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MONS. LIGORIO: “I CLAPS VOLEVANO RISARCIMENTO, MA ABBIAMO DETTO NO”

L’arcivescovo di Potenza: «Avremmo dovuto gestire meglio i rapporti con i Claps. Ma su Elisa la Chiesa non ha nessuna colpa»

L’arcivescovo di Potenza: «Avremmo dovuto gestire meglio i rapporti con i Claps. Ma su Elisa la Chiesa non ha nessuna colpa»

Dopo tredici anni di silenzi sul caso Claps, la Chiesa di Potenza ha deciso di parlare, con una intervista al Corriere della Sera che riportiamo integralmente.

L’arcivescovo Salvatore Ligorio conferma l’estraneità della Chiesa e spera nella riconciliazione con la famiglia.

Pubblicherete un dossier su tutta la vicenda Claps. Perché?

«Per aiutare la gente a capire. All’interno ci saranno sentenze, documenti, allegati, per fare chiarezza sulle polemiche, dicerie e false notizie che si sono susseguite in questi anni».

I Claps sostengono che da 30 anni siete «ladri di verità».


«Siamo stati sempre disponibili alla collaborazione e i nostri sforzi sono stati sempre orientati nella ricerca della verità. Alcuni sacerdoti, addirittura, si sono messi in prima linea a collaborare con la famiglia. Non siamo stati dietro le quinte, ma protagonisti impegnati nel percorso di giustizia».

Perché tante difficoltà nel trovare il dialogo con la famiglia Claps?

«L’abbiamo sempre auspicato. Ci sono stati tanti incontri con la famiglia. Quando, però, eravamo sul punto di comprenderci Gildo Claps ha continuato ad essere incomprensibilmente diffidente. Probabilmente, siamo noi stati superficiali nelle comunicazioni. Loro vogliono le nostre scuse e ci chiedono di assumerci le responsabilità antecedente il fatto e dopo il fatto. Che ci sia stata un po’ di confusione, una poco approfondita analisi sul fatto, questo sì, ma pensare che siamo complici per quello che è accaduto, mi sembra ingeneroso».

In una lettera la famiglia Claps ha minacciato di adire a vie legali contro l’ex vescovo Superbo per «aver violato il dovere di vigilanza e controllo imposto dal codice canonico. Violazione che ha prodotto alla famiglia Claps un danno ingiusto risarcibile». La vertenza poteva rientrare se «si fosse risolta bonariamente».


«Ci siamo imposti dei principi di giustizia. Il mio predecessore monsignor Superbo ha collaborato sempre per la verità e la giustizia. Per noi la soluzione bonaria era quella di restare fedeli alla verità, senza risarcimenti di alcun tipo».

Don Mimì Sabia, il parroco della Trinità, che ruolo ha avuto nella vicenda?


«Non l’ho conosciuto. Ma da quello che ho compreso è che era una persona dal temperamento forte, vecchio stampo, come forse erano stati educati i sacerdoti della sua epoca i quali pensavano di essere custodi della propria comunità. Se fosse realmente venuto a conoscenza che nel sottotetto della Trinità ci fosse stato un cadavere appartenente in questo caso ad Elisa, non sarebbe sopravvissuto neanche un minuto. Non avrebbe retto alla paura. Gli hanno addebitato accuse improprie».

Nella immediatezza della scomparsa di Elisa si disse che don Mimì «bloccò» la perquisizione della polizia, chiudendo il portone della Trinità.


«Ma chi può avere un potere simile? Quale potere aveva don Mimì per impedire l’apertura della porta della Trinità? È inimmaginabile. E, comunque, è opportuno che si sappia: per cinque mesi, nel 2007, parte della Trinità è stata sotto sequestro. La polizia poteva entrare e fare ogni tipo di attività investigativa».

La mamma di Elisa non ha più messo piede nella Trinità.
«La libertà di coscienza, non può essere mai negata. Rispetto la sua scelta».

Perché ha detto no alle riprese dentro la Trinità, per la fiction «Per Elisa»?


«Non potevo farlo per rispetto da parte nostra per il luogo dove è accaduto il fatto e, soprattutto, per Elisa».

Lo scorso 5 novembre ha celebrato messa nella Trinità. L’hanno attaccata gridandole contro «assassino, vigliacco».


«Sono rimasto basito. Molta di quella gente non era di Potenza. Esponenti di Libera con un megafono, aizzavano la folla. Non è stato dignitoso per loro, in quanto cattolici. Ho chiamato don Ciotti e lui mi ha chiesto scusa. Anche don Marcello Cozzi (ex presidente Libera Basilicata) ha chiesto scusa, privatamente. In quella contestazione fatico a vedere la disponibilità al dialogo, ma ancora una volta vedo solo rabbia. Perché tutti contro la Chiesa? Ci sono responsabilità anche di altri».

Perché ha deciso di riaprire al culto la Trinità?


«Era un momento atteso da tanti fedeli. Ne ho parlato con il Papa concordando sul fatto di non svolgere riti festosi. Di questa decisione la famiglia Claps era al corrente. Ad un certo punto, però, tutto è stato ritrattato senza nemmeno che ne fossi informato».

Don Marcello Cozzi è da sempre vicino ai Claps e questo crea imbarazzo ai vertici della Curia potentina.


«Ha voluto assumere il ruolo di mediatore tra la Chiesa e la famiglia. Senza riuscirci. Forse, una maggiore chiarezza e determinazione da parte sua, avrebbe contribuito a dissipare equivoci che comunque si sono creati. La mamma di Elisa mi ha dato del bugiardo perché non l’ho informata della nomina dei due parroci della Trinità. Don Marcello non è intervenuto per spiegare che tutto ciò non era possibile».

 

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