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25 APRILE 2023 COMMEMORAZIONE A POTENZA PER IL 78º ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

L’ auspicio è che questo 25 aprile 2023 riporti la speranza di guardare al futuro con ottimismo, con la stessa forza e spirito della lotta antifascista che portò alla nascita della nostra Repubblica libera e democratica.

#25aprile il 78° anniversario 

25 aprile, si celebra la festa della Liberazione. Mattarella: “Tenere viva la memoria”

Potenza 25 aprile 2023 – 78° Anniversario della Liberazione presso monumento ai caduti nel parco di Montereale

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VINCENZO TORTORELLI Segretario Regionale UIL


🇮🇹 Oggi a Potenza 25 aprile: Tortorelli (Uil), vogliamo che la memoria di questo straordinario giorno non solo resti tale, ma che sia anche da monito per insistere a lottare contro la grave situazione economica e sociale in cui versa l’intero Paese ‼️

“La liberazione dal nazifascismo avvenuta grazie alla lotta dei partigiani italiani e delle forze alleate è una delle pagine più belle del nostro Paese. Per la UIL, nella nuova stagione del lavoro e dei diritti avviata da settimane, la festa del 25 aprile incarna i valori dei diritti costituzionali, primo fra tutti il lavoro, della libertà e della democrazia che vanno costantemente difesi e vivificati”

Lo ha detto il segretario regionale della Uil Basilicata Vincenzo Tortorelli partecipando a Potenza (Parco Montereale) alla manifestazione istituzionale di celebrazione della Festa di Liberazione.


“È un altro 25 aprile in una situazione instabile e difficile per l’Europa, con la guerra in Ucraina che continua a seminare morti e distruzioni, ma che deve vederci tutti impegnare, ancor di più, per tendere a liberarci dalle guerre, dalle disumanità, da tutti gli episodi di violenza e di apologia del fascismo stesso cui ancora si rendono protagonisti gruppi che si ispirano a quella ideologia e a quelle politiche che sono, e restano, fermamente da condannare e respingere. Vogliamo che la memoria di questo straordinario giorno non solo resti tale, ma che sia anche da monito per insistere a lottare contro la grave situazione economica e sociale in cui versa l’intero Paese, a causa delle molte crisi che si sono sovrapposte e pericolosamente intrecciate. Sono temi – dice Tortorelli – che troveranno attenzione nella manifestazione nazionale per il Primo Maggio che per la prima volta Cgil, Cisl, Uil hanno voluto a Potenza dedicata all’attualità dei principi e dei valori della Costituzione, a 75 anni dalla sua promulgazione”

INTERVENTI

Armando Mastromartino Presidente consulta degli studenti della provincia di Potenza

LEGGE : 

Norberto Bobbio ~ Appunti sulla Marcia per la Pace di Assisi 

Oramai venuto il momento di rimettere in onore il tema della nonviolenza di cominciare a considerarlo il tema fondamentale del nostro tempo. 

Non mi considero un nonviolento militante, ma ho acquistato la certezza assoluta che o gli uomini riusciranno a risolvere i loro conflitti, senza ricorrere alla violenza, in particolare a quella violenza collettiva e organizzata che è la guerra; o la violenza li cancellerà dalla faccia della terra. 

L’importanza dei movimenti che predicano la nonviolenza collettiva e attiva, deriva dalla accresciuta consapevolezza che, man mano che la violenza diventa più totale, essa diventa anche più inefficace.
Certamente l’uomo non può rinunciare a combattere contro l’oppressione, a lottare per la libertà, per la giustizia, per l’indipendenza. Ma è possibile, e sarà anche producente e concludente, combattere con altri mezzi, che non siano quelli tradizionali della violenza individuale e collettiva?

Affermare che la guerra, giunta al grado di terribilità della guerra atomica, è diventata impossibile, significa che si ritiene efficace la dissuasione, esercitata attraverso la minaccia reciproca di distruzione; ma la dissuasione è efficace solo se la guerra è possibile.

Se una delle due parti ritenesse impossibile la guerra, la dissuasione avrebbe finito di operare.
Ma dove la dissuasione finisce, la guerra diventa di nuovo possibile

Purtroppo, l’etica di molta politica è ancora l’etica della potenza, e della violenza.

E al metodo della violenza che insanguina il mondo, va opposto invece il metodo della nonviolenza, che richiede un totale capovolgimento del modo tradizionale di porre il problema, del rapporto tra mezzi e fini

La nonviolenza va intesa nella sua forma attiva, esattamente come cittadinanza attiva;

e va posta tra le vie consapevoli e responsabili per raggiungere la pace, per la possibilità e la capacità che essa ha di predisporre una difesa dalla guerra, fondata sull’uso del metodo nonviolento, che non accetta di combattere l’avversario con le sue stesse armi, ma vuole essere alternativo, anche negli strumenti, offrendo -anzi- all’avversario, una via d’uscita dalla sua dimensione di violenza.

In quanto rovesciamento di tutto quello che è avvenuto nella storia la nonviolenza è rivoluzione; e non potendo essere mai attuata fino in fondo, la nonviolenza è rivoluzione permanente.

Solo la nonviolenza è destinata a cambiare la storia, perché tende ad eliminare definitivamente il mezzo principale ed ultimo, cui gli uomini sono sempre ricorsi per edificare la loro storia di sangue.

Ho partecipato anch’io alle Marce per la Pace di Assisi. Se le gambe mi reggessero, lo farei ancora. Perché?
Ma perché so che se anche tutti i contadini del mondo si unissero per far piovere, la pioggia non verrebbe.

Ma so anche che se tutti i cittadini del mondo partecipassero a una manifestazione della pace, la guerra sarebbe destinata a scomparire dalla faccia della Terra.

GIULIO PEDOTA responsabile della commissione cultura della provincia di Potenza, legge un testo composto da lui 


Annarella,

Non ti scrivo cara, perché la retorica non è nostra materia e perché mi offre una sensazione di freddezza evitabile.

Pessoa diceva che tutte le lettere d’amore sono ridicole…ma ben venga ridere in determinate circostanze.

Perché la risata è presa sottogamba dalla gente?

Me lo sai dire tu?

È praticamente la cosa più altruista tra le rumorose, è l’unica cosa che se dovesse essere finta se ne accorgerebbe chiunque ed è il divario tra simpatia e antipatia, solito termometro spicciolo tra noi uomini.

Allora voglio ridere delle lettere d’amore, anche perché poi stesso Pessoa le benedice, e poi perché, sinceramente Annarella, non so fin quanto questa possa essere una lettera d’amore.

E sinceramente mi chiedo come si faccia a parlare d’amore qui, dove l’aria è un mantello di morte, e il fucile dovrebbe essere il bottone da sbottonare per la vita, ma qualcosa non torna.

lo però non voglio parlare di me, Annarella, io voglio essere chiaro e riferirti una mia decisione.

Qui Colajanni sta formando una delle Brigate Garibaldi e Giancarlo, Antonio, Gustavo sono dei suoi, io ancora no, anzi, non lo sarò mai.

Mi sento un bambino davanti ad un cavallone arrogante del mare, non ho il coraggio di scappare Annarella, non ho il coraggio di essere partigiano e di liberare persino te, non ho il coraggio di prendere e cambiare direzione, non ho il coraggio di morire, solo per il fatto che sto cercando a tutti i costi di non farlo, di non saltare in aria qui, con mille corpi rubati alla vita, rubati al sentimento, rubati anche alla morte, perché poi alla fine molti, neanche li riconoscono più.

Annarella io non ci vado con i Partigiani, ma tu devi farmi una promessa.

Loro lottano per voi, noi invece, anche se contro le nostre intenzioni per uno, o al massimo per pochi, e quindi credo che fra un po’ la avranno vinta finalmente.

Annarella devi farmi un favore, quando finirà questo straccio di tempo e tornerai a sperare che faccia buio per potere amare, devi amare uno di loro, che ora ti sta già preparando un corredo, senza troppe pretese, senza troppi ricami.

A quel corredo la casa gli sta stretta, qualcuno di loro ti porterà il corredo della libertà.

Annarella tu me lo devi promettere, e a chi sta per salutarti per parecchio, qualche promessa si fa…

Tu devi prenderti un partigiano, un protagonista della liberazione.

Annarella fra un po’ inizierai a sporcare la vita di sogni.

Fra un po’ inizierai a camminare campi di ortiche, perché la vita deve anche darti prurito ogni tanto, la libertà ti fa il solletico e devi imparare a ridere di nuovo Annarella.

Me lo devi promettere però.

Fra un po’ inizierai a dipingere donne vestite a festa e madri da festeggiare, inizierai a cantare il canto del cielo sereno e anche il lamento della miseria, ma quella passa, la libertà la devi prendere a vizio invece.

Fra un po’ devi essere viziata di libertà Annarella, ti deve fare soffrire, ansimare, piangere di notte sotto la candela e raccogliere le lacrime dalle labbra.

La libertà ti deve aprire quegli occhi scuri che sono tutto, perché per crederci ed essere dipendenti, la libertà la devi iniziare a vedere Annarella.

lo lo dico a te perché non la vedo qui, altrimenti me lo sarei detto da solo.

Annarella la libertà ti deve far passare il sono per diciotto giorni, affinché al diciannovesimo non avrai tu voglia di dormire, perché la libertà abbatte il tempo, lo suona come un’armonica, lo aspira dentro e lo butta fuori.

Annarella devi prenderti uno di loro, un uomo che lotterà per vederti imbellita.

lo muoio dalla voglia di vederti baciare uno della liberazione, ti farò un applauso, di quelli che si fanno da ragazzini.

Annarella…e chi ti dice che poi un giorno qualcuno non mi sussurrerà nell’orecchio di cantarti

“è tutto quello che io ho, e non è ancora finita, finita, finita”

Sarò una persona da evitare, una persona senza coraggio, ma se tu seguirai il mio consiglio avrai vinto, perché i fascisti saranno via e la libertà profumerà le tue lenzuola.

lo ti ho lasciata per paura, e se la paura è umana, siilo pure tu umana ed affettuosa, salutandomi con la mano verso l’ultima nuvola che dormirà nel cielo.

*^*

25 APRILE DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI POTENZA CHRISTIAN GIORDANO

Rivolgo alle autorità civili, militari e religiose ed alle Associazioni presenti il saluto mio personale e della Provincia di Potenza che mi onoro di rappresentare in questa sede.

Il 25 aprile fu un punto di arrivo ma soprattutto un punto di partenza.

Il 25 Aprile oltre ad essere l’anniversario della Liberazione d’Italia, risultato frutto della Resistenza, rappresenta anche l’inizio di un percorso che, attraverso la nascita della Repubblica e la stesura della Carta Costituzionale, ci ha permesso di diventare quello che siamo.

Oggi però abbiamo la grande responsabilità di costruire quello che dovremo diventare!

La libertà, una volta conquistata, va coltivata e custodita attraverso la costruzione della “cultura della libertà”.

Occorre pertanto lavorare ogni giorno “diffondendo” i valori fondanti della nostra Repubblica, puntualmente esplicitati dalla nostra Carta Costituzionale, affinché continuino ad essere “garanzie” anche per il futuro dei nostri figli e delle nuove generazioni.

Tante cose sono cambiate da allora ad oggi. Tuttavia i valori di libertà, di democrazia, la lotta del nostro popolo contro il nazifascismo non sono solo il recupero della memoria di un popolo, ma anche il fondamento della nostra società civile e dei valori che caratterizzano l’ Italia.

In tal senso la vittoria contro il nazifascismo ha significato per noi italiani la conquista della libertà con il sangue di nostri concittadini e la nascita dell’ identità nazionale.

Oggi abbiamo il dovere di non dimenticare che il concetto di libertà deve anzitutto accompagnarsi con il concetto di unità nazionale.

Occorre pertanto uno sforzo comune di condivisione di quelli che sono i valori fondanti della nostra democrazia, a partire proprio dalla “libertà”: valore troppo rilevante che deve appartenere a tutto il Paese e che, così come l’antifascismo, deve rimanere principio fondante condiviso e mai argomento di discussione.

Similmente, con umiltà, abbiamo anche l’onere di rammentare a noi stessi che la libertà non rappresenta un valore scontato.

Ancora oggi infatti, già ai confini della nostra Europa democratica e moderna, tali valori non appaiono “scontati”, laddove si sta consumando un conflitto armato inspiegabile e ingiustificato, utile solo a generare massacri e violenze a danno della popolazione civile.

La guerra in Ucraina ci ha riportati, tristemente, indietro nel tempo a periodi oscuri dell’umanità, caratterizzati dalla potenza delle tenebre che sembravano ormai solo un ricordo, costringendoci ad assistere, impotenti, a veri e propri crimini contro l’umanità stessa, a genocidi, ad efferatezze di ogni genere contro l’essere umano e alla violazione del principio di autodeterminazione di ogni popolo sancito dalla Carta Internazionale dei diritti dell’Uomo.

Si tratta di circostanze intollerabili che devono imporci una attenta riflessione rispetto al gran lavoro che ancora occorre espletare per condividere il valore della libertà.

Con immutato orgoglio, però, da italiani, possiamo e dobbiamo ispirarci e ricordare chi, con sentimenti autentici di solidarietà, decise di opporsi e ribellarsi alla crudeltà dei nazifascisti: persone semplici, mosse da sentimenti di umanità e coraggio, che ci permisero di conquistare quelli che oggi rappresentano i nostri diritti inviolabili, costituzionalmente garantiti.

Il 25 aprile è dunque proprio questo, consapevolezza e speranza.

L’ auspicio è che questo 25 aprile 2023 riporti la speranza di guardare al futuro con ottimismo, con la stessa forza e spirito della lotta antifascista che portò alla nascita della nostra Repubblica libera e democratica.

Viva il 25 aprile, viva la Repubblica, viva l’Italia.

Avv. Christian Giordano
Presidente della Provincia di Potenza

INTERVENTO CONCLUSIVO S.E. IL PREFETTO DOTT. MICHELE CAMPANARO 

Il Prefetto di Potenza

Saluto le cittadine e i cittadini presenti, le autorità civili, militari e religiose, i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, il Presidente ed il Vicepresidente della Consulta provinciale degli studenti, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo “Don Milani” di Potenza ed i numerosissimi alunni delle Scuole primarie della provincia che hanno partecipato con entusiasmo al concorso di idee sul valore del 25 aprile, inviando centinaia di elaborati, tutti pubblicati stamattina sul sito della Prefettura. I giovani, che risorsa straordinaria per il nostro futuro!
Un saluto particolare va ai partigiani, per il contributo che hanno dato alla storia del nostro Paese, come continua a testimoniare l’ ANPI presente oggi con la sua delegazione.
Siamo qui non solo per un esercizio di memoria, ma per rendere concretamente omaggio, attraverso i nostri comportamenti, a chi si è battuto per la libertà a costo della propria vita. Non mi piace pensare a questo giorno come semplice celebrazione, ma come occasione per riprendere le nostre radici e per rinnovare la nostra responsabilità verso questo Paese.
La nostra Repubblica nasce, infatti, dal 25 aprile 1945 e questa festa nazionale deve continuare a rappresentare momento di formazione civile, di memoria, di speranza per il futuro, di riflessione sui valori che uniscono e tengono viva la Nazione, cioè i valori della Costituzione repubblicana. Nel percorso che va dall’8 settembre 1943 alla Liberazione troviamo le fondamenta della nostra Costituzione.
Rinascita, unità e coesione sono i sentimenti che hanno consentito al Paese di archiviare con la Liberazione la pagina più nefasta della sua storia.
L’Italia che esce dall’Armistizio è un Paese senza unità, che raccoglie macerie materiali e morali: distrutto dalla guerra e ferito da vent’anni di dittatura fascista, con la perdita della libertà.
Fu grazie alle donne e agli uomini della Resistenza, capaci di compiere scelte radicali e dolorose ma coerenti, con un insopprimibile desiderio di libertà e giustizia, che riuscimmo ad affrancarci dall’oppressione nazi-fascista e iniziare un nuovo cammino.
Abbiamo il dovere di ricordare e, per i più giovani, di conoscere il travaglio umano e morale, le vicissitudini che affrontarono i patrioti italiani che si opposero coraggiosamente al fascismo, gli insegnamenti che ci hanno lasciato: non solamente per celebrarne le gesta, ma per comprendere meglio con quale forza dobbiamo affrontare le sfide che presente e futuro ci pongono.
Per farlo dobbiamo tenere presenti le grandi figure della Resistenza, persone straordinarie come Sandro Pertini, Ferruccio Parri, Luigi Longo, ma anche le piccole storie spesso anonime, quelle di migliaia di nostri concittadini che nascosero i ricercati, aiutarono i partigiani, fecero le staffette o combatterono mettendosi al servizio di un ideale comune; donne e uomini che scelsero, ognuno secondo le proprie possibilità, di fare la propria parte per ritrovare, in coerenza con le nostre tradizioni, l’umanità tradita dai soprusi della dittatura.
La storia della Liberazione poggia, in fin dei conti, su questi due pilastri: il riscatto della dignità perduta e l’assunzione di responsabilità in prima persona.
Resistere fu anzitutto un’assunzione di responsabilità personale, spesso pagata con la vita. Una disponibilità al sacrificio, una scelta rischiosa fatta come atto di amore per la Patria, per la propria comunità. Un regalo alle generazioni che sarebbero venute dopo.
Questo è il lascito più vivo della Resistenza, il cui valore morale si è proiettato oltre il significato storico e politico di quella esperienza. Quel patrimonio di ideali e di valori ha continuato a parlarci a lungo e ci sostiene, oggi, nelle difficoltà del presente.
Le conquiste politiche, sociali, culturali, i diritti, la libertà di opinione, di voto, di associazione, di cui oggi godiamo, trovano il loro saldo radicamento nel 25 aprile. Grazie alla Repubblica e alla sua Costituzione nate dalla Resistenza, furono estesi a tutti, senza eccezioni: a chi partecipò al movimento di Liberazione, a chi lo sostenne, ma anche a chi se ne sentì estraneo, persino a chi li combatté.
Le madri e i padri della Resistenza ci hanno affidato un compito che non può certamente considerarsi esaurito nell’unico giorno dedicato alle celebrazioni ma richiede comprensione, approfondimento, riflessione.
La dignità umana è necessariamente figlia della libertà e dell’uguaglianza, come ebbe a ricordare Luigi Einaudi, nel giorno del suo insediamento come Presidente della Repubblica nel 1948, davanti al Parlamento italiano, definendo proprio questi due principi cardine così come scolpiti nella nostra Costituzione: «Essa afferma due principi solenni: conservare della struttura sociale presente tutto ciò e soltanto ciò che è garanzia della libertà della persona umana contro l’onnipotenza dello Stato e la prepotenza privata; e garantire a tutti, qualunque siano i casi fortuiti della nascita, la maggiore uguaglianza possibile nei punti di partenza».

Oggi, il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci ricorda anche che per comprendere la Resistenza, il suo significato, la sua fondamentale importanza nella storia d’Italia occorre partire dalla sua radice più autentica e profonda, la rivolta morale, così come descritta efficacemente dal beato Teresio Olivelli, figura nobilissima e partigiano martire: «La nostra è anzitutto una rivolta morale. È rivolta contro un sistema e un’epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione dell’esistenza».
Una rivolta, contro un sistema che aveva lacerato oltre ogni limite.
Ripercorriamo insieme ciò che accadde: con l’occupazione nazista di parte dell’Italia iniziarono le stragi di civili, le rappresaglie, le fucilazioni e le impiccagioni, le torture, la caccia agli ebrei, le deportazioni, i lager.
Contro tutto questo si ribellarono molte coscienze nel nostro Paese: patrioti antifascisti che non avevano mai smesso di credere in un futuro migliore; militari abbandonati a se stessi dopo l’armistizio, che difesero e onorarono con sacrificio, talvolta con vero e proprio eroismo, la Patria; più semplicemente donne e uomini, nelle città e nelle campagne, che non avevano smesso di credere che ogni persona va rispettata e che la sua dignità non può mai essere violata.
Tante e diverse furono le storie, tante e diverse le motivazioni. L’insieme di tutte queste fu la Resistenza.
Il popolo italiano seppe reagire e recuperare gli ideali di libertà, di indipendenza, di solidarietà, di fratellanza, di umanità, di pace che avevano ispirato i migliori uomini del Risorgimento, mettendo in pratica quelli che poi saranno i futuri principi costituzionali: nessuno può essere perseguitato né per ragioni di razza, né per ragioni di religione, né per ragioni di pensiero, né per ragioni di genere, né per ragioni di condizione sociale.
Carissime ragazze e carissimi ragazzi, se vogliamo dare realmente un senso alla Liberazione e festeggiarla nel suo profondo significato, ricordiamoci di non essere mai indifferenti, di non voltarci mai dall’altra parte, di scegliere sempre di stare dalla parte giusta, quella della democrazia e della libertà, così come fecero le donne e gli uomini della Resistenza, combattendo ovunque la barbarie del nazismo e del fascismo.

È bene oggi chiedersi, dopo settantotto anni, quale traccia sia rimasta di questa consapevolezza. Cosa significa oggi, soprattutto per le generazioni più giovani, parlare di Resistenza. E’ necessario farlo nel tempo che viviamo, stretto tra le ferite profonde prodotte dalla pandemia e dalle nuove guerre dell’oggi.
Resistere allora significò combattere, rischiare di morire. Ma significò anche curare, accogliere perseguitati, testimoniare la propria umanità. Significò scrivere e parlare. Preparare con le idee nuove il tempo della libertà per tutti. Significò coraggio e speranza.
Nel momento più buio e drammatico della nostra storia molti italiani, a prescindere dalle appartenenze politiche, culturali e religiose, risposero prima di tutto alla loro coscienza per opporsi alla violenza, alla dittatura, all’ingiustizia. In nome della libertà.
Propongo di fare nostre e di praticare le parole del Presidente Sergio Mattarella: «O si promuove la pace e la collaborazione o si prepara lo scontro futuro. Non ci può essere pace soltanto per alcuni e miseria, fame, guerre, per altri: queste travolgerebbero anche la pace di chi pensa di averla conseguita per sempre».
Concludo ricordando che questi giorni stiamo celebrando, in tutta la regione, il centenario della nascita di un nostro illustre lucano, Rocco Scotellaro. Come Prefetto di questo capoluogo trovo sia importante commemorarlo proprio oggi, prendendo spunto dal patrimonio morale e culturale che egli ci ha lasciato.
Scrittore, poeta e intellettuale, politico impegnato, Scotellaro ha segnato la cultura e la storia del Novecento. Un’esperienza umana e artistica, purtroppo breve, ma che non smette di suscitare grande interesse per i contenuti e i valori che ha saputo esprimere, ben oltre la modernità.
Ricordiamo allora che la storia di Scotellaro viene direttamente dai Comitati di Liberazione, è figlia della Resistenza ed è un esempio di fulgida crescita e riscatto morale del Meridione abbandonato: inizia il 4 dicembre 1943, quando il ventenne Rocco prende la tessera del partito socialista e fonda una sezione intitolata a Giacomo Matteotti. La sua energia, l’instancabile lavoro di sensibilizzazione trovano riscontro nelle urne, prima impegnandosi per il referendum del 2 giugno del 1946 e, dopo, nel voto amministrativo, quando viene eletto Sindaco di Tricarico.
La sua azione da Sindaco, eletto a soli 23 anni, è chiara e pragmatica e le priorità sono le necessità dei suoi concittadini: dalla sanità alla scuola, dal lavoro ai servizi sociali. Il 7 agosto 1947  Scotellaro inaugura l’ospedale del paese, che diventa il terzo della regione; combatte l’analfabetismo, decidendo la costruzione dell’edificio scolastico, si occupa delle strade e dei quartieri più poveri, dispone la concessione delle terre garantendo il lavoro a cento braccianti.

Pensate, ragazze e ragazzi, quale modernità di pensiero!
A questo grande patriota, figlio della Resistenza italiana, voglio dedicare, da lucano, il nostro 25 aprile.

Lo faccio leggendo, infine, questi suoi versi:
La mia bella Patria
Io sono un filo d’erba
un filo d’erba che trema.
E la mia Patria è dove l’erba trema.
Un alito può trapiantare il mio seme lontano.

Questa di oggi è una festa che appartiene a tutti gli italiani che amano la libertà figlia della Resistenza. 

Viva il 25 aprile! Viva la Liberazione! Viva l’Italia!


Michele Campanaro

SIMONA BONITO Pari Opportunità Provincia di Potenza

Per la prima volta, durante la cerimonia in occasione del 25 aprile mi sono soffermata sul verbo “cadere” anziché sul verbo “resistere

Ho pensato che cadere presuppone l’inciampo, rimanda alla corsa per raggiungere qualcosa, ed è stato proprio nella corsa verso la libertà che tanti uomini e donne sono “caduti

“Preparare con parole nuove il tempo della libertà”

ha detto il Prefetto della Provincia di Potenza, Michele Campanaro nelle sue conclusioni, e allora penso che inciampare nella libertà non può che essere il modo migliore per riscattare chi in quella libertà, credendoci, ha perso la vita!

Un plauso particolare ai ragazzi della Consulta provinciale degli studenti Armando Mastromartino e Giulio Pedota per il loro sguardo verso il futuro e per la loro inarrestabile passione!

#25aprilesempre
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