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IL PASSATO NON RITORNA: MENO GIOVANI, MENO FUTURO

Tra 50 anni, in regione, possible calo del 40% dei residenti che al 2023 erano già 60 mila in meno rispetto al 2002. Declino demografico, tra serie storiche e previsioni la Basilicata è in zona rossa

Meno giovani, meno futuro: è, in estrema sintesi, il quadro che si delinea all’orizzonte per la Basilicata secondo quanto emerso dal Rapporto annuale 2024 redatto l’Istituto nazionale di statistica (Istat). In valori assoluti, la popolazione lucana residente è calata dai 597mila e 103 del 2002 ai 537mila e 577 rilevati al 1° gennaio del 2023: in 20 anni, quasi 60mila in meno. Dividendo il periodo di osservazione in due decenni, osservato come nel periodo 2002-2012, Molise, Basilicata e Calabria hanno registrato una perdita di popolazione tra il 2 e il 3 per cento. In Basilicata e Calabria, al contrario di quanto osservato altrove, il deflusso di popolazione causato dalle migrazioni interne non è stato sufficientemente controbilanciato dai flussi esteri in entrata; ha, invece, aggravato il calo demografico imputabile alla ridotta natalità. Nel secondo periodo (2012-2023), la popolazione residente ha cominciato a ridursi, a partire dal 2014, e nel complesso è diminuita di oltre un milione di unità (-1,8 per cento). Hanno subito un intenso declino demografico in prevalenza le regioni del Mezzogiorno (- 4,7 per cento la variazione media della ripartizione, dovuta in buona parte alle migrazioni interne), a fronte di una perdita complessivamente trascurabile nel Centro-Nord. Le regioni del Sud mostrano le dinamiche peggiori: Molise (-7,4 per cento) e Basilicata (-7,2 per cento); a seguire Calabria (-6,2 per cento), Sicilia, Sardegna, Puglia e Abruzzo, che perdono tra il 4,9 e il 4,4 per cento degli abitanti. Chiude la Campania, con oltre 200 mila residenti in meno (- 3,7 per cento).

PREVISIONI DEMOGRAFICHE

Le previsioni demografiche di lungo periodo indicano «un rafforzamento della tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento». Nell’arco dei prossimi 20 anni (1° gennaio 2042), la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni. Al netto di Lombardia, Emilia-Romagna e delle Province autonome di Bolzano e Trento, per le quali si prevede un incremento, altrove dovrebbe proseguire la decrescita, meno sostenuta in Veneto (-1,5 per cento al 2042), Toscana (-2,9 per cento), Friuli-Venezia Giulia e Lazio (-3,3 per cento in entrambe). Fatta eccezione per l’Abruzzo (-8,6 per cento), tutto il Mezzogiorno potrebbe subire uno spopolamento superiore al 10 per cento, che arriverebbe fino al 15 per cento in Basilicata e Sardegna. La popolazione più giovane (0- 14 anni) si ridurrebbe ulteriormente ovunque: fino a un terzo in meno in Basilicata, Sardegna e Calabria, con un calo più contenuto nelle regioni del Centro-Nord (stazionaria la Provincia autonoma di Trento). A ciò si contrapporrebbe un incremento consistente della popolazione in età avanzata, generalizzato sul territorio nazionale e più sostenuto al CentroNord. Tali andamenti sarebbero, per lo più, confermati nello scenario di previsione a 50 anni: anche in questo caso, nel Nord-est e in Lombardia si prevede una decrescita più contenuta (e un aumento di popolazione nelle sole Province autonome di Bolzano e Trento), mentre Sardegna e Basilicata potrebbero perdere il 40 per cento dei residenti attuali. Sarebbe soprattutto la popolazione giovane a ridurre la propria consistenza, e le variazioni della popolazione con almeno 65 anni, sebbene in questo scenario siano più contenute, diventano negative in regioni come Liguria, Moli- se, Basilicata, Calabria e Sardegna.

I GIOVANI

Al 1° gennaio 2023, in Italia i giovani di 18-34 anni sono poco più di 10,3 milioni, di cui il 51,7 per cento maschi. Il peso sulla popolazione (17,5 per cento) è in forte decremento (-22,9 per cento sul 2002) e inferiore alla media Ue27 (19,3 per cento). La crisi demografica della società italiana «deriva dal progressivo calo di natalità e dalla conseguente riduzione dei giovani». L’incidenza dei giovani è maggiore nel Mezzogiorno (18,6 per cento) rispetto al Centro-Nord (17,0): eccetto Abruzzo (16,9 per cento) e Sardegna (15,7 per cento), in tutte le regioni meridionali la componente giovanile supera la media nazionale. La Campania presenta la quota più elevata di 18-34enni (19,8 per cento), mentre nel Centro-Nord si distingue in positivo il caso del Trentino-Alto Adige (18,8 per cento), in particolare della Provincia autonoma di Bolzano (19,3 per cento), la cui percentuale di giovani è inferiore alla sola Campania. Ma nel Sud e nelle Isole si registrano le flessioni più importanti (Tavola 4.6), con punte molto significative in Sardegna, Basilicata, e Calabria. La Basilicata, per la fascia 18-34 anni, ha perso dal 2002 al 2023, 48mila e 205 giovani (-32,9%). L’incidenza dei giovani sul totale della popolazione residente in Basilicata è scesa dal 24,5% al 18,3%. Calo della popolazione giovanile e posticipazione delle transizioni familiari, come spiegato dall’Istat, presentano spesso nessi reciproci, e risentono di specificità territoriali. Limitatamente al livello regionale, si può sottolineare come i contesti caratterizzati da elevata disoccupazione e debole sistema produttivo presentino un più accentuato calo dei giovani e transizioni posticipate verso l’età adulta. Le regioni maggiormente interessate da questi fenomeni, Sardegna, Calabria, Basilicata, Molise, Puglia, «presentano anche valori molto contenuti nei principali parametri di sviluppo socio-economico». In altri termini, «la popolazione giovanile tende a ridursi con maggiore intensità nei territori con opportunità occupazionali carenti e bassa produzione di ricchezza e viceversa». Le regioni del Mezzogiorno ricadono tutte nel quadrante «caratterizzato da economia debole e forte riduzione dei giovani».

POCHE NOTE POSITIVE

Barriere architettoniche: Puglia, Basilicata e Calabria, Umbria, Marche e Toscana, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Provincia autonoma di Trento «mostrano una quota maggiore di musei intervenuti per facilitare l’accesso fisico e supportare la visita a persone con disabilità». Raggiungibilità degli edifici scolastici: nel Mezzogiorno «si distinguono in positivo i casi di Abruzzo e Basilicata, che per quasi tutti i parametri considerati si collocano al di sopra dei livelli medi nazionali di accessibilità». Le regioni con maggiori difficoltà sono la Campania e la Calabria, mentre criticità superiori alla media si rilevano anche in Molise e Sardegna

Di A.Carponi

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