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NON È UNA FESTA DI MIMOSE, C’È MOLTO ALTRO OLTRE AI FIORI

L’editoriale di Maria Fedota

La giornata è cominciata con messaggi e messaggi, email su email perché è la giornata internazionale della donna (chiamata semplicemente “festa della donna”). Sembra una festa per le donne che ricorre l’8 marzo, così come la festa del Papà o della Mamma. Insomma una festa per l’orgoglio femminile, certo, ma anche per regalare fiori o riceverne. Un mazzo di mimose da parte di amici, fidanzati e mariti. Insomma una festa consumistica come tante altre. Invece questa giornata ha un profondo significato che oggi nessuno probabilmente ricorda più e sembra quasi che si festeggi la donna contro la scarsa considerazione che ancora in molti campi si ha di essa. È invece una festa simbolo che si festeggia ogni anno dal 1909 negli Stati Uniti, dal 1911 in molti Paesi Europei e in Italia dal 1922. È una ricorrenza in ricordo delle varie conquiste faticosamente raggiunte sia nel campo sociale che politico che economico e soprattutto per ricordare ancora oggi le discriminazioni e le violenze che molte donne, nonostante tutto, subiscono in tante parti del mondo e che non si riescono a fermare. Il significato è importante e di grande valore. E come simbolo va ricordato e mai dimenticato. A volte vedere quanto le situazioni importanti diventino fasulle e superficiali ti fa sembrare questa festa ridicola. Svuotata del suo significato, specialmente se pensiamo ai Paesi in cui alle donne è ancora vietato il voto o semplicemente uscire di casa non accompagnate o poter studiare. Mi hanno fatto riflettere le parole della prima donna Premier in Italia che quest’anno si accinge a ricordare questa data storica. «L’8 marzo secondo me non deve essere una giornata di rivendicazione di quello che gli altri devono concedere alle donne. Io penso che l’8 marzo debba essere una giornata di orgoglio e di consapevolezza di quello che noi possiamo fare, piaccia o no agli altri. Ed è esattamente il messaggio con il quale mi sento di spronare tante donne che magari pensano di non poter andare oltre un determinato obiettivo e che invece devono ricordare – e noi faremo il possibile perché abbiano gli strumenti per farlo – che con la volontà, con l’orgoglio e con la consapevolezza si può raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo». È quanto affermato dal presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, nel suo intervento alla presentazione del nuovo allestimento della Sala delle Donne alla Camera dei deputati. Dopo aver raccontato la sua esperienza di donna in politica e gli “sguardi quasi divertiti” di cui si è più volte sentita oggetto, il premier rivolgendosi “alle donne di questa Nazione” ha affermato che «il fatto di essere sempre, o quasi sempre, sottovalutate è un grande vantaggio, perché sì, spesso non ti vedono arrivare. E noi dobbiamo essere consapevoli di questo vantaggio purché non siamo vittime di quel pregiudizio, purché noi non consideriamo che il ruolo che altri hanno definito per noi sia anche il ruolo al quale possiamo ambire, perché questo tabù delle volte colpisce anche le donne. È capitato anche a me: anche io delle volte mi sono quasi fatta a convincere che forse il mio posto era un altro. Poi, sono un anticonformista e quindi il mio anticonformismo fortunatamente ha avuto la meglio». «Il messaggio che io ho, alla vigilia dell’8 marzo, per le donne di questa Nazione è questo: il punto – ha spiegato – non è quale sia il ruolo che gli altri hanno deciso per te, il punto è se tu lo accetti. Questo è quello che a mio avviso deve fare la differenza» ha lanciato Meloni. Parole che mi sento di condividere in pieno. Probabilmente oggi le lotte che le donne affrontano in molti Paesi Occidentali non sono quelle che hanno spinto a dover necessariamente ricordare l’importanza del mondo femminile con una data storica. Le esigenze sono mutate e le battaglie sono decisamente di senso opposto. Non una celebrazione della superiorità o singolarità della donna. Non una festa. Non l’occasione per cenare al ristorante con menù “dedicati alle donne”. L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna e ha una valenza precisa La giornata dell’8 marzo raccoglie il testimone di centinaia e migliaia di donne che hanno manifestato prima di noi per ottenere i diritti civili, sociali ed economici di cui oggi godiamo. Per perpetrare il loro ruolo e farci protagoniste di nuove lotte, smontare tutti i falsi miti che ruotano intorno a questa giornata è un primo passo. Le battaglie da cui l’8 marzo nasce sono rivendicazioni di diritti e uguaglianza: le donne, ben lontane dall’essere “dolcemente complicate”, che rivendicano le stesse possibilità. Non in nome di una superiorità “in quanto donna”, migliore, più fragile, più intelligente, più sensibile, ma per la rivendicazione di essere uguali nei diritti. Oggi ci battiamo non solo per la violenza fisica sulle donne, ma contro la violenza di genere tout court: violenza domestica, violenza politica, discriminazione, gender gap, mancanza di diritti di riproduzione, di politiche sociali assenti, omofobia e transfobia, razzismo, rappresentazioni sessiste del corpo femminile. Lo sciopero non è riservato solo alle donne, ma si amplia a tutti coloro che combattono la misoginia e sostengono l’autodeterminazione di tutte le donne. L’otto marzo si accorda bene con il verbo “lotto”, capace di restituire il vero senso di questa giornata. Non una festa, ma l’occasione per incontrarsi e manifestare insieme. Più che una festa di mimose dovrebbe essere una protesta, silenziosa, ma vera, in nome della quale si dovrebbe cercare di fare qualcosa per aiutare le mille associazioni che si battono per le donne. Partecipare alle esigenze delle altre donne è più importante che non farsi degli auguri per consuetudine.

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