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QUOTA 100 IL DECRETO ARRIVA REALMENTE DOMANI 17 GENNAIO 2019 ?

Zero virgola tre per cento quest’anno. E zero virgola sette per cento il prossimo. In queste cifre, che rappresentano la stima della crescita italiana calcolata da Oxford Economics, c’è la sintesi più evidente della trappola che mette a rischio le prospettive reali di reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni e rilancio degli investimenti. Cioè dei tre pilastri della manovra

Pensioni, ecco tutti gli esclusi ​dalla riforma con quota 100
di Franco Grilli su ilGiornale.it

Quota 100 sta per arrivare. Domani il decreto che va a ribaltare il sistema previdenziale dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri. E così il governo e i tecnici sono impegnati negli ultimi ritocchi al testo che sarà presentato domani. A quanto pare, secondo quanto riporta il Messaggero, quota 100 non cambierà il sistema previdenziale che regola l’uscita dal lavoro del comparto sicurezza, forze dell’ordine e militari. Infatti alcune regole che riguardano le pensioni di queste professioni permettono un addio al lavoro anticipato, a volte anche a 53 anni. Di fatto l’esclusione dei militari e degli agenti da Quota 100 riduce ulteriormente la platea che di fatto per il 40 per cento è costituita da lavoratori del settore pubblico.

Su questo fronte, in vista della presentazione del decreto, c’è un nuovo aspetto da considerare ed è quello che riguarda la buonuscita, la liquidazione. Salvo sorprese dell’ultimo minuto, per gli statali il trattamento di fine rapporto dovrebbe scattare solo con la soglia fissata dalla Fornero, ergo dall’uscita con quota 100 all’incasso del Tfr potrebbero passare circa otto anni. Il governo sta cercando di sciogliere il nodo prevedendo un prestito ponte con un accordo con gli istituti di credito. Secondo le ultime indiscrezioni di fatto il prestito anticipato del Tfr potrrebbe scattare fino a una soglia di 50mila euro. Per quanto riguarda il pagamento degli interessi, il governo vorrebbe tenere l’onere. Ma è probabile che questo scenario non si concretizzi al 100 per cento. I contatti tra esecutivo e Abi proseguono e probabilmente domani verranno annunciate le modalità esatte con cui verrà regolata l’erogazione del Tfr. C’è attesa per capire quale sarà il tasso di interesse fissato per il prestito.

Insomma a poche ore ormai dall’annuncio del decreto, quota 100 resta un cantiere aperto. E non sono esclusi colpi di scena…
L’economia in frenata mette a rischio quota 100, reddito di cittadinanza e investimenti

(di Gianni Trovati su ilSole24Ore)

Zero virgola tre per cento quest’anno.

E zero virgola sette per cento il prossimo. In queste cifre, che rappresentano la stima della crescita italiana calcolata da Oxford Economics, c’è la sintesi più evidente della trappola che mette a rischio le prospettive reali di reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni e rilancio degli investimenti. Cioè dei tre pilastri della manovra

Nel calendario della legge di bilancio, il 2019 è solo un prologo, reso tale dall’accordo con Bruxelles sul deficit al 2 per cento. Lo sviluppo pieno di queste misure, e della loro spesa , arriva dal 2020.

Quando però sarebbe finanziato da maxi-aumenti dell’Iva da 51,8 miliardi e da una crescita stabile all’1 per cento. Ma anche per l’effetto recessivo dell’Iva, il palcoscenico dell’economia rischia di essere troppo piccolo per ospitare sia l’Iva sia l’aumento del Pil.

I numeri

Le stime che piovono in questi giorni sul Pil italiano sono tutte più modeste di quell’1% scritto dopo mille incertezze dal governo nell’ultimo programma di bilancio. Proprio Oxford Economics, uno dei più ascoltati centri studi internazionali in fatto di previsioni economiche e analisi quantitative, mette nero su bianco uno scenario su cui stanno già crescendo i timori nelle stanze del ministero dell’Economia: una crescita quasi piatta l’anno prossimo, lo 0,3% appunto, che sarebbe figlia di una frenata di fine anno (con un +0,9% nel 2018 invece dell’1% calcolato dal governo) e darebbe l’avvio a un lungo periodo di zerovirgola causati anche dall’effetto recessivo (cinque decimali di Pil all’anno) prodotto dalle maxi-clausole di salvaguardia Iva messe in legge di bilancio per il 2020 e 2021. Con il risultato che il deficit 2019 tornerebbe d’incanto al 2,4% che ha animato due mesi di battaglie con Bruxelles, e il debito ricomincerebbe a salire.

Primo esame il 31 gennaio

Nelle stesse ore Standard & Poor’s ha diffuso una previsione di crescita per quest’anno un po’ meno catatonica, 0,7 per cento. Ma al di là dei balletti sui decimali un dato è certo. Il 31 gennaio l’Istat diffonderà la stima preliminare del Pil per l’ultimo trimestre 2018, e si comincerà a passare dalle previsioni ai fatti. E il primo fatto, come molti temono, potrebbe essere rappresentato dalla certificazione della recessione tecnica, se la dinamica del Pil di ottobre-dicembre sarà negativa come quella di luglio-settembre.

La frenata globale

I venti gelati soffiano da varie direzioni. In Cina il più grande mercato automobilistico al mondo ha segnato l’anno scorso il primo calo (-2,8%) dal 1990, seguendo lo stesso percorso appena registrato in Europa a partire dalla Germania. E guardando al futuro il super-indice Ocse, quello che prova a disegnare gli orizzonti a 6-9 mesi, nei numeri appena diffusi indica un nuovo arretramento concentrato soprattutto nell’area euro.

Effetto domino sull’Italia

Tutte le analisi, da quelle anticipatrici sul sentiment degli operatori fino ai calcoli macro-economici, fanno ballare pericolosamente quell’1% di crescita stimato dal governo su cui già il mese scorso l’Ufficio parlamentare di bilancio aveva sottolineato i «non trascurabili rischi di revisione al ribasso». Ma se Roma ha potuto abbandonare senza troppi problemi l’ambiziosissima crescita dell’1,5% prevista dal programma di bilancio di ottobre, la discesa sotto l’1% produce effetti a catena. Quali? Con la crescita allo 0,3% calcolata da Oxford Economics, il deficit torna al 2,4%, fuori dalle regole europee anche nella versione massaggiata dalla politica. Ma soprattutto il debito torna a crescere fino al 132,2% del Pil, per tornare ai livelli del 2017 solo fra tre anni, nel 2021. E a patto di far partire davvero gli aumenti Iva da 51,8 miliardi in due anni scritte nell’ultima manovra per finanziare reddito di cittadinanza, pensioni e investimenti senza far saltare i conti.

Il conflitto fra Iva e crescita 

Nel programma di bilancio concordato con Bruxelles, proprio dall’incrocio fra aumenti Iva e crescita arrivano gli spazi per alimentare l’anno prossimo sia la spesa per quota 100 (passerebbe da 4 a 8,2 miliardi) sia quella per il reddito di cittadinanza (da 4,7 a 5,6 miliardi aggiuntivi). Ma una botta di Iva come quella decisa in manovra, ricordano tutte le analisi, ha un effetto recessivo che Oxford Economics stima in mezzo punto di Pil. E che i calcoli governativi sembrano minimizzare stimando un effetto espansivo della manovra anche sul 2020 e 2021 (+0,3% di Pil all’anno).

 

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