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IL «DISINVOLTO MERCIMONIO» LUCANO

L’ospedale di Lagonegro e la “gestione” dei voti costano al capogruppo di fi Piro il carcere e i domiciliari alla sindaca Di Lascio.

Lagonegro, elezione della sindaca di Lascio, ma anche tanto altro nell’inchiesta dell’Antimafia di Potenza. Come, per esempio, l’accenno, nelle intercettazioni, anche alle politiche del 2022. O prima ancora, alla «operazione» da chiudere «con il Vescovo». Alcuni episodi, per gli inquirenti sono dimostrativi, in relazione a Di Lascio, di «una elevatissima capacità di modificare la realtà a suo piacimento abusando della sua qualità e quindi in grado di sviare le indagini influendo e condizionando soggetti con i quali sarebbe libera di comunicare ove non ristretta agli arresti domiciliari». In vista delle parlamentarie, registrati dall’Antimafia di Potenza, condotte di Piro e Di Lascio di «assoluta gravità» ed altamente sintomatiche della personalità «priva di qualsiasi di freno dei coindagati anche in riferimento agli interessi della comunità». Tra i filoni dell’indagine della Dda lucana infatti vi è anche quello sulla promesse di “pacchetti di voti” ottenuti per le elezioni comunali di Lagonegro nel 2020, poi vinte dall’attuale sindaca Maria Di Lascio, ora agli arresti domiciliari. In particolare, secondo l’accusa, gli indagati – tra i quali l’ex capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale in carcere – hanno ottenuto la promessa dei voti in cambio di «vari favoritismi» in riferimento «al loro pubblico ufficio», come trasferimenti, promozioni, assunzioni e affidamenti di servizi pubblici. «Il disinvolto mercimonio delle pubbliche funzioni al fine di consolidare e accrescere il potere proprio e dei soggetti appartenenti al gruppo emerge inoltre in maniera evidente – scrive il giudice nell’ordinanza – dalle intercettazioni laddove in alcune conversazioni lo scambio di utilità (assunzione promozione/ trasferimento/ per effetto di ingerenze illecite dei Pubblici Ufficiali coindagati in cambio di candidature con annessa messa disposizione del bacino di voti viene espressamente evocato mediante la frase prima vedere cammello parafrasando un celebre detto magrebino riferito agli scambi commerciali». Non solo. Ampiamente descritta, nelle carte dell’inchiesta, una «vera e propria artificiosa creazione di un disservizio», durante il periodo di campagna elettorale delle parlamentarie, «al fine di intervenire per risolverlo e accreditarsi nei confronti della comunità come abili risolutori di qualsiasi inconveniente e in ultima analisi come ottimi amministratori». «Risulta altresì – si apprende dall’ordinanza – il ricorso a ritorsioni e mezzi fraudolenti per condizionare la libertà di opinione politica da parte della Di Lascio in favore del Piro». E quindi il chiedere di «staccare l’antenna» o di «levare le chiavi dell’Acquedotto subito perché si devono impara a campare». Nel mirino il Midi Hotel, ma non solo. Il concetto chiave: «Se si mettono contro, saranno contro a vita, noi stiamo al Comune altri 3 anni, le porte sono sbarrate, possono pure morire, si devono mettere in capo questo». In sintesi: «Esercizio della res publica in maniera egemonica». Di Lascio contattando il tecnico della multinazionale di telefonia mobile e fissa Vodafone, gli diceva: «Tu sai che adesso ci sono le elezioni politiche? C’è qualcuno che non mi vuole bene il quale dice no ma quella si vende che poi lei ha fatto l’intermediazione per poter avere l’antenna ma in realtà tutta l’operazione l’ha fatta la Vodafone di sua spontanea volontà…». «Mi serve mo una cosa – proseguiva la sindaca – che viene proprio a fagiolo. Dovreste sospendere il funzionamento per il tempo dei lavori uno due giorni». Al no dell’interlocutore, la spiegazione della sindaca: «Mi veniva utile, in maniera che noi creavamo il problema». Dall’altro lato, l’opposto diniego motivato dal «non sono elementi da utilizzare in campagna elettorale perché sennò dopo alla fine ci facciamo una brutta figura tutti quanti».

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