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DOPO CENTO ANNI IL MITO DI SCOTELLARO, MA NON FU SOLO IL POETA DEI CONTADINI

L’editoriale di Paride Leporace

Il 2023 se ne va via lasciando segni tangibili del mito di Rocco Scotellaro. Merito degli anniversari che ne hanno segnato il centenario della nascita il 19 aprile del 1923 e della morte avvenuta prematuramente a Portici a soli 30 anni il 15 dicembre del 1953.

Sono state celebrazioni estese e prolungate, tante e in ordine sparso, con Comitati autorevoli e celebrazioni dal basso, con un indice di lucanità alto per un intellettuale nazionale che non ha la fortuna di essere intellettuale contemporaneo del presente come Pasolini ma che ha ruolo preciso nelle questioni identitarie della Basilicata del presente.

Uno dei più profondi conoscitori di Rocco Scotellaro è l’antropologo Giuseppe Melillo che con diverse conversazioni mi ha aiutato a identificare alcuni aspetti del poeta di Tricarico.

Melillo parafrasando Mahler sostiene che “La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri” e probabilmente in questo anno di anniversari di ceneri adorate ne abbiamo registrate molte. Le ceneri più celebri sono quelle di poeta dei contadini. Definizione molto riduttiva e che il centenario ha poco sviscerato da questo versante. Scotellaro per la sua vena contestataria e poeticamente intima fu letto e amato dalla Controcultura americana al pari di Pasolini e Pavese come ha testimoniato il poeta Jack Hirschman definendolo “una voce di libertà per ogni tempo, un grido di riscatto per ogni uomo ferito della subalterna condizione sociale in cui versa”. Temi che a mio parere meritano approfondimenti a futura memoria oltre gli anniversari.

In termini di bilancio ritengo che stelle al merito vadano date a chi in termini pubblicistici nazionali ha dato adeguati riconoscimenti a Scotellaro. Prezioso il lavoro di Michele Barbagallo che attraverso Alias, inserto culturale de Il Manifesto, ha dedicato ben tre approfondimenti al poeta-intellettuale-sindaco di Tricarico con il numero speciale del 14 gennaio 2023 (con interventi di Paolo Carbone, dirigente sindacale della Confederazione Agricoltori Italiani, Pancrazio Toscano, saggista ed ex sindaco di Tricarico, Amerigo Restucci scrittore e rettore di Architettura Università di Venezia, autore di un volume sui Sassi di Matera e di una guida storica alla Basilicata, originario di Tricarico, Franco Vitelli, studioso e curatore delle opere di Scotellaro, docente all’università di Bari); seguito da un pregevole reportage nella Basilicata di oggi tra modernità e pessimismo del 15 aprile, “Il coraggio di Scotellaro”, per approdare al paginone con copertina del 15 dicembre “Un poeta per immagini”. Scotellaro e il cinema è l’ultima frontiera della versatilità dell’intellettuale di Tricarico che rimase inevitabilmente incastrato nella temperie della Settima arte. Da tenere sotto osservazione la pubblicazione il prossimo anno degli inediti “Scritti cinematografici” che Quodlibet pubblicherà con l’autorevole curatela di Goffredo Fofi e Sebastiano Martelli, tra cui destano interesse la ricostruita sceneggiatura de “I fuochi di San Pancrazio” e il trattamento de “Il Cristo si è fermato ad Eboli” chiesto a Rocco da Carlo Levi. E nella brevità di questo resoconto non si può non richiamare la citazione  di Rocco Papaleo che nell’ultimo film “Scordato” da par suo colloca Scotellaro nella sua storia con un murales che mette a nudo ceneri e mito della politica. Materia utile ai socialisti che a Tricarico quest’anno sono ritornati per celebrare il sindaco che dal suo partito fu però dimenticato quando venne arrestato. Rocco Scotellaro è un’icona pop da maglietta del nuovo secolo che merita ancora di essere studiato e discusso.

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