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«SE SCOPRO QUALCOSA, TI MANDO QUALCUNO A FARTI UCCIDERE»: MARESCIALLO CAPO ASSOLTO

Il militare esce indenne da 2 processi penali, ma l’Arma dei Carabinieri non gli rimborsa i 15mila euro di spese legali: per il Tar è giusto così


Per un Maresciallo Capo dei Carabinieri che prestava servizio in un comune dell’area Sud della Basilicata, se sul versante penale è andata bene, sul fronte della Giustizia amministrativa no.

Per lui l’accusa era quella di aver con più azioni del medesimo disegno criminoso minacciato di «ingiusto male» una donna, con la quale aveva instaurato un rapporto sentimentale, profferendo al suo indirizzo espressioni quali «se scopro qualcosa ti mando qualcuno a farti uccidere», oppure, «se non fai quello che ti dico faccio venire dal paese un mio zio pregiudicato per farti passare dei brutti momenti ».

Nel 2019, il Tribunale di Lagonegro dichiarò di non doversi procedere nei confronti del Maresciallo Capo, in quanto, poichè nelle more del giudizio il delitto non era più perseguibile d’ufficio, la persona, dopo essere stata avvisata, non aveva esercitato il diritto di querela entro 90 giorni.

Separatemente, lo stesso Maresciallo Capo ha subito un processo anche per il delitto di calunnia perché con memoria difensiva al Comando Legione dei Carabinieri di Potenza, presentata nell’ambito di un procedimento disciplinare, «accusava di un fatto mai verificatosi il suo superiore», cioè di aver omesso di segnalare all’Autorità giudiziaria ed alle altre Autorità titolari del potere disciplinare, una lite alla quale lui stesso aveva assistito «tra due Carabinieri».

Nel 2020, sempre il Tribunale di Lagonegro, assolse il Maresciallo Capo per il delitto di calunnia ex, in quanto la contestata omissione del suo superiore, di mancata denuncia all’Autorità Giudiziaria ed alle altre Autorità titolari del potere disciplinare di una lite, alla quale avrebbe assistito, tra due Carabinieri, sebbene non confermata dai testi escussi, «non integrava la fattispecie di alcun reato». Incassati i due esiti positivi, il Maresciallo Capo ha iniziato l’iter burocratico per ottenere il rimborso delle spese sostenute per difendersi.

Sennonchè, l’anno scorso, dalla Direzione generale per il Personale militare del Ministero della Difesa, l’istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale, è stata respinta.

Questo l’atto impugnato dal militari al Tribunale amministrativo regionale (Tar) per la Basilicata. Per i 2 processi penali, aveva quantificato le spese in 6mila e 300 euro in riferimento alla minaccia grave, e in 8mila e 700 euro, relativamente alla calunnia: totale, 15mila euro.

In base ai relativi riferimenti normativi, solo le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di Amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle Amministrazioni di appartenenza.

Per il Tar, quelle del Maresciallo Capo si riferiscono a vicende personali: per questo non rimborsabili. Il conto è stato salato, 15mila euro, ma almeno nessuna condanna penale.


 

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