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RAI, TV DI STATO… DI FAMIGLIA

Con Cosentino: Rivelli, capo della comunicazione col Partito Regione, è il Ras. E il cdx dorme!. I Soave’s, lista dei vescovi: il padre fa l’addetto stampa e la figlia il servizio alla Tgr

Quando vengono pubblicate le classifiche sulla libertà di stampa l’Italia scopre sempre di essere leggermente al di sopra di una Repubblica delle Banane ma molto spesso al di sotto di Nazioni dittatoriali. Se si dovesse applicare questa stessa classifica alla Redazione del TGR di Basilicata, temiamo che il posto sarebbe decisamente più basso. Ovviamente non immaginiamo che ci sia qualcuno che attenti alla libertà della Rai di Basilicata con purghe staliniane o campi di sterminio, non ci sono i roghi dei libri né i colpi di fucile ai giornalisti. La libertà del TGR di Basilicata è minacciata, castrata e costretta ai minimi termini dalla stessa redazione e dalla imbelle gestione del Capo Redattore che, oltre ad aver condannato il TGR all’irrilevanza e alla mediocrità più assoluta, lo sta relegando anche alla sudditanza psicologica e alla mancanza di indipendenza. Non esiste, infatti, libertà di stampa senza indipendenza. L’indipendenza è la precondizione per la libertà di stampa e non può esistere quando i cordoni ombelicali emergono con forza.

SOAVEMENTE CON I VESCOVI

E, così, in una Redazione della televisione di Stato che ha scelto la sudditanza psicologica dei legami familiari come metodo può capitare che Nicoletta Soave sia mandata a seguire il servizio sulla presentazione del progetto politico “Basilicata Casa Comune”. Sicuramente è una fortuita coincidenza il fatto che il progetto politico “Basilicata Casa Comune” sia la lista del laicato cattolico e che il padre di Nicoletta sia Edmondo Soave, già giornalista del TGR Basilicata, e attualmente Responsabile della Comunicazione della Diocesi di Potenza. Certo i Vescovi hanno tenuto a precisare che non fanno liste per le elezioni e che le iniziative del laicato cattolico non hanno sponsorizzazioni ma è mai possibile che, tra tutti i giornalisti della Rai, dovesse essere inviata proprio la figlia di chi cura la comunicazione della Diocesi a seguire un’iniziativa politica del mondo cattolico? Si può immaginare che nel seguire la presentazione del progetto politico si sia fatta quanto meno guidare dall’educazione familiare, dai rapporti interpersonali che sussistono, dalle frequentazioni paterne o, anche se così non fosse, non vale sempre il discorso che alla moglie di Cesare non basta essere casta ma serve anche che appaia così? Come può immaginarsi l’indipendenza di una notizia se sussistono rapporti ideali e familiari tra il soggetto politico di cui si parla e il giornalista che ne parla?

RIVELLI DA DE FILIPPO ALLA POLITICA

Del resto, in quale redazione giornalistica è mai possibile immaginare che il capo ufficio stampa di un ex governatore possa condurre l’edizione del Telegiornale della televisione di Stato? In quale Nazione democratica può capitare che chi ha condotto la comunicazione per il Presidente De Filippo possa, poi, seguire le vicende politiche nella Regione nella quale ha fornito comunicazione di parte? Sia chiaro, sicuramente è tutto lecito ed è tutto corretto, sicuramente le vergini delle rocce ci terranno a far sapere che un vincitore di concorso è un vincitore di concorso ma esiste sempre una questione di opportunità. Quanto può essere credibile una notizia data sulla politica regionale costruita e comunicata da chi, per lavoro e con grande competenza professionale, si occupava in passato di fornire le “veline” e curare la comunicazione di una parte politica? La Televisione di Stato non dovrebbe mai essere una televisione di parte, dovrebbe essere di tutti.

IL SOCIAL DEL SOSPETTO

Del resto, la propensione a raccontare verità non provate, a disseminare la linea del sospetto sembra essere una costante della politica comunicativa di Giovanni Rivelli. “Soffitto meraviglioso quello della chiesa potentina della Trinità. Nel 1996 per salvarlo furono effettuati lavori nel sottotetto della chiesa e i cassettoni di legno furono “incernierati” con dei ganci nel soffitto. Uno a pochi decimetri dal corpo della martoriata Elisa, di cui non si avevano notizie da 3 anni. Ma nessuno vide niente o nessuno disse niente al committente dei lavori o a chi di quel luogo aveva la responsabilità. Questo almeno quanto si sa. E così guardando questa meraviglia non riesco a pensare ad altro. E vorrei dire: chi sa parli. E vorrei che chi guida una comunità dica la stessa cosa. Perpetuare i silenzi, sommare bugie, rappresentare versioni di comodo o trincerarsi dietro “non sono state accertate responsabilità penali” rende chiaro che non si lavora per la verità anche nella casa di chi disse: “Io sono la via, la verità e la vita”. E la chiesa ha riaperto così”, si legge questo sul profilo social di Giovanni Rivelli, già capo ufficio stampa di Vito De Filippo e ora volto del TGR di Basilicata. Un posto in cui nel “dico non dico” sembra voler far credere che sia “impossibile” che nessuno sapesse niente e parla di silenzi perpetrati, bugie sommate, versioni di comodo, mancanza di responsabilità penali accertate dietro le quali si nascondono quelli che “non lavorano per la verità” nella casa di Nostro Signore Gesù Cristo. E ci chiediamo se sia possibile che un giornalista della televisione di Stato esprima con tanta leggerezza una propria opinione lasciando trapelare l’idea che esista una verità ultronea rispetto a quella delle sentenze e che qualcuno la stia nascondendo. Ci chiediamo cosa stesse facendo e cosa stia facendo il capo redattore, l’anonimo ed invisibile Cosentino e se conosca e intenda applicare il codice Etico della Rai che, in merito ai presidi digitali personali dei dipendenti, testualmente dice che “fermo il rispetto della libera manifestazione del pensiero, nell’utilizzo dei profili privati si è tenuti a non compiere “azioni” (quali ad esempio a titolo esemplificativo e non esaustivo pubblicare, condividere, ecc…) che possano ledere “la reputazione Rai” e che “si invita inoltre al rispetto della correttezza espressiva e a non diffondere fake news”. Ci chiediamo se, secondo il capo redattore del TGR di Basilicata, raccontare che le sentenze coprano la verità non sia diffondere una fake news e se alludere a “nessuno vide niente” non offenda la reputazione e, soprattutto, la serietà della televisione di Stato. Ci chiediamo se intenda sollevare la questione disciplinare o fingere che nulla sia successo.

IL CENTODESTRA CHE DORME

In tutto ciò si segnala il silenzio e dolce dormire della rappresentanza parlamentare del centrodestra lucano. Il TGR di Basilicata, occupato e condotto in pianta stabile dall’ex addetto stampa del Presidente della Regione Vito De Filippo del PD che invia la figlia del responsabile della comunicazione della Diocesi a seguire i lavori di quella che è stata denominata la “lista dei vescovi” che si prepara a indicare il candidato Presidente del Centrosinistra è degno di una televisione sudamericana. Si tratta di una scelta che non è soltanto di campo ma di totale occupazione del campo, di cancellazione di ogni opzione possibile di eliminazione di pluralismo ed indipendenza che meriterebbe almeno una interrogazione alla Commissione di Vigilanza Rai. Almeno Telekabul, seppur faziosa, era diretta da un grande giornalista. Solo in Basilicata possiamo meritare una televisione di Stato faziosamente di parte, censorea nei confronti di chi non si allinea e che ha anche giornalisti che utilizzano i canali social per illazioni ai limiti delle fake news. Evidentemente, però, i deputati del centrodestra lucano preferiscono far finta di non vedere.

Di Massimo Dellapenna

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