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I GIOVANI DI OGGI CHE NÉ LAVORANO NÉ STUDIANO

Lettere lucane

Il dato che più mi ha colpito dell’”Atlante dell’infanzia a rischio” di Save the children è questo: in Basilicata il 26% dei giovani né cerca un lavoro né studia per imparare un mestiere. È una percentuale impressionante, che fotografa una condizione sospesa. Facile sarebbe dire che questi giovani sono pigri, abituati ad avere il piatto servito a tavola, figli viziati del benessere – e in parte, diciamolo pure, è così. Ma dirlo sarebbe una scorciatoia, perché la verità è che i nostri giovani ricevono continuamente messaggi contrastanti, tanto che non riescono a capire quale sia la direzione da seguire. Noi adulti che abbiamo acciuffato un po’ di benessere dopo aver conosciuto le ristrettezze in gioventù tendiamo ad assecondarli – perché questo riscatta le nostre durezze, e ci fa sentire migliori. Poi però ci lamentiamo se trascorrono intere giornate sui cellulari, buttando ore e ore su Instagram e Tik Tok. Da un lato li umiliamo ricordando i nostri sacrifici e quelli dei nostri padri, rinfacciandogli la serietà di una civiltà, quella del lavoro manuale, che loro non conoscono, e che noi abbiamo ampiamente rinnegato; dall’altro, per paura di risultare antichi e “pesanti”, li assecondiamo nel loro vagabondare sulla rete, che non li porta da nessuna parte. La stessa scuola vive uno sbandamento, perché il sapere scolastico risulta orma inadeguato per questo tempo in cui ad avere successo sono gli influencer e i trapper, oppure i pochi che hanno vocazioni fortunate in settori complicati come l’informatica, la robotica e le biotecnologie. Il problema si pone per chi non ha simili vocazioni né interesse per il lavoro manuale, troppo spesso considerato, anche grazie alla nostra “emancipazione”, svilente. In ogni caso l’inerzia di questi giovani è anche colpa nostra, perché non abbiamo avuto il coraggio di tirarli fuori dalle bolle in cui si sono rifugiati.

diconsoli@lecronache.info

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