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UNA RIFLESSIONE SUL “TENGO FAMIGLIA” DI LONGANESI

Lettere lucane

Quando ero ragazzo giudicavo con severità coloro che non prendevano posizioni nette. Odiavo visceralmente l’ignavia, la viltà, la prudenza. Tanto che, con disprezzo, usavo a mo’ di manganello la famosa frase di Leo Longanesi: in Italia tutti “tengono famiglia”. Oggi penso che sia possibile un compromesso tra verità e potere, tra sincerità e silenzio. La vita non sempre è una netta separazione tra bene e male, e in un Paese come l’Italia, dove il potere politico è assai pervasivo e spesso subdolo, è proficuo muoversi con intelligenza e umiltà, sapendo che atteggiamenti troppo aggressivi, apodittici o moralistici tendono a finire su binari morti – basti osservare la parabola discendente dei grillini. Io sono un padre, e dunque “tengo famiglia”. Questo però non m’impedisce di dire ciò che penso – anche se nessun uomo davvero ragionevole dice tutto ciò che pensa; ma poiché vivo all’interno di relazioni sociali complesse, è ovvio che con il tempo io abbia anche imparato a essere meno frontale, a essere più duttile, a evitare conflitti ideologici o per partito preso. E a dare maggiormente peso alle ragioni degli altri – e finanche ad abbozzare quando un conflitto è inutile oppure prematuro. Da ragazzo mi sarei giudicato criticamente; oggi, invece, io vivo come una conquista questo saper accettare limiti e bisogni, questo saper mediare e fare qualche passo indietro quando è necessario. In fondo la maturità democratica è proprio l’arte di saper rinunciare strategicamente a qualcosa pur di continuare ad avere un ruolo e una voce a livello pubblico. A volte bisogna anche saper perdere qualcosa, per principio; ma la vita sociale è più complessa di quanto si pensi, ecco perché ritengo necessario un saggio equilibrio tra coraggio e prudenza, in quanto più fruttuoso per tutti. In fondo chi è il cretino? Il cretino è uno che fa male agli altri e non fa bene a se stesso.

diconsoli@lecronache.info

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