’aula dove, verso le ore 15:30 sarà pronunciata la sentenza d’appello.

Sono 28 gli imputati, tra cui dirigenti, amministratori e funzionari di Regione, provincia di Pescara e comune di Farindola, 25 dei quali assolti dal tribunale il 23 febbraio 2023 tutti accusati, a vario titolo, di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.

Le udienza si sono svolte a porte chiuse in camera di consiglio

Stamane in aula, hanno riferito alcuni familiari delle vittime, il presidente del collegio giudicante, Aldo Manfredi, avrebbe dichiarato:

«Abbiamo scritto una bella pagina di giustizia»


Si sono ritirati intorno alle ore 9:30 in camera di consiglio, i giudici del collegio della Corte d’Appello dell’Aquila (presieduto da Aldo Manfredi) che dovranno decidere sulla tragedia dell’hotel di Rigopiano, in cui sono morte 29 persone

Il 23 febbraio di un anno fa, alla lettura del dispositivo di primo grado in Tribunale a Pescara, ci furono momenti molto concitati da parte dei parenti delle vittime per l’assoluzione di 25 dei 30 imputati, con condanne lievi solo per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, 2 anni e 8 mesi, due dirigenti della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, 3 anni e 4 mesi, e 6 mesi per l’ex gestore dell’Hotel Bruno Di Tommaso e per il geometra Giuseppe Gatto

Sepolti nell’hotel, 29 morti:
ecco la valanga che ha cancellato Rigopiano

La nevicata epocale e la slavina che hanno trasformato il resort di Farindola, sul versante pescarese del Gran Sasso, in una trappola di ghiaccio

Un giorno maledetto per l’Abruzzo.
ORE 1️⃣6️⃣:4️⃣1️⃣:5️⃣9️⃣
del 1️⃣8️⃣ GENNAIO 2️⃣0️⃣1️⃣7️⃣

La ricostruzione degli eventi, le inchieste e l’iter giudiziario

Alle 16:41:59 del 18 gennaio 2017, dopo alcune scosse di terremoto, dal monte Siella si stacca una valanga di quasi ventimila tonnellate che scende a valle e meno di due minuti dopo, alle 16:43:20, colpisce l’hotel Rigopiano a Farindola, sul versante pescarese del Gran Sasso, in Abruzzo.

L’impatto è devastante: avviene con una velocità di 28 metri al secondo, cioè 100 chilometri all’ora

Come se quattromila tir a pieno carico si fossero abbattuti sull’edificio di tre piani, si legge in una relazione dei carabinieri forestali. I piani superiori vengono disintegrati.

L’urto è così violento che l’albergo sull’Appennino abruzzese ruota di circa 13 gradi e viene spostato di qualche decina di metri.

Nella struttura a 1.200 metri di quota ci sono 40 persone: 28 clienti, tra cui quattro bambini, e 12 membri dello staff.

Sono passati 7 anni dalla tragedia, dalla slavina di neve, detriti e tronchi d’albero che quel giorno maledetto ha lasciato senza vita sotto le macerie ghiacciate 29 persone. I sopravvissuti sono 11.

L’allarme, le telefonate e i soccorsi

In quei giorni l’Abruzzo è nella morsa del maltempo, con nevicate senza precedenti che hanno causato disagi e blackout in diverse zone.

L’unica strada che collega l’albergo al paese di Farindola è impraticabile. Già alle 7 del mattino la prefettura di Pescara sa che Rigopiano è isolata: l’informazione è arrivata da chi era fuori a pulire la strada alle 3 di notte e aveva comunicato che per raggiungere l’hotel si sarebbe dovuto impiegare una turbina.

Quel giorno, tra le ore 9:25 e le ore 13:33, si verificano quattro scosse di terremoto di magnitudo superiore a 5 a una distanza di circa 45 chilometri dall’hotel.

Gli ospiti dell’albergo sono molto spaventati: vogliono andare via e si sono radunati nella hall, con i bagagli, sperando che la strada fosse liberata al più presto.

Poi arriva la valanga

Alle ore 17:08 del 18 gennaio, Giampiero Parete, un cuoco in vacanza assieme alla moglie e ai due figli che si è salvato perché si trovava nel parcheggio, lancia per primo l’allarme al 118: dice che l’albergo è crollato a causa di una valanga.

Due minuti dopo la prefettura chiama l’albergo, ma nessuno risponde

Poi viene contattato l’amministratore dell’hotel Rigopiano, Bruno Di Tommaso, che dice di essere a Pescara e di non sapere nulla.

Alle ore 14 di quel giorno Di Tommaso, avvertito dal gestore della struttura, invia una mail al sindaco di Farindola, alla polizia provinciale, al prefetto di Pescara e al presidente della provincia.

“Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante”, scrive, parlando di “clienti terrorizzati” e chiedendo un intervento immediato

Alle ore 18:03 Parete riesce a chiamare il suo datore di lavoro Quintino Marcella, titolare di un ristorante a Silvi (in provincia di Teramo), che contatta più volte il 112 e il 113.

Alle ore 18:08 e alle ore 18:20 Marcella parla in due occasioni con la prefettura di Pescara, ma in entrambi i casi la funzionaria considera la richiesta d’aiuto come un falso allarme.

Solo alle ore 18:57 un volontario della Protezione civile crede alle parole di Marcella.

Le squadre del soccorso alpino partono con le ciaspole e gli sci, ma raggiungono l’hotel solo all’alba del 19 gennaio.
Poi arriva la colonna dei soccorritori, dietro le turbine che hanno lavorato tutta la notte per pulire e liberare la strada.
Due persone che si trovavano fuori dall’albergo vengono subito tratte in salvo: sono Parete e il tuttofare dell’hotel Fabio Salzetta.

Il 20 gennaio i vigili del fuoco estraggono vivi 5 superstiti: la moglie e i due figli di Parete – Adriana Vranceanu, Gianfilippo e Ludovica – e altri due bambini, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo.

Successivamente vengono trovati altri quattro superstiti: Vincenzo Forti, Francesca Bronzi, Giorgia Galassi e Giampaolo Matrone, quest’ultimo rimasto intrappolato sotto la neve per 62 ore.

Le operazioni di recupero terminano il 25 gennaio, esattamente una settimana dopo la slavina. Il bilancio ufficiale è di 29 morti e 11 sopravvissuti.

Il processo di primo grado e le accuse

Rigopiano è anche la storia di un’odissea giudiziaria, di un processo lunghissimo per stabilire le eventuali responsabilità sui presunti ritardi nei soccorsi e sull’ipotetica sottovalutazione del pericolo.

In primo grado, dei 30 imputati sono 29 quelli che hanno scelto il rito abbreviato nel processo: rappresentanti della regione Abruzzo, della provincia di Pescara, della prefettura di Pescara e del comune di Farindola, alcuni rappresentanti dell’albergo distrutto e 7 prefettizi accusati di depistaggio in un fascicolo poi riunito al procedimento madre.

L’accusa si è focalizzata sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell’emergenza e della viabilità sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici: l’hotel era stato realizzato in una zona notoriamente esposta a valanghe e di conseguenza avrebbe dovuto essere chiuso e la strada sgomberata.

È stata scandagliata anche l’attività della regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della carta valanghe.

In un video dei vigili del fuoco, il ricordo nel settimo anniversario della tragedia di Rigopiano
L’inchiesta sul disastro si è conclusa nel novembre 2018, e ha riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali deputati a gestire l’emergenza maltempo, chiamando in causa regione Abruzzo, prefettura e provincia di Pescara e comune di Farindola.

Poi si è estesa anche alla mancata realizzazione della “carta prevenzione valanghe” da parte della regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati.

A fine dicembre 2018 c’è anche un’inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della prefettura di Pescara, compreso l’ex prefetto Francesco Provolo – per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla mobile di Pescara – con altri sette indagati.

A dicembre del 2019 i vertici regionali escono dal processo, con 22 archiviazioni per ex presidenti della regione ed ex assessori regionali alla Protezione civile.

“A Rigopiano valanga imprevedibile”

Il 23 febbraio 2023 arriva la sentenza di primo grado:
sono 25 gli assolti e cinque i condannati.
I giudici non hanno riconosciuto il disastro colposo.

Fra le assoluzioni, anche quelle dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e dell’ex presidente della provincia, Antonio Di Marco. Condannato, invece, a 2 anni e 8 mesi, il sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta.

In aula scoppia la rabbia dei familiari delle vittime:

“Vergogna, vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo”

“Non vi sono elementi per giungere ad un’affermazione di responsabilità degli imputati: si deve escludere qualsivoglia collegamento causale tra la presunta condotta omissiva tenuta dagli imputati e il crollo dell’hotel Rigopiano”

È un estratto delle motivazioni della sentenza per la strage dello scorso 23 febbraio emessa dal gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, che assolve i dirigenti della regione Abruzzo dalle responsabilità penali sulla tragedia. Alla base dell’assoluzione per i magistrati ci sarebbe, di fatto, “l’imprevedibilità della valanga” che ha poi portato alla strage.

Sullo sfondo della decisione, rimane la lentezza della giustizia italiana:
al di là della sospensione per covid e dei 15 rinvii registrati, sembrano troppi i 1.318 giorni intercorsi tra la prima udienza, 16 luglio 2019, e il giorno della sentenza di primo grado, a fronte della media italiana di 1.600 giorni per i tre gradi di giudizio nel processo penale, considerando anche che si tratta di un rito abbreviato.

Il giorno del giudizio

Dopo oltre due mesi di udienze e a poco meno di un anno dalla sentenza di primo grado al tribunale di Pescara, per la tragedia dell’hotel Rigopiano oggi si conclude il processo di secondo grado alla corte d’appello a L’Aquila

I giudici dovranno esprimersi sui ricorsi presentati, primo fra tutti quello della procura di Pescara contro l’assoluzione per 25 dei 30 imputati.

C’è poi il tema della “carta localizzazione pericolo valanghe” (Clpv), mai attivata dalla regione Abruzzo: è stata tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi.

Nel mezzo c’è una lunga serie di perizie che non hanno portato a un quadro di totale chiarezza.

E c’è la rabbia dei parenti delle vittime, che si definiscono “esausti”, ma non smettono di chiedere giustizia.

Si conclude oggi il processo di secondo grado alla Corte d’Appello all’Aquila per la tragedia dell’Hotel Rigopiano, dopo oltre due mesi di udienze e a poco meno di un anno dalla sentenza di primo grado.

Il disastro risale al 18 gennaio 2017 quando, alle 16.49, una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone.

È stato già annunciato che la lettura del dispositivo di sentenza – prevista a porte chiuse – non avverrà prima delle 16.
“Mi aspetto dai giudici del Tribunale dell’Aquila quello che non ha fatto il giudice di Pescara, ossia una sentenza che porti giustizia e che riconosca le responsabilità degli imputati. Il verdetto di Pescara è stato, per noi tutti, ridicolo”
dice Alessio Feniello, padre di Stefano, 28enne morto sotto le macerie dell’Hotel

“Non riesco ancora a capire – prosegue – come in primo grado, in quei fascicoli, gli stessi per tutti, i tre pm abbiamo visto delle responsabilità ben precise e il giudice che ha emesso la sentenza, assolvendo quasi tutti gli imputati, invece no. C’è qualcosa che non torna e c’è ancora rabbia. Questa vicenda ci ha distrutti come famiglia. Aspettiamo ora una sentenza che dia giustizia ai nostri morti: l’aspettiamo noi parenti delle vittime, come l’aspettano tutti gli italiani”

Il collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi dovrà decidere sui numerosi ricorsi presentati:
primo fra tutti quello della procura di Pescara, contro l’assoluzione per 25 dei 30 imputati

In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi);
i dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno);
sei mesi ciascuno per l’ex gestore Bruno Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto

In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex prefetto Francesco Provolo, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni;
l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni

Assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire.

Altra protagonista del processo è la Carta Localizzazione Pericolo Valanghe (Clpv), mai attivata dalla Regione Abruzzo, tirata in ballo dai legali del sindaco di Farindola per dimostrare che in presenza di quella carta avrebbe avuto strumenti per effettuare interventi preventivi; nel mezzo una lunga serie di perizie che non hanno portato a un quadro di totale chiarezza

In Corte d’Appello, i due pm di Pescara, Anna Benigni e Andrea Papalia hanno spiegato nei minimi dettagli le ragioni del loro ricorso, ribadendo in maniera approfondita le responsabilità degli imputati, sulla loro scia gli avvocati di parte civile, mentre la gran parte degli avvocati difensori ha attinto alle motivazioni della sentenza di primo grado e, in alcuni casi, ponendo dubbi perfino sulle legittimità dei ricorsi stessi.

Un groviglio che il giudice Manfredi dovrà districare, una volta dato spazio ad eventuali repliche, a partire dalle 9.30 di domani mattina, ora d’inizio udienza nell’Aula Magna del Tribunale dell’Aquila, e una corposa camera di consiglio; la lettura del dispositivo di sentenza – prevista a porte chiuse – non avverrà prima delle ore 16:00

Familiari delle vittime di Rigopiano fiduciosi in attesa della sentenza

La sentenza della corte d’Appello dell’Aquila è attesa nel pomeriggio di mercoledì 14 gennaio 2024

L’udienza aperta e subito chiusa per il processo in corte d’Appello sulla tragedia Rigopiano, l’hotel di Farindola distrutto da una slavina il 18 gennaio 2017 con 29 vittime e 12 superstiti

28 gli imputati, la sentenza è attesa nel pomeriggio di mercoledì 14 febbraio 2024

dice Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime Rigopiano, fratello di Marco che con la sua fidanzata, Jessica Tinari, sono tra le vittime della tragedia :

«Le poche parole pronunciate dal presidente ci hanno dato quel poco di fiducia per affrontare la giornata»

queste le parole che sarebbero state pronunciate dal presidente del collegio, Aldo Manfredi, in aula, ascoltare e riferite da Tanda. Il processo penale in appello si è svolto in camera di consiglio, l’accesso in aula è stato escluso ai giornalisti :

«Abbiamo scritto una bella pagina di giustizia»

«Ci auguriamo un cambiamento», afferma Clotilde Fabrizi madre di Marina Serraiocco, 36 anni, una delle 29 vittime, «l’aria è diversa e abbiamo fiducia nella giustizia»

La donna indossa una pettorina con l’immagine della figlia mentre è già in attesa, nel corridoio d’ingresso all’aula ‘A’ dove, verso le ore 15:30, sarà pronunciata la sentenza d’appello.
Sono 28 gli imputati, tra cui dirigenti, amministratori e funzionari di Regione, Provincia di Pescara e Comune di Farindola, 25 dei quali assolti dal tribunale il 23 febbraio 2023 tutti accusati, a vario titolo, di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.

Tragedia Rigopiano: è il giorno della sentenza in Appello a L’Aquila

Udienza aperta e chiusa a L’Aquila: prevista nel pomeriggio la sentenza del processo in Corte d’Appello per la tragedia all’Hotel Rigopiano.

“I Fatti e le Opinioni”

Udienza aperta e chiusa, questa mattina, in Corte d’Appello all’Aquila del processo di secondo grado per la tragedia di Rigopiano giunto alla sua fase conclusiva.
Il disastro risale al 18 gennaio 2017 quando, alle ore 16:49 una valanga travolse e distrusse il lussuoso resort alle pendici del versante pescarese del Gran Sasso, provocando la
morte di 29 persone
Non ci sono state repliche dalla pubblica accusa, dalla parte civile e tanto meno dagli avvocati dei 30 imputati per i quali la Procura di Pescara ha fatto ricorso: da qui la decisione da parte del collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi di ritirarsi subito in Camera di Consiglio.

Sentenza annunciata, in
un primo momento, non prima delle ore 16:00 che a questo punto potrebbe essere anticipata probabilmente di una mezz’ora.

🔺Ribaltone o sostanziale conferma di quanto già stabilito dal Gup Gianluca Sarandrea nel processo di primo grado❓

È la domanda che accompagna molti, nel giorno della sentenza in Corte d’Appello, a L’Aquila, dove nel pomeriggio il collegio presieduto dal Giudice Aldo Manfredi dovrà decidere in merito al processo di secondo grado per la tragedia di Rigopiano del 18 gennaio del 2017.

Il 23 febbraio di un anno fa, alla lettura del dispositivo nell’aula “Medoro Pilotti Aielli”, al Tribunale di Pescara, rabbia e forti tensioni da parte dei parenti delle 29 vittime, per l’assoluzione di 25 dei 30 imputati, con condanne lievi solo per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, 2 anni e 8 mesi, due dirigenti della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, 3 anni e 4 mesi e 6 mesi per l’ex gestore dell’Hotel Bruno Di Tommaso e per il geometra Giuseppe Gatto, pene decisamente inferiori, rispetto a quanto chiesto dalla Pubblica Accusa, al termine di un’indagine scrupolosa e capillare.

Una risposta, alla sacrosanta domanda di giustizia, ritenuta evidentemente troppo debole, rispetto ad un complesso scenario di errori, omissioni, manifeste incapacità di gestione dell’emergenza su vari fronti, dalle Amministrazioni, fino alle Istituzioni più alte, come quella della Prefettura.

Nella sua ormai divenuta storica requisitoria, il Procuratore Capo della Repubblica di Pescara Giuseppe Bellelli, parlò di assenza totale di visione dell’Amministratore Responsabile, l’agente modello, quello che, per il bene e la sicurezza dei cittadini che ha il dovere di tutelare, deve essere in grado anche di prevedere l’imponderabile e non basta dire

“Chi mai poteva aspettarsi che una valanga di simili proporzioni potesse abbattersi con quella violenza sull’Hotel?”

Tra l’inimmaginabilità di una simile disgrazia e l’inevitabile scaricabarile, anche in questi due mesi di udienze a L’Aquila, gli avvocati degli imputati hanno cercato di aggrapparsi all’imprevedibilità dell’evento, pescando a piene mani dalle motivazioni della sentenza di primo grado.

Può bastare dire che l’incapacità, in questo Paese, non è reato❓

Evidentemente no, secondo Pubblica Accusa e parenti delle vittime, che chiedono e continuano a chiedere risposte certe sul perché chi, preoccupato per le straordinarie nevicate di quei giorni, non ha avuto la possibilità di lasciare l’albergo, sul perché le molteplici richieste di soccorso sono state ignorate ed in alcuni casi, addirittura insabbiate, come la telefonata del cameriere Gabriele D’Angelo misteriosamente sparita dai brogliacci consegnati alla Squadra Mobile, e per la quale dovrà rispondere gran parte del corpo dirigente della Prefettura, a cominciare dall’ex Prefetto Francesco Provolo.

Ma anche la mancata applicazione, da parte della Regione, della Carta di Localizzazione Pericolo Valanghe, uno strumento che avrebbe potuto, ad esempio, consentire lo sgombero e l’immediata chiusura dell’Hotel.

Ed ancora l’assenza di turbine funzionanti per liberare la strada ricoperta di neve

Insomma, una complessa concatenazione di avversità sulla quale il Giudice Aldo Manfredi, ed il suo collegio, dovranno fare sintesi, con il gravoso compito di consegnare agli imputati, ai parenti dei 29 angeli rimasti sotto le macerie e all’opinione pubblica tutta, un reale senso di giustizia per una tragedia che ha lasciato, lascia e lascerà ancora troppi punti interrogativi. 

#sapevatelo2024

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