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CESAREO CON GARZA IN OMAGGIO, DANNO CONFERMATO

L’intervento nel 2014 a Melfi, la fascia dimenticata nell’addome: equipe medica responsabile. Corte dei Conti, in Appello i ricorsi dei 2 paramedici respinti: la condanna regge

All’Unità operativa “Ostetricia e Ginecologia” dell’ospedale di Melfi, parto cesareo con garza in omaggio: in Appello confermata la negligente dimenticanza e la grave disattenzione. Il processo contabile a carico dei dottori Tiziana Morra e Alberico Vona, di Gerardo Marino e Lucia Zampino, nella qualità, rispettivamente, di primo e secondo chirurgo di equipe operatoria i primi due, operatore strumentista il terzo ed infermiera la quarta, nel 2022 si concluse con la condanna della Corte dei Conti di Basilicata che quantificò in 95mila e 500 euro il risarcimento in favore dell’Azienda sanitaria locale di Potenza (Asp). Le quote, così suddivise: Morra e Vona (28mila e 650 euro ciascuno), Marino (28mila e 650 euro) e Zampino (9mila e 550 euro). Ci fu lo “sconto” del 50%, rispetto ai 191mila euro richiesti dalla Procura, data l’avvenuta transazione economica dall’Asp alla donna in via stragiudiziale, poichè l’Azienda sanitaria oltre a non aver predisposto una specifica scheda Ministeriale, non aveva attivato alcuna iniziativa formativa destinata al personale medico ed infermieristico volta alla implementazione ed alla sensibilizzazione verso le necessarie “buone pratiche” con la finalità di scongiurare malpractice come quella verificatasi relativa ad erronea «conta delle garze e taglienti». Così, dopo il giudizio di primo grado. Per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti, in sintesi, l’intervento chirurgico risale al settembre del 2014, poi, a distanza di alcuni mesi dallo stesso, la donna venne nuovamente ricoverata presso la chirurgia generale dell’Ospedale di Cerignola con una diagnosi di blocco intestinale. Subì un nuovo intervento chirurgico d’urgenza per «addome acuto da corpo ritenuto» nel corso del quale le fu rimosso, con resezione degli intestini e asportazione di ovaio e tuba, il corpo estraneo «consistente in una garza dimenticata nella cavità addominale». Ad impugnare la sentenza, l’operatore strumentista dell’equipe medica citata che eseguì l’intervento a Melfi, Marino. In aggiunta, con appello incidentale contro la condanna, anche l’infermiera Zampino che si è difesa sostenendo che lei «aveva il solo compito di contare le garze utilizzate ma non quello di verificare che la somma delle garze utilizzate e quelle residuali sterili corrispondesse alla dotazione iniziale». Nè tantomeno, ha aggiunto, spettava a lei ispezionare la ferita al momento della chiusura. Da parte sua, l’operatore strumentista Marino ha sostenuto che la responsabilità doveva essere addebitata all’Asp ed ai medici chirurghi che non avrebbero proceduto ad alcun controllo di loro competenza al momento della chiusura della breccia chirurgica. In subordine, Marino ha chiesto l’equiparazione della sua condanna a quella di Zampino, se la richiesta accolta il personale risarcimento sarebbe sceso da 28mila e 650 euro a 9mila e 550 euro, perchè la conta ad alta voce delle garze, era simultanea con l’infermiera di sala. Marino ha provato a farne una questione anche di salari: i due medici hanno «un trattamento economico superiore al suo». Per i Giudici contabili d’Appello, nessuna distinzione tra personale medico e personale para- medico: il conteggio delle garze è compito rientrante nelle competenze di tutta l’equipe, e ad ogni componente spetta garantirlo efficacemente. Vagliata tutta la documentazione, per i Giudici, inoltre, «rappresentano solo illazioni» le considerazioni formulate con riferimento ad «ipotetiche diverse cause dei fatti, altri interventi chirurgici subiti della paziente, ma non dichiarati dalla medesima in sede di anamnesi, garza lasciata in altre occasioni da altri operatori, e via discorrendo». Giusto anche riconoscere, nel caso dell’intervento a Melfi, una maggiore responsabilità in capo all’infermiere ferrista, rispetto all’infermiera non ferrista addetta alla raccolta delle garze utilizzate, che non poteva comparare con quelle nuove an- cora disponibili, di cui, invece, doveva avere contezza il primo. Nessuna rilevanza, infine, è stata attribuita al maggiore importo dell’emolumento percepito dal personale sanitario. Per questi ed altri motivi, inammissibile il ricorso dell’infermiera Zampino e respinto quello dell’operatore strumentista Marino, con conferma della sentenza di condanna

Ferdinando Moliterni

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