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LA MODA DEL CAMPO

TACCO&SPILLO

Non sappiamo se alla fine sia colpa dell’armocromista della Schlein con questi benedetti colori sociali che dovevano ringalluzzire l’abito dem verso lo stile unico del Paese oppure della scarsa inventiva della politica incapace di far nascere parole nuove per un tempo nuovo, ma sta di fatto che l’unica cosa che rimbalza ossessivamente nel piccolo cortile della Basilicata è la moda del cosiddetto “campo”, cucinato in tutte le salse che più si vogliono e secondo i gusti di convenienza elettorale. Ora lasciamo stare la buffa iconografia di sondaggi che disegnano campi d’appartenza immaginari e degni della migliore patafisica di Topolino con candidati governatori mai ufficializzati e liste al loro seguito d’anonimi contendenti eppure stimate in percentuali fisse e quasi dogmatiche, alcune delle quali attestate al 3.5%, così determinanti da far girare la vittoria di schieramento e così infinitamente insignificanti da non eleggere nemmeno l’unghia viva d’un consigliere italiano, ma che dire dell’infinità dei campi propinati al povero lucano in un ghirigori d’attributi celestiali come evangelico, largo, giusto e chissà cos’altro. Cantano Colapesce e Dimartino:“Campi sconfinati che si arrendono alla sera…”.

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