CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: MICHELE BUONINCONTI ~ VITTIMA DEL DESIDERIO DI TANTI DI APPARIRE PALADINI DI UNA NOBILE CAUSA
E poi la procura si è servita di testimonianze tardive e ha ignorato le testimonianze iniziali che avrebbero permesso di chiudere il caso secondo la verità dei fatti. Non ci vuole infatti un esperto di psicologia della testimonianza per capire che le uniche dichiarazioni di cui la procura avrebbe dovuto servirsi sono quelle rilasciate nelle fasi iniziali delle indagini perché con il passare dei mesi il pensiero dei familiari, degli amici e dei testimoni è stato forgiato dal processo mediatico
CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: MICHELE BUONINCONTI ~ VITTIMA DEL DESIDERIO DI TANTI DI APPARIRE PALADINI DI UNA NOBILE CAUSA
Il giorno dopo la scomparsa di Elena, il 25 gennaio 2014, sua sorella Daniela Ceste ha riferito agli inquirenti di aver parlato con Elena la mattina del 23 e che la stessa le aveva detto “di avere problemi alla testa, tant’è che io chiedevo se si trattasse di mal di testa od altro e lei non riusciva a spiegarsi. Sembrava volesse dire qualcosa ma non riusciva ad esprimersi bene”. Quei “problemi alla testa” di cui si lamentò Elena e che non sapeva spiegarsi, erano i prodromi della crisi psicotica che la colpì la notte tra il 23 e il 24 gennaio. Nel momento in cui un delirio nasce o riprende se svanito, lo psicotico sperimenta uno stato pre-delirante detto “wahnstimmung” durante il quale capisce che sta accadendo qualcosa ma non riesce a metterne a fuoco i dettagli.
Ieri sera, la criminologa Ursula Franco, insieme a Fabio Nestola ed Elisabetta Sionis, è intervenuta in diretta youtube nella trasmissione di Davide Stasi, RADIO LONDRA e ha parlato del “terreno di coltura in cui è maturato il grossolano errore giudiziario che ha condotto alla condanna di Michele Buoninconti e alla distruzione della sua famiglia”
Abbiamo colto l’occasione per tornare a farle alcune domande. Alcune settimane fa la Franco ha dichiarato: “Le motivazioni delle sentenze sono la riprova che è stato commesso un errore giudiziario. Nessuno, né la procura né i giudici sono mai riusciti a ricostruire l’omicidio della Ceste in modo logico e in accordo con la casistica perché Elena non è stata uccisa. Le sembra logico che Buoninconti abbia premeditato l’omicidio e abbia poi gettato il cadavere a pochi metri da casa?
Insomma, per i giudici Buoninconti premeditò l’omicidio ma non l’occultamento. E ancora, secondo questa ricostruzione, il pover’uomo, prima di gettare il cadavere della Ceste nel fosso, allertò tutti i vicini, a che scopo?
Per farsi prendere con le mani nel sacco? Peraltro, nessuno ha mai saputo giustificare il fatto che i RIS abbiano escluso che un cadavere fosse stato trasportato sulle auto di Buoninconti.
Michele Buoninconti è un uomo innocente che è stato prima diffamato e poi privato della libertà e dei suoi 4 figli.
La sola lettura critica dell’Ordinanza di Applicazione di Misura Coercitiva datata 27 gennaio 2015 permette di riconoscere l’errore. La verità sul caso Ceste, emersa con forza da subito dalle risultanze investigative, è stata sommersa dal fango”
– Dottoressa, cosa pensa dei centri antiviolenza?
Non sono un’esperta di associazioni o centri antiviolenza, ma credo, e questo vale anche per altre associazioni che conosco meglio, che esistano persone mosse da buoni propositi e altre il cui unico scopo è garantirsi visibilità ed un ritorno economico a scapito della verità e della giustizia. Mi preme sottolineare che lo statuto di un’associazione non sempre coincide con l’associazione de facto. L’associazione è composta da persone in carne ed ossa, quando queste sono incompetenti o disinteressate alla verità, favoriscono gli errori giudiziari o quantomeno non aiutano a “smascherarli”
– Dottoressa, come si approccia un caso giudiziario?
È necessario essere cultori della verità, servono competenze ed equilibrio. Il desiderio di consenso è un filtro che vizia i casi giudiziari e conduce all’errore. Capita sempre più spesso che personaggi privi di competenze, per motivi legati al desiderio di consenso, mistifichino i fatti. Alcuni di questi dissimulano o falsificano nel convincimento errato di essere paladini di una nobile causa. Si tratta della Noble cause corruption che può colpire tutti, giornalisti, pm, consulenti ed è una delle cause di errore giudiziario. Sono stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti, e nulla abbiamo potuto contro il pregiudizio che i giudici dei tre gradi si sono formati in seguito ad un processo mediatico durante il quale la verità è stata sepolta dal fango delle mistificazioni e dei luoghi comuni. E così, sotto gli occhi di tutti, è stato commesso l’ennesimo errore giudiziario, un errore grossolano e paradossale: un uomo innocente è stato condannato a 30 anni di reclusione per un omicidio mai avvenuto. Un caso Ceste non è mai esistito. Non tutte le morti di donne sono ascrivibili a un femicidio. Elena Ceste, è stata uccisa dalle basse temperature. Purtroppo però, il clima di caccia alle streghe in cui è maturata questa vicenda ed il desiderio di tanti di apparire paladini di una nobile causa sono stati fatali non solo al povero Buoninconti ma anche ai suoi 4 figli.
– Dottoressa, com’è morta la Ceste?
Elena Ceste è stata uccisa dall’ignoranza (lo dico in senso buono) e dall’ipotermia. Nessuno dei suoi familiari e conoscenti aveva capito che stava per sviluppare una crisi psicotica, eppure gli ingredienti c’erano tutti. Il povero Michele non ha riconosciuto la crisi psicotica che ha preceduto la sua scomparsa. Durante la crisi psicotica la Ceste si è denudata, si è allontanata da casa, si è nascosta ai suoi immaginari persecutori nel letto del Rio Mersa ed è morta di freddo. E’ tutto agli atti, atti che evidentemente nessuno ha mai letto con il giusto filtro. Il denudamento è una tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici, ce lo dice il DSM- 5, la bibbia della psichiatria e ce lo confermano gli psichiatri con esperienza in tal senso. Il fatto che i carabinieri della stazione di Costigliole e la procura di Asti ignorassero questo dato scientifico li ha condotti a ritenere che il ritrovamento dei resti della Ceste privi degli abiti fosse la prova dell’omicidio mentre non era altro che la conferma della crisi psicotica che l’aveva colpita il giorno della sua scomparsa. E quindi, dopo che per mesi i Media avevano diffuso informazioni veritiere relative ai comportamenti della Ceste, non appena sono stati ritrovati i suoi resti privi degli abiti, si è cominciato a mistificare i fatti in modo da trasformare lei in una “santa” e il povero Buoninconti in un mostro. Un mostro funzionale alla “migliore soluzione del caso per tutti” in termini di ritorno d’immagine. Eppure sono agli atti le testimonianze della famiglia Ceste, testimonianze che provano che Elena stava maturando una crisi psicotica e che Michele non era un orco. Ma, per giustificare un femicidio che non è avvenuto, è stata insabbiata la verità riguardo alle relazioni extraconiugali della Ceste e riguardo alla sua malattia psichiatrica, che, peraltro, in primis, le era stata diagnosticata dallo psichiatra consulente dell’accusa. Un modus operandi che non solo ha condotto alla condanna di un innocente per un omicidio mai avvenuto e alla distruzione di una famiglia già colpita da un grave lutto ma ha lasciato passare il messaggio che, nel terzo millennio, una malattia psichiatrica sia uno stigma di cui vergognarsi. Un segnale di un’arretratezza culturale che fa venire i brividi.
– In sintesi?
In sintesi, Buoniconti è stato indagato e poi condannato perché gli inquirenti, i loro consulenti ed il giudice Roberto Amerio non sono stati in grado di spiegarsi la morte di Elena e il ritrovamento del suo corpo nudo nel Rio Mersa se non con un omicidio. Tale conclusione è il frutto di una ‘tunnel vision’ che ha colpito in primis i carabinieri della stazione di Costigliole d’Asti e poi ha inesorabilmente infettato, proprio come un virus, le conclusioni di tutti. Il denudamento è uno tra i sintomi comportamentali della psicosi. La scienza e la casistica parlano chiaro, esistono migliaia di foto e di video di soggetti psicotici che camminano per strada nudi. Una crisi psicotica non ha né orari né stagioni, il distacco dalla realtà infatti impedisce a chi ne è affetto di percepire il dolore, il freddo o il caldo.
– Dottoressa, come si è arrivati ad incastrare Buoninconti?
Santificando la Ceste e affrancandola dalla malattia psichiatrica e poi cucendo addosso a Buoninconti un vestito che non è il suo.
– Sia più precisa
Mettendo in dubbio la crisi psicotica della Ceste nonostante le innumerevoli testimonianze in questo senso e la consulenza dello psichiatra della procura. Il povero Michele aveva raccontato a familiari, inquirenti e giornalisti i sintomi che la moglie aveva cominciato a manifestare già dal pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa e che si erano esacerbati durante la notte, quei sintomi, ovvero un delirio persecutorio lucido senza alterazioni dello stato di coscienza, presente già dal pomeriggio del 23 gennaio e le sue tematiche, le allucinazioni uditive ed il contenuto delle stesse, il battersi sulla fronte per scacciare le voci, associati al denudamento che seguì e che precedette l’allontanamento della donna da casa, ci permettono di ricostruire un perfetto quadro psicotico certo, che il signor Buoninconti non può essersi inventato.
Mettendo in dubbio i tradimenti della Ceste, nonostante le testimonianze in tal senso, o riducendoli a “un’attenzione più affettiva di quello che Michele le riserva”, eppure è agli atti che le attenzioni (plurale) che la Ceste cercava non erano affettive. Nessuno dei testi era al corrente che la Ceste fosse morta quando vennero sentiti.
Inventandosi una bella crisi matrimoniale e che Michele fosse venuto a conoscenza dei tradimenti della moglie prima della notte del 23/24 gennaio 2014 quando le indagini hanno appurato che Buoninconti non aveva mai discusso con sua moglie, né lei si era mai lamentata di lui con nessuno, né aveva mai parlato con lui o con altri di divorzio, né Buoninconti era a conoscenza dei suoi tradimenti. Tra l’altro, la notte tra il 23/24 gennaio, Michele non credette al racconto di Elena perché la Ceste non era in sé. E’ tutto agli atti.
A Michele Buoninconti è stato diagnostico d’emblée un disturbo di personalità, nonostante quattro relazioni sul giudizio di idoneità al servizio personale di ruolo di vigile del fuoco redatte nel 2002, 2006, 2009 e 2013 avessero concluso che non vi erano segni evidenti di deficit e disagi psicologici in atto.
Sostenendo, contro ogni evidenza scientifica, che la Ceste era stata uccisa. Sui suoi resti non sono stati trovati segni riferibili ad una morte violenta.
Sostenendo, contro ogni evidenza scientifica, che Buoninconti avesse occultato il cadavere nel Rio Mersa. Eppure non sono stati trovati segni del trasporto di un cadavere in auto, né alcun segno sul povero Buoninconti prodotto dai rovi o macchie di fango sui suoi vestiti o fango sulle sue scarpe.
E poi la procura si è servita di testimonianze tardive e ha ignorato le testimonianze iniziali che avrebbero permesso di chiudere il caso secondo la verità dei fatti. Non ci vuole infatti un esperto di psicologia della testimonianza per capire che le uniche dichiarazioni di cui la procura avrebbe dovuto servirsi sono quelle rilasciate nelle fasi iniziali delle indagini perché con il passare dei mesi il pensiero dei familiari, degli amici e dei testimoni è stato forgiato dal processo mediatico.
Ecco qualcuna delle dichiarazioni rilasciate dai familiari della Ceste all’indomani della scomparsa di Elena:
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “Mia sorella mi ha chiamato telefonicamente nella mattinata del 23 gennaio, fatto strano in quanto ci sentiamo solitamente in orario serale. Ricordo che le chiedevo come stesse e lei mi rispondeva che stava abbastanza bene ma aveva PROBLEMI ALLA TESTA“. La sorella si stupì per quella chiamata mattutina che le apparve una telefonata di commiato. Daniela disse a sua sorella che si sarebbero viste nel week end ed Elena le rispose: “Eh si tantooo” che Daniela interpretò come: “Non ci sarò, chissà se ci sarò”. Di sicuro se Daniela Ceste non avesse avuto dei buoni motivi per pensare ad un suicidio non l’avrebbe ipotizzato, la sorella si era resa conto che Elena nei mesi precedenti alla sua scomparsa era profondamente turbata come si evince dalle sue dichiarazioni: “(Elena) nel mese di novembre 2013 era caduta in uno stato di depressione…aveva esternato una sua preoccupazione o disagio circa un qualcosa che aveva fatto ma non specificava troppo… che quando lo aveva fatto non era in se stessa e aveva sbagliato. Era preoccupata perché diceva che tanto ormai sapevano tutti di cosa stava parlando e che anche i figli l’avrebbero vista come un mostro […] non abbiamo avuto modo di verificare queste presunte cose dette”.
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “(Elena) nel mese di novembre 2013 era caduta in uno stato di depressione…aveva esternato una sua preoccupazione o disagio circa un qualcosa che aveva fatto ma non specificava troppo… che quando lo aveva fatto NON ERA IN SE STESSA e aveva sbagliato. Era preoccupata perché diceva che tanto ormai sapevano tutti di cosa stava parlando e che anche i figli l’avrebbero vista come un mostro… non abbiamo avuto modo di verificare queste presunte cose dette”
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “Michele caratterialmente è una persona buona che si dedica alla famiglia… non ho mai avuto confidenze da mia sorella circa situazioni di violenza o discussioni degenerate in famiglia… (Michele) si preoccupa per il benessere della famiglia e non mi pare abbia mai trascurato i vari componenti. Anche con noi parenti non ha mai avuto discussioni”
Dai verbali di Lucia Reggio, madre di Elena: “Mia figlia mi ha sempre riferito che era molto contenta di abitare qui a Costigliole d’Asti. Anche Michele, marito di mia figlia è sempre stato disponibile e presente (…) a casa sua non mancava nulla sia nei generi alimentari che nel vestiario ed altre utilità indispensabili. Mia figlia non mi ha mai narrato di alcuna anomalia, mai nessun screzio con Michele, assolutamente tutto andava bene, la vedevo e sentivo realizzata, contenta della sua vita, dei suoi figli e del suo matrimonio (…) non ho sentito alcuna lamentela né ho mai assistito a litigi (…) va tutto bene non ho mai avuto alcuna percezione negativa”
Da una chat del 12 ottobre 2013 tra Giandomenico a Elena: “Ti mando io la buona giornata, sperando che lo possa essere, perché noto nella tua testa quella CONFUSIONE che ti fa vedere le cose in maniera un po’ anomala (…) Oltre a non aver capito cosa sono prima, continui a non capirlo adesso… sei convinta di qualche cosa… che ti sei creata da sola e che ti crei problemi… come mi sono accorto che qualcosa di STRANO nei tuoi pensieri c’era… fin dall’inizio, ma che ultimamente non ti faceva stare bene”
Dai verbali della figlia Elisa: “Non l’ho sentita discutere con papà né quel mattino né altri giorni né la sera prima (…) non ho sentito loro bisticciare (…) né ho sentito loro discutere (…) non li ho mai sentiti discutere né di Facebook né di sms sul cellulare (…) la sera prima non ci sono state discussioni tra loro (…) escludo di litigi tra mamma e papà per messaggi di Facebook o di telefonino”
Il figlio Giovanni ha riferito che la madre, la mattina della scomparsa, mentre lo vestiva, gli disse: “Se mamma scappa voi dovete crescere da soli” (pag 5, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste del 26 gennaio 2014).
– Dottoressa, ci spieghi meglio la telefonata intercorsa tra Elena e sua sorella
Il giorno dopo la scomparsa di Elena, il 25 gennaio 2014, sua sorella Daniela Ceste ha riferito agli inquirenti di aver parlato con Elena la mattina del 23 e che la stessa le aveva detto “di avere problemi alla testa, tant’è che io chiedevo se si trattasse di mal di testa od altro e lei non riusciva a spiegarsi. Sembrava volesse dire qualcosa ma non riusciva ad esprimersi bene”. Quei “problemi alla testa” di cui si lamentò Elena e che non sapeva spiegarsi, erano i prodromi della crisi psicotica che la colpì la notte tra il 23 e il 24 gennaio. Nel momento in cui un delirio nasce o riprende se svanito, lo psicotico sperimenta uno stato pre-delirante detto “wahnstimmung” durante il quale capisce che sta accadendo qualcosa ma non riesce a metterne a fuoco i dettagli.
– Dottoressa, chiudiamo con qualcosa di emblematico relativamente a questo caso?
La teste Rava, figlia dei vicini dei Buoninconti, descrisse così agli inquirenti un incontro con Elena Ceste avvenuto due giorni prima del suo allontanamento, il 22 gennaio 2014: ‘Ricordo molto bene.. mi sono congedata da Elena che è salita nuovamente in casa, salutandomi sommessamente…’ (pag. 1, verbale di sommarie informazioni di Fiorenza Rava del 15 dicembre 2014). La procura, nella richiesta di misura cautelare, ha sostituito il termine ‘sommessamente’ con ‘sottomessa’ perché suonava meglio per una ricostruzione omicidiaria.
***