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POLITICA LUCANA UNITA: «PACE»

La testimonianza da Kiev, a Cronache in esclusiva le prime parole di Yulia K pronta a partire “zaino in spalla” per sottrarsi alla guerra


«Mentre scriviamo si combatte a Chernobyl, è stato colpito l’impianto nucleare. La storia si ripete: i bambini della cittadina inchiodata al ricordo del disastro ambientale sono cresciuti, a distanza di 35 anni sono tra le vittime della nuova guerra». Yulia K. è una di loro.

La Basilicata è la sua seconda casa. Con lei, un filo diretto da Kiev dalle 4.50 della scorsa notte (ore locali) quando le sirene hanno iniziato a stridere come impazzite. «Ci sono morti tra i civili, tra i nostri soldati, già dalle prime ore dai bombardamenti i morti non si contavano più. Abbiamo paura, io vivo a Kiev, i miei genitori sono a confine con la Bielorussia. Vorrei raggiungerli per poi fuggire in Polonia.

Qui non si vive più, abbiamo le scorte dei viveri sotto casa, dove i missili non possono colpire. Il nostro Presidente ha abbassato il prezzo di qualsiasi bene, anche i mezzi pubblici sono a costo zero. Nessuno lavora dallo scorso 15 febbraio, le fabbriche sono ferme».

Yulia è una professionista impegnata nel no-profit, lavora alla Camera di Commercio Italiana per l’Ucraina. Si tratta un Ente formato da imprenditori, la cui missione è quella di contribuire allo sviluppo delle relazioni commerciali tra l’Italia e l’Ucraina, promuovendo e supportando con le opportune azioni le imprese italiane verso il complicato processo di internazionalizzazione. Intanto, lo spazio aereo ucraino non è più disponibile per i voli civili, non soltanto in arrivo e in partenza, ma anche in sorvolo. Alle 3.08 è stata la stessa Eurocontrol, l’agenzia Ue che vigila sui cieli dell’Europa (e anche sull’Ucraina), ad avvisare tutti di non entrare nell’area «a causa degli elevati rischi per la sicurezza».

E così tutti i velivoli «devono evitare un’area di almeno 100 miglia nautiche i confini della Bielorussia e della Federazione Russa che circonda i confini dell’Ucraina». Il sogno di fuga per Yulia diventa un’utopia. Lei non si perde d’animo: «Fuggiremo con qualsiasi mezzo e se non ci sarà la disponibilità, lo faremo a piedi.

Vivere, respirare sotto le bombe non è possibile. A kiev si odono stormi di missili puntare a morte gli obiettivi umani. Sono i miei connazionali, ci sono anche io, la mia casa, la mia famiglia, il mio lavoro ». Sono le 18 (di ieri per chi legge), ora italiana. Yulia è in fuga da kiev. «Il traffico dati e le chiamate sono regolari. Poter comunicare con l’Europa mi aiuta a sentirmi meno sola. Io adoro l’Italia, è la mia seconda terra. Amo il mare del sud, la gente che riesce a darti affetto stringendoti semplicemente la mano.

Ora, siamo per strada, in macchina. È una fuga dolorosa. Ormai, la mia casa è alle spalle. Con me ho solo un borsa, con i documenti, soldi, carica batterie per telefono e pc, una bottiglia d’acqua e la valeriana!. Ho una sola preghiera per voi che racconterete il mio dramma. Noi non vogliamo vivere sotto la Russia. Meglio morire in Ucraina che vivere sotto il dominio russo».


 

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