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I NUMERI DEL CANCRO 2022

Su tale base, Fondazione AIOM ha deciso di lanciare una campagna di raccolta firme a sostegno della proposta di una legge sul Diritto all’Oblio Oncologico, accompagnata da una campagna social per diffondere la conoscenza del problema della discriminazione del paziente oncologico guarito a tutta la cittadinanza

Impatto della infezione da SARS-CoV-2 in oncologia 


La nuova edizione de

“I numeri del cancro 2022”

è disponibile sul sito #aiom, scaricala qui: 

https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2022/12/2022_AIOM_NDC-web.pdf

#numeridelcancro2022

Dopo anni di attività scientifica e medica in larga parte dedicata allo studio delle manifestazioni neoplastiche e tumorali, è per me particolarmente significativo intro- durre, in qualità di Ministro della Salute, la nuova edizione de “I numeri del cancro 2022”, uno strumento prezioso per porre l’attenzione su un ambito prioritario nelle politiche sanitarie del nostro Paese.
Nato dalla collaborazione tra AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, ONS (Osservatorio Nazionale Screening), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e SIAPEC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica), il volume costituisce un supporto di grande va- lore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamen- te, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza.
Come emerge dall’analisi, a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progres- si, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia.
Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neo- plastiche.
Inoltre, per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti du- rante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si consi- dera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati inter- venendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita.

Alla luce di questo scenario, è quanto mai urgente puntare sul tempestivo ripristi- no dei programmi di screening e di tutte quelle iniziative essenziali per fronteggiare una delle sfide principali per la salute globale.
Ritengo fondamentale che i malati rimasti indietro in questi anni di pandemia e tutti i cittadini, a prescindere dalle condizioni socio-economiche e dal luogo in cui abitano, possano accedere ad una sanità territoriale più efficiente, più forte e più equa. È questo un impegno che considero indifferibile e verso il quale mi assumo personal- mente la massima responsabilità.

prof. Orazio Schillaci
Ministro della Salute

Introduzione
In questa dodicesima edizione dei “Numeri del cancro in Italia” tornano i dati ag- giornati di incidenza dei tumori, un’importante misura epidemiologica assente nella scorsa edizione. La pandemia da COVID-19 ha, infatti, aumentato le difficoltà di pro- durre stime sulle incidenze delle neoplasie, insieme a numerosi cambiamenti nella prati- ca medica dovuti ai tentativi di arginare la pandemia. Anche la raccolta dei dati da parte di molti registri tumori di popolazione ha subito rallentamenti e disfunzioni, mentre solo pochi registri hanno potuto aggiornare i dati delle nuove incidenze neoplastiche.
La riorganizzazione sanitaria e il blocco delle attività, volti a limitare la diffusione della pandemia da COVID-19, hanno avuto un forte impatto sulle nuove diagnosi di tumore in generale in tutto il mondo e, in particolare, in quelle oggetto di screening. I sistemi sanitari hanno risposto alla pandemia cercando di riorganizzare e adattare l’al- locazione delle risorse sanitarie, il personale e le infrastrutture per ridurre al minimo il rischio di esposizione dei pazienti, soprattutto in campo oncologico. Come conseguen- za, un calo delle diagnosi di tumore si è osservato, nella prima fase pandemica, per quasi tutte le sedi tumorali e in tutti i Paesi.
In Italia, la pandemia ha causato un aumento della mortalità dei pazienti oncologici, soprattutto nei maschi, in età avanzata, in quelli con tumore diagnosticato da meno di 2 anni, o con tumori ematologici. La pandemia ha anche determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, in parte legato all’interruzione degli screening oncologici, in parte al rallentamento delle attività diagnostiche. Per molte sedi tumorali, questi rallentamen- ti e interruzioni di attività hanno causato uno shift da forme precoci verso quelle più avanzate, anche se con una forte variabilità geografica, correlata alla diversa attitudine alla partecipazione ai programmi di prevenzione secondaria e alla capacità di “recupero” del sistema sanitario.
La stima del numero di nuovi casi di tumore nel 2022, in Italia, è stata effettuata partendo dai dati puntuali della International Agency for Research on Cancer (IARC, Lione) per gli anni 2020 e 2025. In questo periodo, la IARC stima che, in Italia, il nu- mero complessivo di nuove diagnosi (esclusi i tumori della cute non melanoma) passi, negli uomini, da 199.500 a 213.800 e, nelle donne, cresca da 183.200 a 189.500. Nel 2022 in Italia, saranno 390.700 le nuove diagnosi di tutti i tumori (205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne). Erano 376.600 (194.700 negli uomini e 181.900 nelle donne) nel 2020.

L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti. Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decre- scente dei tassi di incidenza osservato dopo aggiustamento per età. Una osservazione che invita sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, tramite il controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla scarsa attività fisica, dall’abuso di bevande alcoliche e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro.
I dati PASSI sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comporta- mentali emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione della prevalenza di fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In questo scenario, i dati rac- colti in piena pandemia da COVID-19, durante il biennio 2020-2021, segnano un mo- mento di accelerazione di questi trend per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi.
Nel 2021 si è osservato, inoltre, un ritorno ai dati pre-pandemici anche per quanto riguarda la copertura dei programmi di screening. L’emergenza sanitaria, però, ha mes- so in risalto ancora di più le fragilità di questi programmi, già evidenti in epoca pre- pandemica. L’obiettivo non è recuperare i ritardi indotti dalla pandemia, ma ottenere livelli di copertura ottimali che, in alcune aree del Paese e per alcuni programmi, non si sono raggiunti nemmeno prima dell’emergenza causata dal virus. Perché più i livelli di copertura saranno elevati, maggiore sarà la nostra capacità di fare diagnosi precoce.
Importante anche l’aggiornamento al 2021 dell’indagine curata dai segretari del Gruppo Italiano di Patologia Mammaria (GIPAM) e del Gruppo di Studio di Patologia dell’Apparato Digerente (GIPAD) della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia (SIAPeC), per descrivere l’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sui tratta- menti chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto. I risultati di questa inda- gine aggiornata fanno emergere, in generale e per entrambi i tumori, un aumento dei casi operati nel 2021 rispetto al 2020 e un aumento della percentuale dei tumori pTis (cioè in stadio iniziale) nel 2021 rispetto agli anni precedenti, sia nella mammella che nel colon-retto, a conferma di una ripresa dell’attività di screening oncologici. Va inoltre segnalato un aumento in entrambi i tumori delle categorie N0 e N1a, verosimile indica- tore di una presa in carico più precoce dei tumori diagnosticati.
Un capitolo del libro è dedicato alle strategie da implementare, a livello nazionale e internazionale, per un mondo “HPV free”. Durante l’emergenza sanitaria da COVID-19, si è assistito alla riduzione o sospensione delle attività vaccinali. In particolare, nel no- stro Paese, le coperture vaccinali (ciclo completo) anti-HPV nel 2020, sia per le femmine che per i maschi, mostrano un significativo calo rispetto al 2019.
La vaccinazione anti-HPV costituisce il primo pilastro della “Call for action” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’eliminazione del cancro alla cervice uterina. L’obiettivo dell’OMS è “un mondo libero dal cancro cervicale entro il 2030”. La strategia globale per eliminare questa neoplasia, proposta dall’OMS, prevede che tutti i Paesi lavorino per raggiungere un’incidenza del tumore inferiore a 4 casi annui ogni 100.000 donne. E, per ottenerla, è necessario arrivare al 90% della copertura per la vaccinazione anti-HPV.

In questo volume abbiamo inoltre approfondito, nel capitolo a firma del prof. Paolo Vineis dell’Imperial College di Londra, gli aspetti relativi al rapporto tra inquinamento ambientale e cancro, ponendo il problema nella più ampia prospettiva della crisi am- bientale e del cambiamento climatico.
Il continuo aggiornamento e monitoraggio dell’epidemiologia oncologica in Italia permette di valutare l’impatto delle strategie di prevenzione dei tumori e dei sistemi diagnostico-terapeutici nazionali. I numeri e gli andamenti della patologia neoplasti- ca riportati in questo volume possono diventare un riferimento in sanità pubblica in merito a scelte e programmazioni future, che dovranno tener conto della necessità di investimenti importanti in termini di prevenzione primaria, per ridurre il rischio di ammalarsi di tumore.
Il cancro è, infatti, la patologia cronica potenzialmente più prevenibile ed oggi anche più “curabile” rispetto al passato. Un sincero ringraziamento a quanti hanno contribuito alla realizzazione di questa dodicesima edizione del volume “I numeri del cancro in Italia”, agli operatori dei Registri Tumori, agli anatomo-patologi, agli on- cologi, all’Osservatorio Nazionale Screening, all’Istituto Superiore di Sanità e a tutti gli operatori sanitari che ogni giorno sono impegnati nell’offrire assistenza e cura ai pazienti oncologici.

Saverio Cinieri
Presidente AIOM
Giordano Beretta
Presidente Fondazione AIOM
Fabrizio Stracci
Presidente AIRTUM
Paola Mantellini
Direttrice Osservatorio Nazionale Screening
Maria Masocco
Responsabile PASSI e PASSI D’Argento, ISS
Anna Sapino
Presidente SIAPEC-IAP
Diego Serraino
Direttore, SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano


4.7 Diritto all’oblio oncologico

Giordano Beretta
Dipartimento Onco-ematologico – U.O. Oncologia Medica – ASL Pescara, Presidio Ospedaliero Pescara

Vari fattori impattano sulla prevalenza (numero delle persone vive con una precedente diagnosi) delle patologie oncologiche.
Ruolo rilevante è sostenuto dall’aumento della durata della vita media, dal momento che la senescenza è uno dei principali responsabili dell’aumento di incidenza, essendo la patologia oncologica più frequente all’avanzare dell’età. Ruolo altrettanto importante è dato anche dall’aumento dell’aspettativa di vita dopo la diagnosi di una patologia oncologica.
I miglioramenti diagnostici, soprattutto nell’ambito delle conoscenze di biologia molecolare, consentono oggi una più accurata definizione di malattia (diagnosi e stadiazione), cui segue un trattamento sempre più mirato e con maggiori probabilità di risultato positivo.
La diffusione degli screening -purtroppo interrottasi in parte nel periodo della pandemia- consente una diagnosi più precoce, con un conseguente incremento dell’indice terapeutico (risultati migliori a parità di trattamento).

I miglioramenti dei trattamenti e la diffusione della multidisciplinarietà consentono, inoltre, una migliore strategia terapeutica con miglioramento dei risultati a lungo termine.

Tutti questi aspetti fanno sì che il numero di persone vive dopo una diagnosi di tumore sia stato, negli ultimi anni, sempre in incremento. Nel 2020, ultimo anno con dati statistici robusti pre-pandemia, è stata stimata una prevalenza di oltre 3 milioni e seicentomila pazienti prevalenti, circa il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima, con un aumento annuo, in Italia, di circa il 3% all’anno.

Ma chi sono questi pazienti❓

I maggiori incrementi in 10 anni si sono osservati per gli uomini con tumore alla prostata (+85%) e per donne e uomini con tumori della tiroide (+ 79%); i pazienti vivi oltre 20 anni dopo la diagnosi sono incrementati del 45%.

Schematicamente possiamo suddividere i casi prevalenti in almeno 4 categorie:

• I soggetti in fase acuta, che sono comprensivi sia dei soggetti con diagnosi recente che dei soggetti che, dopo un trattamento primario, abbiano sperimentato una fase di remissione e successivamente una recidiva della malattia;
• I soggetti in cui la malattia sia cronicizzata, grazie agli avanzamenti terapeutici, in cui è presente una malattia in fase attiva, ma la stessa è sotto controllo con i tratta- menti che consentono sopravvivenze lunghe e qualità di vita adeguata pur se con persistenza della malattia;
• I soggetti in fase terminale di malattia, in cui i trattamenti attivi contro la neoplasia non hanno più efficacia e per i quali sono indicati solo trattamenti sintomatici con lo scopo di migliorare la qualità della vita;
• Infine, i pazienti guariti.
Il termine guarito in oncologia è stato spesso sottoutilizzato, preferendogli termini
come lungo-sopravvivente o, addirittura, sopravvissuto. In realtà è da tempo noto che esistono pazienti che possono, con ragionevole probabilità, essere considerati guariti.

In particolare, si assume che un paziente che abbia avuto una pregressa patologia oncologica sia da considerare guarito quando la sua attesa di vita risulti sovrapponibile a quella delle persone di pari età e pari sesso, non determinando più la patologia oncologica un eccesso di mortalità rispetto alla popolazione generale.
Ovviamente questo è un concetto statistico e non è possibile con certezza assoluta escludere per ogni singolo individuo la possibilità di morire per la patologia oncologica.

Posto quindi che è possibile definire una condizione di guarigione per il paziente oncologico, appare importante definire come essa possa essere calcolata.

Due sono gli strumenti che possono essere utili in questa analisi:

(1) la frazione di guarigione, cioè il numero di pazienti affetti da quella patologia che non morirà per la patologia medesima;

e (2) il tempo alla guarigione, cioè il tempo necessario perché, nella media dei soggetti con pregressa diagnosi, la patologia oncologica non determini rischio aggiuntivo di morte.
Per precisione statistica, il dato andrebbe analizzato per singole fasce di età. Infatti in un soggetto più anziano le cause di mortalità competitiva, determinate da altre patologie tipiche dell’avanzare dell’età, sono talmente numerose che superano il rischio di mortalità per tumore.
Esistono, però, delle patologie in cui la frazione di guarigione è così elevata ed il tempo alla guarigione così breve che, oltre ogni ragionevole dubbio, il paziente può essere considerato guarito trascorso un certo tempo dalla diagnosi, essendo il rischio aggiuntivo di morte così basso da non essere rilevante anche in assenza di mortalità competitiva.

Inoltre, il rischio di morte per la patologia oncologica è influenzato, oltre che dalla tipologia di neoplasia, dallo stadio alla diagnosi e dalla disponibilità di trattamenti curativi.

Le frazioni di cura variano da oltre il 90% per i pazienti di età inferiore ai 45 anni con tumori della tiroide e del testicolo a meno del 10% per pazienti di tutte le età con tumori del fegato o del pancreas.

È ragionevole, quindi, affermare che per ogni patologia oncologica andrebbero stabiliti tempi differenti per definire una persona “guarita”.
Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i dieci anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata realmente guarita.

Fanno eccezione a questa regola alcune neoplasie in cui il tempo di guarigione è più lungo, e le neoplasie insorte nell’età infantile ed adolescenziale in cui tale tempo può essere ragionevolmente ridotto a cinque anni.

Il fatto che una persona a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma: da “cancro male incurabile” a “cancro unica patologia cronica da cui si può guarire”; non necessariamente si guarisce, questo purtroppo non è ancora il caso, e difficilmente lo sarà in assoluto in futuro, però si può guarire.
Questo cambio di paradigma può diventare anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi.

La definizione di paziente oncologico guarito può, quindi, avere anche un ruolo positivo per la sanità pubblica.
Sebbene il paziente oncologico possa, nel suo percorso, giungere ad un punto in cui può essere considerato guarito dal punto di vista medico, questo spesso non corrispon- de ad una guarigione giuridica e sociale.
Il/la paziente oncologico/a guarito/a rischia di incontrare concrete difficoltà nella sua vita quotidiana quando, ad esempio, cerchi di stipulare una assicurazione sulla vita, o richieda un mutuo od un finanziamento bancario per avviare una attività.

Meno difficoltà, o quanto meno non difficoltà esplicite, incontra nel mondo del reinserimen- to lavorativo, ma la situazione professionale delle persone con diagnosi di cancro ha dimostrato di deteriorarsi considerevolmente due anni dopo la diagnosi.

Può, inoltre, avere un più impegnativo percorso di adozione, sebbene non ci sia alcuna norma che controindichi l’adozione neppure a pazienti che non è possibile dichiarare guariti, in assenza di un rischio di morte immediata.

La problematica presenta aspetti culturali che richiedono la necessità di una informazione per tutti i cittadini (e spesso anche per la classe medica) e di formazione specifica per taluni operatori, quali ad esempio i magistrati, con impatti reali nel mondo assicurativo e bancario. In effetti, una diagnosi di cancro è ancora considerata equivalente a una ridotta aspettativa di vita e lo stigma rimane, indipendentemente dalle condizioni effettive della cura o alla cronicizzazione della malattia cronica.
Proprio sulla base di queste difficoltà alcuni Stati Europei hanno promulgato delle leggi ad hoc per definire i termini secondo i quali le compagnie assicurative possono richiedere informazioni circa una pregressa patologia oncologica.
Capostipite di questo percorso è stata la Francia che ha dapprima, nel 2015, stilato un protocollo con le Società assicuratrici che escludeva la possibilità di richiedere informazioni circa il passato oncologico di pazienti liberi da malattia da dieci anni, se la malattia era insorta in età adulta, o 5 anni in caso di patologia insorta in soggetti minorenni.

Dopo circa due anni questo protocollo è stato sostituito da una legge a cui sono state allegate tabelle per definire anche le situazioni in cui il tempo dalla diagnosi per limitare la richiesta di informazioni debba essere addirittura inferiore a quanto previsto dalla normativa generale sulla base del tipo di patologia e dello stadio alla diagnosi.

La Francia è poi stata seguita dal Lussemburgo, dal Belgio, dall’Olanda, che hanno promulgato leggi simili e, successivamente, dal Portogallo, nella cui legge, estesa anche ad altre patologie croniche, è vietato anche di richiedere informazioni per una patologia in cui non si sia ancora raggiunta la guarigione ma si sia mitigato il rischio, aprendo quindi la strada ad una futura gestione dei malati cronici.

Ultimamente, la Francia ha promulgato un’altra legge che prevede sanzioni per le compagnie assicuratrici che non rispettino quanto previsto dalla precedente normativa.
Infine, la risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su “Rafforzare l’Europa nella lotta contro il cancro – verso una strategia globale e coordinata” invita gli Stati membri a promuovere la permanenza sul lavoro dei sopravvissuti al cancro, la capacità di tornare al lavoro e migliorare il reinserimento nelle attività sociali e nel mercato del lavoro, nonché a favorire misure per la loro riabilitazione.

Invita, inoltre, tutti gli Stati membri a garantire a tutti i pazienti europei il diritto all’oblio 10 anni dopo la fine del trattamento e fino a cinque anni dopo la fine del trattamento per i pazienti la cui diagnosi è stata fatta prima dell’età di 18 anni.

Nel febbraio 2022 la Commissione Europea nell’ambito del piano oncologico europeo ha quindi auspicato che tutti gli Stati membri si dotino di una legge sul

“Diritto all’Oblio Oncologico”

e non limitandosi a esplicitare tale concetto auspica che ciò avvenga entro il 2025.

Diventa quindi necessario attuare anche in Italia una legge sul “Diritto all’Oblio”
In Italia il tema è stato sollevato già da anni

Nel 2005 FAVO aveva effettuato una richiesta alla Commissione Europea per una legge sul Diritto all’Oblio Oncologico.
Dopo anni di silenzio nel novembre del 2021, diversi attori (ROPI, AIOM, Fondazione AIOM, Fondazione Veronesi) hanno sviluppato il tema con simposi WEB, incontri alla Camera dei Deputati, articoli di stampa.

Su tale base, Fondazione AIOM ha deciso di lanciare una campagna di raccolta firme a sostegno della proposta di una legge sul Diritto all’Oblio Oncologico, accompagnata da una campagna social per diffondere la conoscenza del problema della discriminazione del paziente oncologico guarito a tutta la cittadinanza.

A tale campagna hanno aderito diverse società scientifiche, associazioni di pazienti e di cittadini e sono state raccolte oltre 74.000 firme in meno di 6 mesi.

L’obiettivo della campagna è raccogliere 100.000 firme per rivolgersi alle istituzioni per la promulgazione di una legge.

La campagna è corredata da un sito web (dirittoal- lobliotumori.org) e da uno slogan

“io non sono il mio tumore”

e verranno realizzate delle camminate non competitive a sostegno della stessa.

Nel frattempo sono state presentate diverse proposte di legge: la prima nel febbraio 2022 a firma della senatrice Boldrini e sostenuta maggiormente dal centrosinistra, la seconda nel maggio 2022 a firma della senatrice Binetti con la collaborazione dell’onorevole Quagliariello e sostenuta dal centrodestra.

Questi due disegni di legge sono stati unificati nella discussione in commissione giustizia iniziata alla fine di giugno 2022.

Nel frattempo è stato presentato alla metà di luglio 2022 un disegno di legge proposto dalla Senatrice Conzatti di Italia Viva, sostituito successivamente con una modifica del disegno da parte della stessa senatrice il cui testo non è ancora disponibile ma che è stato aggiunto alla discussione degli altri due. Infine la senatrice Gaudiano del Movimento 5 Stelle nel luglio 2022 ha presentato un ulteriore disegno di legge.
Tutti questi disegni di legge, pur con lievi differenze nel numero e nella definizione degli articoli, concordano sui tempi di oblio in 10 anni per i tumori dell’età avanzata e 5 anni nel caso dei tumori dei minori, con quindi una sostanziale concordanza tra quasi tutte le forze politiche.

Da ultimo occorre però considerare le perplessità delle compagnie assicurative e degli istituti bancari che temono una difficoltà nella loro gestione economica qualora una legge sul Diritto all’Oblio venisse approvata, per il rischio di impresa che questa potrebbe comportare.
È necessario pertanto sintetizzare la dimensione numerica.
Nella globalità dei pazienti prevalenti i pazienti vivi oltre 10 anni dalla diagnosi sono, sulla base dei dati AIOM-AIRTUM del 2020, 1.411.177.
Non tutti questi pazienti presentano le caratteri- stiche per poter definire un diritto all’oblio che non prevede solo il tempo intercorso dalla diagnosi ma anche l’assenza di recidiva ed il termine dei trattamenti, sempre in assenza di malattia, da almeno 10 anni.

Di questo milione e quattrocentomila perso- ne, considerando la frazione di guarigione e il tempo alla cura, il numero di persone a maggior rischio di morte per la malattia oncologica oscilla tra 60.251 e 214.363 a secondo della tipologia di calcolo, cioè tra il 4 ed il 15%.

Nella realtà, però, la maggior quota parte di questi pazienti a rischio di morte per la malattia oncologica appartiene al gruppo di pazienti recidivati in precedenza e che hanno cronicizzato la malattia con un trattamento tuttora in atto, essendo le recidive tardive, dopo i 10 anni, sostanzial- mente minimali.

La definizione di assenza di malattia e trattamento da 10 anni esclude quindi la quasi globalità dei pazienti a residuo rischio di morte dal conteggio dei soggetti in cui il diritto all’oblio è applicabile.

Occorre inoltre segnalare che una grande parte dei soggetti che hanno avuto la patologia in età adulta raggiunge i dieci anni dalla fine del trattamento in una età in cui il rischio di morte è generalmente elevato.

Inoltre, dal momento che i pazienti oncologici sono sottoposti ad esami di controllo in maniera più assidua rispetto alla popolazione generale gli stessi vanno considerati a più basso rischio di morte per altre patologie.

La mancanza di dati epidemiologici reali su tali aspetti rende difficile quantificare la dimensione del problema nel modo migliore possibile ma è chiaro che il rischio per le società assicuratrici e gli istituti di credito è verosimilmente molto limitato.


Discorso a parte è quello relativo alle persone con patologia oncologica occorsa in età infantile ed adolescenziale, situazione in cui la frazione di guarigione è molto più elevata per molte patologie con tempo alla guarigione più breve.

Queste persone sono proprio quelle che, guarite dal cancro e avendo davanti a loro una lunga vita, potranno richiedere l’accesso ai servizi assicurativi e bancari per costruire il proprio futuro e non dovrebbero essere discriminati per un “incidente di percorso” che hanno completamente lasciato alle spalle.

Sulla base di tutte queste considerazioni non si vede quindi il motivo per cui una legge sul diritto all’oblio oncologico non abbia motivo di essere parte della nostra legislatura.

È una legge etica, è una battaglia di civiltà che dobbiamo assolutamente ottenere.

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