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PAYBACK SANITÀ, C’È LA PROROGA

Tetti di spesa e dispositivi medici, le aziende debitrici soddisfatte. Guida (Aporf): «Attendiamo soluzione definitiva». Basilicata, conto di quasi 10 milioni: il Governo posticipa scadenza pagamenti a ottobre

Nell’ultimo Consiglio dei Ministri è stato deciso di introdurre norme per il rinvio, al 30 ottobre prossimo, del versamento del cosiddetto payback nelle forniture di dispositivi medici. Così ad un passo dalla scadenza, dato che il Decreto Legge 34 del 2023, successivamente emendato dalla legge di conversione 56, aveva stabilito, per le aziende fornitrici, la possibilità di estinguere il debito relativo al payback dovuto per gli anni 2015- 2018 pagando, entro il prossimo 31 luglio, un importo ridotto pari al 48% di quello determinato, l’ulteriore rinvio. Dal payback, per il Servizio sanitario nazionale (Ssn), è stata stimata una entrata complessiva di circa 1 miliardo di euro. Per quanto riguarda lo slittamento della scadenza, per il CdM «trattandosi di proroga infrannuale del termine di versamento degli importi dovuti a titolo di pay-back dalle imprese fornitrici di dispositivi me- dici al Ssn, la disposizione non è suscettibile di determinare nuovi maggiori oneri per la finanza pubblica». Tra i primi a commentare positivamente la notizia, la presidente dell’associazione Aforp Puglia E Basilicata, Grazia Guida: «Alla luce del Dm approvato dal Consiglio dei Ministri, rinnnoviamo i ringraziamenti al Governo Meloni in attesa della emanazione del- le modalità operative, che consentano alle imprese, l’applicazione dello slittamento dei termini al 30 ottobre 2023». «Per tutti i fornitori ospedalieri – ha aggiunto Guida – è una boccata d’ossigeno in attesa di una soluzione definitiva». La Regione Basilicata ha calcolato che, rispetto al 100%, la quota complessiva che le ditte dovranno o dovrebbero trasferire alle Aziende sanitarie del sistema sanitario regionale a titolo di payback, e cioè in riferimento al superamento del limite di spesa per dispositivi medici per agli anni 2015-2018, tranne per il 2016 nel caso lucano, è di 9 milioni e 757 mila euro. La proroga concessa dal Governo, consente alle ditte interessate di valutare meglio la decisione da intraprendere: o pagare di meno con lo sconto, o adire le vie legali. Nel caso in cui le ditte non rinuncino al contenzioso, se soccombenza, allora l’importo da versare non beneficerà di alcuna riduzione e resterà quello previsto corrispondente al 100%. Positivo anche il commento di Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici. «Apprezziamo molto che – ha dichiarato Boggetti – il Governo abbia inserito nel decreto cosiddetto emergenza caldo, approvato in Consiglio dei Ministri, il rinvio del versamento del payback nelle forniture di dispositivi me- dici. Questo è un buon segnale di dialogo e di apertura nei confronti dell’industria del settore. Significa che il Governo ha capito che il payback porterebbe gravi ripercussioni a tutto il sistema salute. Adesso dobbiamo lavorare insieme per trovare soluzioni di governance del settore che superino questa norma ingiusta, perché questo clima di perdurante incertezza, sta logorando le imprese e sta portando a scelte forzate di riduzione dei posti di lavoro e di carenza di prodotti di qualità negli ospedali. Il fallimento di aziende e il disinvestimento nel nostro Paese di quelle che opera- no su scala globale porterà a migliaia di licenziamenti, a una riduzione drastica al sostegno della formazione e a un ulteriore taglio agli investimenti in ricerca e sviluppo. Ci sarà insomma un effetto negativo a cascata di forte impatto sociale ed economico. Ma non solo, la situazione coinvolgerà in modo sempre più diretto l’offerta di salute e la possibilità per i cittadini di effettuare le prestazioni sanitarie previste dai Lea». «Le conseguenze – ha concluso Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria dispositivi medici – ricadranno soprattutto sulle classi sociali più deboli, che non possono trovare risposte di salute altro che nel nostro Ssn. Per questo ora, oltre alla proroga, bisogna lavorare a soluzioni compatibili con le esigenze e la sopravvivenza stessa del Servizio sanitario nazionale, capaci di eliminare norme inique che invece ne ostacolano lo sviluppo, perché questo è un modo per sostenere l’Italia e i suoi cittadini».

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