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RIFIUTI, L’INTERCETTAZIONE: «FU SBAGLIO 200 CONTAINERS IN TUNISIA»

L’Antimafia di Potenza buca lo «scudo di protezione dell’organizzazione»: i «rapporti fiduciari con la Pubblica amministrazione»

Traffico internazionale illecito di rifiuti sull’asse Italia-Tunisia:  nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari firmata dal Gip di Potenza Lucio Setola, descritto l’allarmante modus operandi di «strutture ed attività criminali stabili nel tempo», attuate con condotte da «ritenersi sicuramente spregiudicate per la metodologia tipica delle associazioni criminali», che «provocano enormi danni all’ambiente per lucrare indebitamente somme di denaro, con una avidità e professionalità nel delinquere che, nel settore in esame, hanno pochi paragoni possibili». Le indagini coordinate dall’Antimafia di Potenza, a fornire alcuni dettagli il Procuratore distrettuale Francesco Curcio ed il Sostituto procuratore Vincenzo Montemurro, hanno bucato «lo scudo di protezione dell’organizzazione», facendo crollare il sistema che si “nutriva” anche di «rapporti speciali e fiduciari, pure in ambienti diplomatico consolari e comunque con la Pubblica amministrazione» per introdursi in un canale diretto di traffici illeciti. Gli «incontri presso il Consolato tunisino a Napoli», ma non solo. «Tutto ciò, ancora una volta – appuntano gli inquirenti -, evidenzia il notevole potenziale criminogeno degli indagati e del gruppo criminale di appartenenza e derivazione e non di meno irrilevante è il dato della risalenza nel tempo di quel tipo di condotte delinquenziali, capaci di riprodursi con immediata e veloce sequenza attuativa anche in altre occasioni a distanza di tempo e con altri corresponsabili, ancora una volta forti della manifesta personalità delinquenziale dei personaggi tradizionalmente di spicco della criminalità locale». Quello dell’ombra della criminalità organizzata, è uno dei filoni di indagine ancora aperti. Al momento, 16 gli indagati ed 11 le misure cautelari. Tommaso Palmieri, risultato avere precedenti specifici legati ad ingenti traffici illeciti di rifiuti, «ed Alfonso Palmieri, ritenuti gli organizzatori e gli artefici della condotta criminale: «Operavano con spregiudicatezza e agivano nel settore tramite la Sra Srl e la Palmeco S.r.l. con violazioni di diversa natura, ambientale, fiscale, contro la pubblica amministrazione». Da aggiungere ai Palmieri, Antonio Cancro che ha operato con condotta «servente».

PURE LA «TESTA DI LEGNO» CAPISCE È lui stesso, Antonio Cancro, che intercettato, dice: «La Sra, il proprietario è Alfonso, io sono l’Amministratore è vero ma sono la testa di legno, detto molto sinceramente, noi quindi (risata)… qua l’unico sbaglio che è stato fatto è che hanno mandato tutti, quei 200 contenitori (i containers carichi di rifiuti inviati in Tunisia, ndr), se ne mandavano di meno, forse era più, suppongo eh …». Da una parte i privati e dall’altra la Pubblica amministrazione: in mezzo il Console tunisino a Napoli a cui i privati, tra le altre cose, sollecitavano «un intervento per sbloccare la situazione venutasi a creare con l’Agenzia delle dogane tunisina», che aveva bloccato i containers arrivati dal porto commerciale di Salerno. Quell’atto, ha dato il là all’inchiesta penale in Tunisia e poi, con l’invio dei contenitori in Italia, a quella dell’Antimafia di Potenza. Oltre che sulla figura del Console, nel mirino degli inquirenti gli appartenenti alla Pubblica Amministrazione. Tra questi, il funzionario della Uod di Salerno della Regione Campania, Vincenzo Andreola. Secondo il castello accusatorio, l’ingente traffico illecito di rifiuti, è stato reso possibile anche grazie alla «concessione di due autorizzazioni rilasciate dall’Uod di Salerno della Regione». La Sviluppo risorse ambientali Srl di Polla ha trasferito in Tunisia, 7mila e 891 tonnellate di rifiuti, rifiuti anche «urbani tal quale con la presenza di consistenti frazioni di rifiuti sanitari», imballaggi multimateriale provenienti perlopiù da comuni delle province campane e lucane e contenuti in 282 container, partiti dal porto di Salerno e destinati alla società tunisina Soreplast Suarl. La Soreplast, sulla carta, doveva ricevere i rifiuti per trattarli recuperando la plastica: ma la Soreplast di Sousse era una sorta di “scatola vuota” sprovvista anche dei mezzi operativi. Chiare le foto dello stabilimento dove dovevano essere trattati i grandi quantitativi di rifiuti: «I locali risultano essere vuoti fatta eccezione per la presenza di tre macchinari che apparentemente non sarebbero utilizzabili per l’attività dichiarata e, peraltro, apparivano inoperativi, posto che si presentavano con cavi elettrici volanti». Più che il riciclo, l’unica «corretta destinazione» dei rifiuti italiani, «non poteva essere altro che la discarica o l’incenerimento». Per il castello accusatorio, tra il gruppo Cancro-Palmieri operava in Italia ed il gruppo Casadonte-Noureddine operava in Tunisia, ed entrambi, «tutti i passaggi della vicenda venivano pianificati», agivano «sulla base di precisi accordi» tra i due gruppi e grazie all’intermediazione di Mazzotta-Papucci.

REGIONE CAMPANIA: LACUNE E OMISSIONI Gli inquirenti hanno sottolineato «la superficialità e la negligenza dell’istruttoria svolta dai funzionari della Regione, anche con l’omissione delle verifiche amministrative e tecniche: non si comprende per quale motivo la regione Campania abbia emesso un decreto di autorizzazione per spedire in Tunisia un rifiuto, quando i loro stessi documenti indicavano che il rifiuto non poteva essere recuperato e, viceversa, le informazioni, già in possesso della Regione Campania, avrebbero dovuto indurre i funzionari regionali a emettere un decreto di diniego al trasferimento transfrontaliero». Per l’Antimafia di Potenza, «l’inconsistenza, ma sarebbe meglio dire la sostanziale assenza di risposte effettive da parte di Sra Srl» sui riscontri documentali, «in uno con la mancanza di una ulteriore reazione a tale inconsistenza da parte di Andreola, che si accontentava del nulla, appaiono altamente sintomatiche della malafede dei protagonisti della vicenda». L’intera operazione «risulta realizzata sulla base di una regia unitaria, che vede nei Palmieri i principali artefici-finanziatori». Palmieri che «nonostante le innumerevoli anomalie procedurali e documentali che avrebbero potuto in ogni momento decretare l’interruzione della procedura» dell’esportazione dei rifiuti, erano sempre stati «certi dell’esito favorevole, tanto da iniziare già a pianificare le spedizioni». Via realizzazione di «una serie di falsi documenti», l’esito favorevole, nonostante le «macroscopiche irregolarità» non rilevate dalla Regione, ci fu: anche se soltanto fino ai controlli doganali in Tunisia.

Ferdinando Moliterni

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