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A 43 ANNI DAL TERREMOTO I COMUNI LUCANI RICORDANO

La ricorrenza di Emanuela Calabrese

“Fate presto”, quel titolo di stampa è divenuto presto il simbolo di una immane tragedia, il terremoto del 23 novembre 1980. Una calamità immensa: furono dichiarati “disastrati” i Comuni di Balvano, Bella, Brienza, Castelgrande, Muro Lucano, Pescopagano, Potenza, Ruvo e Vietri di Potenza. Il violento sisma varcò il confine tra Campania, Puglia e Basilicata. Con una magnitudo pari a 6.9 scala Richter, fu avvertito in quasi tutta Italia, su una faglia lunga circa 60 km e larga 15. Una delle prime conseguenze, all’indomani di quel novembre, fu l’emigrazione dai territori disastrati, ma sebbene molti siano partiti, tanti altri sono rimasti e con pazienza hanno atteso la ricostruzione e con determinazione e tenacia hanno ricreato la propria vita. Non a caso chi ha vissuto il sisma è sovente dire: “Questo accadde prima del terremoto” o “quest’altra cosa successe dopo il 1980”. Dunque il sisma segnò, e forse segna ancora, un vero e proprio spartiacque. Una data dolorosa che molte amministrazioni comunali ricordino. Balvano, che fu tra quei comuni più colpiti dell’area Marmo Platano, celebra la tragica ricorrenza con la consegna degli en- comi per meriti civili da parte del Sindaco Ezio Di Carlo, alle ore 18 e 15 in occasione della Santa Messa in memoria delle vittime del Terremoto. A ricevere la pergamena saranno «Vigili del Fuoco, Militari, un dipendente comunale e molti altri» che si resero encomiabili volontari in quei tragici giorni, in quelle interminabili settimane e nei lunghi mesi successivi. Anche Muro Lucano, con il sindaco Giovanni Setaro, si ferma per ricordare con la celebrazione della Santa Messa, la deposizione della corona di fiori e l’omaggio sulle note de “Il silenzio”, mentre le autorità civili porgeranno il saluto ai cittadini e alle scolaresche. Non da meno Pescopagano, paese che pagò pesantemente la distruzione del terremoto. Anche qui però lo si fa guardando all’oggi e al futuro, ai giovani: difatti «come ogni anno, il “Gruppo Pescopagano Eventi” per far sì che questo giorno dedicato alla memoria diventi anche occasione di informazione e formazione, in collaborazione con i docenti della scuola secondaria di primo grado “G.Deledda”, ha organizzato per gli alunni, questa mattina alle ore 10, una lezione sulla “sicurezza sul web”, con la Polizia Postale e della Comunicazione di Potenza. L’obiettivo dell’iniziativa è insegnare ai ragazzi, sempre più precoci nell’utilizzo dei devices, a sfruttare le potenzialità comunicative del web, senza correre rischi connessi al cyberbullismo, alla violazione della privacy e all’adozione di quei comportamenti scorretti o pericolosi per sé o per gli altri». Molteplici dunque le iniziative che sempre più spesso guardano ai giovani che saranno custodi della memoria, ma anche nuovi cittadini del mondo. A pagare il conto più caro in vite umane fu Balvano con 77 persone morte, di cui 66 bambini. «Fu un triste, lungo censimento» dichiarava il Sindaco e medico Ezio di Carlo, che oggi è nuovamente alla guida del paese. Sul luogo della sciagura, oggi si erge una cappella dedicata. «Furono i bambini che si stavano preparando al sacramento della Cresima, ad essere i più rapidi a scappare verso l’uscita, ma proprio lì crollarono la parete ed il tetto. In veste di primo cittadino e di medico, il mio compito non fu semplice – ha raccontato Di Carlo – c’erano da soccorrere i feriti, tirare fuori dalle macerie le persone ancora vive e allo stesso tempo da recuperare i morti. Le salme furono prima adagiate in piazza, poi sulla città giardino dove veniva fatto il riconoscimento e infine posti nelle bare e sepolte». Per la gravità dei fatti di Balvano vi si recarono anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e Papa Giovanni Paolo II, le cui sillabiche parole ancora risuonano: «Coraggio». Ma negli altri paesi la situazione non era migliore: Muro Lucano contò 21 vite spezzate, come Pescopagano. Tanti furono invece coloro che restarono sotto le macerie per giorni. Dai cumuli di pietre, come voci dalle viscere della terra, si leva- vano lamenti ed urla. Nel mentre, continuavano le scosse. Un moto perpetuo che non lasciava pace. Se c’è una ferita che il terremoto dell’80 ha lasciato indelebile, nonostante i 43 anni ormai trascorsi, nonostante la ricostruzione, nonostante la resilienza dei lucani, quella ferita è visibile nelle tante porte chiuse, nelle finestre che non hanno visto più la luce, nelle case rimaste mute. Lo spopolamento contro il quale gli amministratori, a vari livelli, combattono. Non possiamo dire che il fenomeno sia iniziato col sisma, ma certamente è stato un evento scatenante alla migrazione massiccia dai comuni. Le città con prospettive macroscopiche se viste con gli occhi di chi partiva da un borgo di qualche migliaio di anime. Qualcuno raggiungeva parenti già emigrati, qualche altro si affidava ad amici. Altri hanno fatto il “salto nel buio” lasciando la famiglia, che li avrebbe poi raggiunti quando le condizioni lo avrebbero permesso. Ci sono poi coloro ai quali il terremoto ha ucciso madri, padri, fratelli o sorelle e che non hanno avuto più la forza di restare, altri invece con la casa ridotta in macerie, avendo perso tutto, hanno deciso di ricominciare altrove, lontano da quella “terra amara” che seppur affettivamente li legava alle radici familiari, ora restituiva dolore.

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