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FONDI UE, “TALPA” IN FAMIGLIA: L’AFFARE SALTA

Indebita percezione di contributi comunitari per l’agricoltura: dall’indagine della gdf alla condanna

Indebita percezione di contributi comunitari per l’agricoltura: dei 2 ultimi casi lucani relativi a ipotizzati danni erariali, uno ha avuto come esito la dichiarazione di intervenuta prescrizione, la persona coinvolta è stata citata in giudizio in qualità di responsabile di un Centro di assistenza agricola del Materano, mentre per l’altro c’è sta la condanna. Per la Corte dei Conti di Basilicata, accertato un danno erariale da 89mila euro. Alla base del processo contabile, la denuncia querela di un uomo a carico dei fratelli Costantino ed Anna: i germani avevano indebitamente percepito dei contributi comunitari con riferimento a dei terreni siti in Pomarico e originariamente di proprietà del padre. Terreni che nel 1995 era- no stati dal genitore ceduti alla Cassa per la formazione della proprietà contadina, oggi Ismea, e, nello stesso anno, erano stati riacquistati, con patto di riservato dominio, dall’uomo e da un altro dei fratelli, poi deceduto, ma gestiti direttamente dal padre, in forza di deleghe annuali e poi di procura generale successivamente ritirata nel 2014. In più, a partire dal 2019, come da denuncia, i terreni non erano nella disponibilità di alcun componente della famiglia, a seguito della risoluzione del contratto di compravendita vittoriosamente azionata in giudizio da Ismea per per l’inadempimento di alcune obbligazioni. Nelle domande di aiuto per la percezione di fondi Ue, Costantino dichiarò di essere comodatario di una quota del 50% dei terreni di proprietà del fratello, rispetto ai quali percepiva, per gli anni dal 2014 al 2016, contributi comunitari dell’importo di 53mila e 870 euro. Con «con analoga dichiarazione sostitutiva», la sorella dichiarò di essere comodataria di identica quota dei terreni del germano denunciante, percependo per le campagne dal 2017 al 2018, contributi per il totale di 35mila e 177 euro. La disputa familiare si è poi allargata durante il processo contabile poichè Costantino nel riferire ai giudici che conduzione di parte dei terreni familiari gli era stata affidata dal padre a compensazione delle spese sostenute per far fronte alle difficoltà economiche del genitore e alla disputa contro l’Ismea, ha aggiunto che la denuncia era principalmente mossa da «motivazioni ritorsive», essendosi rifiutato di soddisfare debiti del fratello denunciante. Per i giudici, però, «asserzioni irrilevanti ai fini del giudizio». Per la Corte dei Conti, Costantino ed Anna un «valido titolo» non ce l’avevano e per questo con le proprie dichiarazioni sottoscritte e validate dagli operatori dei Centri di assistenza agricola (Caa), pure chiamati in giudizio data la non sufficiente dichiarazione unilaterale di conduzione, anche in comodato, dei terreni, hanno predisposto una alterata rappresentazione della realtà, «dolosamente producendo l’occultamento della indisponibilità di idonei titoli giuridici alla conduzione dei terreni». I fratelli Costantino ed Anni condannati, in qualità di debitori principali, a risarcire non la Regione Basilicata, ma l’organismo pagatore Agea, per 53mila e 870 euro e per 35mila e 177 euro, e i due operatori del Caa, condannati in via sussidiaria per 70mila e 262 euro e per 18mila e 785 euro. Come specificato dai giudici, in sede di esecuzione della sentenza di condanna, va escusso in primo luogo il debitore principale, i fratelli Costantino e Anna, e, poi, solo in caso di mancata realizzazione del credito erariale, il debitore sussidiario, nei limiti della somma della condanna.

Ferdinando Moliterni

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