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CENTRO STUDI UIL

Vainieri sulle imprese lucane

La recente indagine Istat su “Imprese, multinazionali e contesto locale del 2019” rivela in modo evidente il posizionamento della Basilicata come regione in transizione nel contesto industriale del Paese.

Un quadro sostanzialmente stabile del valore aggiunto prodotto delle unità locali negli ultimi anni; con la conferma al primo posto il Nord-Ovest con un contributo pari al 37%, seguito da Nord-Est (25,5%), Centro (20,8%) e Mezzogiorno (16,8%).

Dentro la dinamica nazionale delle imprese la base produttiva lucana è posizionata con prestazioni degne di nota. Le unità locali micro, l’80% della base imprenditoriale, deflettono dello 0,8% nel 2019 con l’eccezione di Piemonte, la Valle d’Aosta e, appunto, la Basilicata. Unità locali micro che continuano a generare la porzione più elevata di valore aggiunto in quasi tutte le regioni. Al Nord la pedemontana lombardo veneto emiliana ha un peso delle piccole unità locali pressoché identico (circa il 30% in entrambi gli aggregati), mentre prevalgono in modo marcato nel Mezzogiorno.

Altro fenomeno rilevante e caratterizzante per la regione lucana è l’incidenza e l’impatto delle multinazionali ubicate nel territorio, nell’economia locale e nazionale. Un fenomeno che connota sempre più la regione come comprensorio nazionale e multinazionale, con tutte le problematiche connesse in verticale verso gli assetti e strategie di queste macroaziende e di competenza governative per le alte interlocuzioni strategiche; oltre che per le competenze che riguardano le politiche regionali dei luoghi e delle risorse umane e territoriali coinvolte.

Nel Mezzogiorno le multinazionali (con dimensioni medie maggiori rispetto alle imprese operanti solo sul territorio nazionale) sono attive in Abruzzo nella fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi e nel settore tessile e in Puglia nel settore farmaceutico e nella fabbricazione di mezzi di trasporto. Per le multinazionali Italiane, la dimensione media maggiore (63,9 addetti) si registra in Basilicata (29,8 addetti per le unità locali di multinazionali estere, 10,9 per i gruppi italiani e 2,4 per le indipendenti).

È evidente un differenziale positivo anche per la produttività delle unità locali di multinazionali italiane in molte regioni del Mezzogiorno. Segnale di grande forza nel confermare una capacità produttiva uniforme dei territori ed una idonea condizione di attrattività dei contesti meridionali, se opportunamente sollecitati. In Puglia 98mila per le multinazionali estere e 50mila per le interne. In Basilicata 80 mila circa per gli insediamenti esteri, 60mila per le domestiche. I vertici sono toccati dal dato della Toscana con i livelli di produttività più elevati per le multinazionali (138mila euro per le estere, 103mila per le italiane).

Questa dinamica brillante dei dati lucani non deve trascurare la necessità di tenere il passo con le performances imprenditoriali meridionali. Una vivacità inaspettata delle imprese attive che crescono di un +1,6% nel III trimestre 2021 e per le società di capitali di un +5,9%, dati superiori al Centro Nord ed alle medie italiane. Insieme ad una crescita prevista al 2023 degli investimenti innovativi del 9,7% contro un più limitato 8,5% del dato Italia.

È chiaro che la regione lucana registra ancora palesi contraddizioni sociali e di emarginazione. Penultima per densità della rete autostradale (in rapporto alla superficie, alla popolazione e al parco auto), basso indice di dotazione infrastrutturale. E poi quel dato sconvolgente della povertà. La quota di famiglie a rischio di povertà è del 39%. Più di un terzo della società regionale che risulta deprivato di valide prospettive reddituali e di chance dignitose di vita familiare, oltre che di un sostegno ponte per attraversare le urgenze della pandemia. Insieme alla manovra sulla capacità produttiva già attestata nella regione serve la manovra per rendere più efficiente ed efficace l’offerta dei servizi alla persona. La protezione sociale con un cambio profondo delle politiche socio-sanitarie.

Tuttavia, la Basilicata si appalesa come terra di profondo e radicato tessuto manifatturiero ed industriale e di elevata cultura tecnologico-produttiva. Con un patrimonio di reti ed investimenti tecnologici e di know-how di tutto rispetto e di pregio nel contesto degli assetti industriali strategici del Paese. È al primo posto in Italia per incidenza del valore aggiunto automotive sul totale del valore aggiunto regionale (8,4% vs 1,5% media Italia); è al primo posto in Italia per valore aggiunto delle imprese a media-alta tecnologia rispetto al valore aggiunto manifatturiero (59,1% vs 40,5% in Italia); ha il secondo valore più elevato di incidenza dell’industria sui consumi di energia elettrica d’Italia (56% vs 44% in Italia).

È chiaro che questa inclinazione nazionale ed estera degli insediamenti industriali  in loco espongono l’ambiente, la società locale ed il trust di operatori e di risorse alla congiuntura globale dei settori in trasformazione. Quali sono le modalità per riportare al centro delle scelte di sviluppo regionale interregionale e nazionale il campo produttivo elettro-meccanico-manifatturiero? Quali le scelte per far crescere un contesto favorevole al confronto alto e generativo di proposte dell’ambito locale?

Perchè, paradosso tra i paradossi, l’economia globale contemporanea è anche un’economia locale (cfr. La nuova geografia del lavoro di E. Moretti). È fatta di “isole” dove si concentrano le produzioni ad alta tecnologia e valore aggiunto, dove occupazione, reddito e crescita della produttività sono considerevolmente più alti che altrove. Questo vale anche al Sud ed in Basilicata!

È il tempo di un vero Piano strategico Basilicata-Distretti manifatturieri ed agroindustriali declinati nei diversi ambiti urbanistico-territoriale-ambientale.

Chi, quale struttura regionale oggi si occupa con l’adeguata strumentazione di questi fenomeni? La risposta non polemica ma costruttiva è che ci vorrebbe un Assessorato ed una Direzione regionale specifica titolata alla “Competitività e all’industria multinazionale” idoneamente corredata di competenze elevate ed autorevoli capaci di interloquire con le istanze governative e con il top management industriale, oltre che adatta a promuovere quelle necessarie e veloci opere ed interventi per modificate le esternalità ospitanti del territorio.

Non si può immaginare di gestire ancora le aree industriali con la logica dell’economia lineare e non di quella circolare e delle energie innovative. Non si può tenerle separate dai grandi flussi di mobilità come oggi sono gli assi ferro stradali Na-Ba privi di intermodalità merci-persone.

Con tre grandi sfide: di rinnovamento interno, affidato alle politiche regionali di modifica delle condizioni ambientali, organizzative e di produttività locale; di mercato legata al posizionamento nelle filiere di produzione ed alle problematiche di prodotto (es. Automobile post termico) ed alla dinamica dei prezzi e della logistica delle forniture, di geo-economia per gli equilibri internazionali-globali e di regionalizzazione dei mercati ed all’attuazione delle policy europee legate alla transizione energetica.

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