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CHIORAZZO C’È E NON MOLLA

Il M5S ha costretto il Pd nella palude del metodo che non esiste: sulla graticola, re delle Coop bianche al bivio. Al netto degli appoggi e dei riti della politica, deve andare avanti: lo deve alla sua levatura

La bocca sollevò da fiero pasto. È Dante che parla del Conte Ugolino nell’Inferno ma potrebbe tranquillamente descrivere l’immagine di Giuseppe Conte che ha divorato la testa di Angelo Chiorazzo. Tanto veloce è stato Lettieri nel dare il sostegno, tanto rapido nel ritirarlo non appena ha capito che c’era da combattere e da scegliere. Tra Il Movimento Cinque Stelle e Chiorazzo, il Partito Democratico sceglie il Movimento Cinque Stelle. Se avesse pensato prima di parlare non sarebbe stato costretto a ripensarci ma, evidentemente, la Speranza premeva forte sulla coscienza e la logica era annebbiata alle illusioni. Il centrosinistra lucano ormai segue senza problemi e senza limiti in una pedissequa e morbosa imitazione, quello che da sempre fa il centrosinistra nel resto d’Italia: divora leader, perde tempo in chiacchiere, non decide niente e aspetta.

CHIORAZZO CI HA MESSO IL PETTO E LA FACCIA

Angelo Chiorazzo ci ha messo petto e faccia, è partito, ha investito soldi suoi, risorse sue e capacità sue. La sua sola colpa è quella di aver scelto compagni inaffidabili, fragili emotivamente, insicuri come non dovrebbero mai essere i leader politici. Non vorremmo essere nei suoi panni. Ha preso atto della totale mancanza di strategia, di visione e di azione da parte del centrosinistra lucano, ha provato a dargli una scossa, ha riscosso il consenso formale del Partito Democratico e ha adunato folle oceaniche ad ascoltarlo. All’improvviso gli hanno detto che era tutto uno scherzo. Certo nessuno può impedirgli di andare avanti ma il sostegno del Pd è nel congelatore, quello dei Cinque Stelle è subordinato all’invenzione di un metodo di selezione della candidatura autenticamente partecipato e democratico che escluda le primarie, quello di socialisti e altri è legato all’ipotesi che non sia lui il candidato. Nel girone dantesco in cui si è cacciato gli tocca anche l’ingrato suolo di stare tra color che son sospesi. Ora può decidere se aspettare che gli ancestrali nodi che rallentano da sempre il tortuoso percorso decisionale della sinistra italiana si dipanino o iniziare ad immaginare una corsa in solitaria.

PERCHÉ FERMARSI?

Aspettare è sempre una possibilità, in alcuni casi è anche una scelta lucida ed intelligente. Il quesito da porsi è: “aspettare cosa?” Aspettare che il Partito Democratico e il Movimento inventino un nuovo metodo di selezione del leader? Non accadrà. Il Movimento Cinque Stelle lo ha già deciso il metodo di selezione della leadership del campo alternativo al Governo Meloni. La sfida si svolgerà durante le elezioni europee. In quel momento lo scontro tra la sinistra del populismo moralistico del Movimento e quella salottiera del Pd arriverà al punto massimo. Il vincitore della competizione interna sarà deciso in quel momento. Lo sanno tutti: lo sa Conte, lo sa Schlein, lo sanno tutti gli interpreti e i protagonisti della coalizione. Le elezioni regionali in Basilicata si svolgeranno prima delle europee. Per Angelo Chiorazzo, dunque, è il momento delle decisioni e delle azioni. Può decidere di farsi inghiottire nelle meline paludose della coalizione ipoteticamente nascente o continuare in una corsa politica con l’idea che quello che decideranno il Pd e il Movimento Cinque Stelle non sarà mai decisivo, risolutivo o pronto ad una azione vittoriosa. In politica aspettare può essere uno strumento solo se si sa cosa esattamente si aspetta e se l’attesa possa essere in qualche modo foriera di qualche risultato. Non è questo il caso. Un imprenditore di successo, del resto, non può perdere il tempo con i giochini della politica. Un altro grande imprenditore quando decise di scendere in campo, queste liturgie le chiamava “teatrino della politica”. Davanti all’indecisionismo degli alleati, quel grande imprenditore, decise di continuare ad andare avanti. Lui era Berlusconi e costrinse tutti per un ventennio a doversi misurare con lui e a doverlo inseguire.

IL RUBICONE DA PASSARE

Ieri era l’anniversario del famoso passaggio del Rubicone da parte di Cesare. Fermo davanti alla sponde del fiume che delimitava il confine dello spazio che non avrebbe potuto superare in armi, poteva decidere se aspettare che il Senato discutesse il futuro di Roma o compiere l’azione che avrebbe segnato la storia di Roma, dell’Occidente e dell’intera umanità. Decise di muovere, di muoversi e di agire. Solo così diventò Caio Giulio Cesare. Se avesse aspettato sarebbe stato uno dei tanti consoli che si erano alternati alla guida della Repubblica. Qui non c’è nessun Rubicone, non è in gioco la nascita dell’Impero romano ma, come spesso accade, in piccolo si riproducono gli stessi meccanismi del grande. Angelo Chiorazzo deve decidere se la sua capacità imprenditoriale è al servizio dei lucani o è a disposizione delle bizze e delle fragilità umane e caratteriali del Pd e del M5S.

Di Massimo Dellapenna

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