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I RISCHI DELLA BALCANIZZAZIONE DELLA POLITICA

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Fare politica in Italia significa spesso subire in silenzio accuse, insulti, offese, illazioni, denunce, minacce. Non appena si reagisce, però, si passa dalla parte del torto, perché il politico ha solo obblighi, e deve essere – ma non si capisce in base a quale principio di superiorità psicologica – invulnerabile e impassibile. Io però mi domando: quali doveri hanno invece i cittadini? O ai cittadini è permesso proprio tutto? Non sto negando il diritto di critica, fondamento della democrazia, ma questo diritto allo “shit storm” (tempesta di letame). Ho letto in questi giorni i commenti ingiuriosi ai post di Matteo Renzi. Voglio esprimergli, per quel che vale, profonda solidarietà. Ma mi domando anche: le persone che scrivono certe cose brutali sono le stesse che incontro ogni giorni per strada? Ne ricavo una notizia di pericolo, francamente. Anche a livello regionale il clima non è rassicurante. Ho letto la notizia degli spari alle auto del consigliere regionale Francesco Piro. Il fatto non mi sorprende. Se la politica continua ad essere questa guerra per bande, questa lotta all’ultimo sangue, queste feroci battaglie per una carica, un incarico, un’elezione, allora prevedo anni sempre più mediocri e violenti. Fino a esiti vili e imprevedibili. Sono anni che non assisto più a un dibattito alto sui destini d’insieme della Basilicata – più spesso sento rumori di spade, di sciabole e di coltelli, finanche fra appartenenti allo stesso partito. Se fare politica significa avere tratti psicopatologici, allora dico che la la nostra democrazia è in pericolo. Vedo in giro troppa ambizione smisurata, e vedo troppo rancore distruttivo. Non ho soluzioni da proporre, ma questo clima violento e miserabile favorirà sempre di più profili pubblici da guerra balcanica, gente senza vergogna, contrabbandieri del potere, e folle popolari sempre più arrabbiate e assetate di vendetta.

diconsoli@lecronache.info

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