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EXPORT, LA MOSSA DECISIVA DELLA BASILICATA: DIVERSIFICAZIONE MERCEOLOGICA DELLE VENDITE

Competitività e settori produttivi, l’analisi sugli effetti territoriali degli shock: dal carrello della spesa all’industria per l’estero

Nel rapporto sulla “Competitività dei settori produttivi”, l’analisi dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) dalla congiuntura italiana e internazionale in una prospettiva macroeconomica fino agli effetti territoriali degli shock. L’eterogeneità della dinamica inflazionistica tra le varie regioni, risente «in misura sostanziale» del peso dei diversi prodotti sui prezzi regionali. Come intuibile, ciò dipende, tra l’altro, dalla struttura della domanda locale e dalla specializzazione del sistema produttivo. Nel periodo 2021-2023 i prezzi energetici sono aumentati maggiormente in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, con variazioni cumulate prossime o superiori al 90%. Gli aumenti degli alimentari, invece, «sono stati più elevati nel Mezzogiorno (Basilicata, Abruzzo, Calabria, Sicilia e Campania)» ed i rincari più contenuti nel Nordovest (Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte). Tra il 2021 e il 2023 le variazioni cumulate dei prezzi di servizi di alloggio hanno variato tra il +7,9% della Basilicata e il +37,4% del Lazio, con valori più elevati della media nazionale per tre regioni del Mezzogiorno (Molise, Puglia e Campania), due del Centro (Lazio e Toscana) e una del Nord-ovest (Lombardia). Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, le regioni con i rincari più elevati per i servizi di ristorazione. Per quanto riguarda la concentrazione settoriale dell’export regionale, appare inversamente proporzionale all’ammontare esportato: tra il 2019 e il 2023 le grandi regioni esportatrici del Nord d’Italia, oltre alla Toscana, hanno mantenuto un basso indice di concentrazione, indicativo di una struttura dell’export differenziata e basata su un’ampia varietà di categorie merceologiche. Basilicata e Abruzzo, con livelli di esportazione più contenuti e una concentrazione settoriale elevata, «aumentano la diversificazione merceologica delle vendite»; Valle d’Aosta e Sicilia, al contrario, aumentano la concentrazione che accresce la dipendenza delle esportazioni regionali dalle vendite di un numero limitato di settori. Nel complesso, tra le sette regioni più dinamiche, cinque sono nel Mezzogiorno (Campania +28,9 per cento, Molise +21,1 per cento, Calabria +20,9 per cento, Abruzzo +13,6 per cento, Basilicata +5,5 per cento), una nel Nord (Piemonte +9,1 per cento), una nel Centro (Toscana +5,6 per cento). In termini di mercati di sbocco, Germania, Fran- cia e Stati Uniti costituiscono importanti destinazioni per le merci di tutte le regioni, rappresentando quasi ovunque oltre il 30 per cento dell’export totale (con picchi intorno al 50 per cento in Abruzzo, Basilicata e Liguria). Gli Stati Uniti rappresentano infine il principale partner commerciale anche per la Basilicata (dal 34,6 al 21,8 per cento) e il Molise (dal 31,8 al 26,2 per cento), sebbene con quote in diminuzione per effetto soprattutto del calo dell’export nel comparto Automotive. In tutte le regioni almeno i tre quarti delle unità locali contribuiscono a una sola filiera produttiva. Tra le filiere più rilevanti per valore aggiunto e occupazione, l’agroalimentare spiega circa il 20 per cento del valore aggiunto nell’Emilia Romagna e degli addetti in Calabria; quella dei mezzi di trasporto su gomma ha un peso maggiore in Piemonte sia per valore aggiunto (16,0% del totale regionale), sia per addetti coinvolti (14,1%), a seguire Basilicata e Provincia autonoma di Trento; quella dell’Edilizia genera circa un quinto del valore aggiunto e dell’occupazione regionale in Molise. Tra le filiere sistemiche, «la Basilicata è caratterizzata dall’incidenza del settore degli Autoveicoli (9,1 per cento)». Per la Basilicata, «quote consistenti rispetto al to- tale regionale sono attribuibili anche alla filiera dell’Energia». Da sottolineare l’aspetto circa la maggiore diffusione della tipologia di subfornitrice rispetto a quella di committente. Ciò si rileva nella maggior parte delle regioni, «a eccezione della Basilicata che presenta la quota più elevata di relazioni di sola commessa». Concludendo con l’analisi delle spinte inflazionistiche, nel 2023 tutte le macro-ripartizioni geografiche hanno registrato tassi di crescita dei prezzi relativamente simili, leggermente superiori alla media nazionale nel Nordovest (+5,9 per cento), pari al dato nazionale al Centro (+5,7 per cento), inferiori nel Mezzogiorno (+5,6) e nel Nord-Est (+5,4 per cento). Nello stesso periodo, tutte le regioni hanno sperimentato incrementi superiori al 3,5 per cento, «compresi tra il 3,8 per cento della Basilicata e il 6,8 per cento della Liguria», ma in decelerazione rispetto al 2022. Tra le sette regioni nelle quali, per tutto il biennio 2021- 2023, si è registrata una variazione dei prezzi più contenuta rispetto a quella osservata per l’intero territorio nazionale, spiccano la Valle d’Aosta (+6,9 e +5,0 per cento rispettivamente nel 2022 e 2023), il Molise (+7,5 e +4,8 per cento) e la Basilicata (+7,1 e +3,8 per cento).

Di A.Carponi

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