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CORAGGIO DI FUTURO

Taccuino del sabato a cura di Enzo Santochirico


Di Enzo Santochirico


L’Istat sembra accompagnare le nostre riflessioni sulla questione demografica, approdata ormai anche in TV. L’ultimo dato di martedì scorso: record negativo per la natalità nel 2020 e, secondo i dati provvisori di gennaio-settembre , la dtnatalità raddoppia nel 2021 ( https://www.istat.it/it/archivio/264643) ,Tornando alla Basilicata e agli obiettivi del Piano strategico regionale, tenendo conto delle tendenze attuali, che vede un saldo demografico totale pari a – 5.333 (.– 2.836 quello naturale e – 2.497 quello migratorio), occorrerebbe quasi triplicare le nascite.

Un obiettivo illusorio se si considera che, secondo le previsioni ISTAT 2020-2070 (https://www.istat.it/it/files/2021/11/REPORT- PREVISIONIDEMOGRAFICHE. pdf), fra mezzo secolo l’Italia avrebbe oltre 10 milioni di abitanti in m meno col rischio desertificazione nel Sud, che vedrebbe ridotta di un terzio la sua popolazione (R. Volpi su Lettura del 12 dicembre), .

Da noi codice rosso perché la Basilicata ha il primato assoluto di avere anche il saldo migratorio negativo e ciò spiega la complessiva, consistente e crescente diminuzione già ora della popolazione. Così stando le cose, come può essere credibile e realistico, come vorrebbe il piano strategico regionale, che più occupazione giovanile e femminile si traduca in più famiglie e più figli? Non rischia di rendere aleatoria se non improbabile la già audace “missione impossibile” di invertire una tendenza demografica negativa ultradecennale?

Senz’altro positive e condivisibili le politiche dirette all’incremento dell’occupazione giovanile e femminile (così come al rafforzamento del sistema di welfare, soprattutto verso infanzia e anziani), ma seri dubbi sulla loro performatività sul futuro demografico, almeno nel medio periodo. Questo, tuttavia, non significa rinunciare ad una politica “demografica”, che invece deve fare tesoro di esperienze, modelli, sperimentazioni, che hanno già dato risultati o comunque mostrato potenzialità.Nella variazione della popolazione residente giocano, da un punto di vista demografico, una componente interna (naturale e dei trasferimenti di residenza nazionali) e una componente esterna (migratoria con l’estero) e studiandone i flussi, si ricavano alcuni indicatori.

Il “Rapporto sulla popolazione” (pp. 148 ss.) classifica i comuni italiani in 6 gruppi (cluster) relativamente omogenei che rappresentano le diverse realtà geomorfografiche che compongono il Paese:”Quelli che attraggono” (2045 comuni, soprattutto al Centro Nord), il “Centro -Sud che tiene” (1897, grazie soprattutto a immigrazione straniera), “Centro Nord che perde” (1756, con piccoli e medie dimensioni, anche con tasso immigrazione negativo), “Si invecchia al Nord e non solo” (1316, Nord occidentale e centro, con saldo naturale negativo e bassa crescita immigrazione), “Sud interno e marginalità” (886 , con popolazione media 1000 abitanti e bassa percentuale stranieri, territori dell’abbandono e dell’isolamento), “Piccolo é bello”n(27 comuni, di ridotte dimensioni, a elevato tasso medio di incremento del saldo migratorio con l’estero).

Nei cluster “Centro Sud che tiene” e “Piccolo è bello”, che presentano performances demografiche positive, fondamentale è la migrazione dall’estero, alla quale si riconnette poi un incremento dell’indice di natalità. Fra i Comune del cluster “Piccolo è bello” troviamo realtà come Riace o Camini in Calabria, che, al di là delle notizie di cronaca, hanno sperimentato forme di rianimazione demografica significative in tempi brevi e in controtendenza rispetto a realtà simili.Il tema va affrontato in termini pragmatici, non ideologici. E bisogna assolutamente evitare di pensare all’immigrazione emergenziale, clandestina, forzata.

Il Governo attuale sembra averlo capito con il decreto allo studio che riapre ai flussi migratori dall’estero.Possono essere pensate, costruite e praticate politiche attrattive, che trovano in formazione, welfare diffuso, recupero del patrimonio immobiliare, manutenzione del territorio, forme produttive tradizionali, agricoltura, aree e settori capaci di costituire occasioni di rivitalizzazione di centri e comunità, altrimenti, destinati alla progressiva ma inesorabile consunzione.

Si hanno la lucidità, il pragmatismo e il coraggio di una lungimiramte politica di immigrazione che inverte la demografia, riempie territori e scuole, alimenta il mercato interno, garantisce la sopravvivenza della regione? .Sostengo da tempo che un altro grande canale di flusso di “immigrati”, ancorché temporanei, avrebbe potuto e dovuto essere l’Università e continuo a pensare che Matera (lo dico senza amor di campanile, ma con realismo) dovrebbe diventare una città universitaria che, come altre di grandezza simile (Siena, Cassino, ecc.), può moltiplicare la dimensione urbana.E tali processi hanno un “indotto”, una capacità attrattiva aggiuntiva inestimabile.Più in generale il campo della creatività e dell’industria culturale potrebbero giocare un ruolo simile.

E si potrebbero fare altri esempi, attingendo a studi, esperimenti, esperienze, realtà che con la tematica demografica si sono già cimentate e offrono indicazioni utili, good and bad practices. Il tema non é nuovo. Interrogandoci sulle “Vie d’uscita” per il Sud, ne discutemmo nel 2005 a Matera, su iniziativa dell’associazione Medeura, presentando un libro sullo sviluppo locale di Carlo Trigilia (poi anche ministro), con l’autore, l’allora assesore regionale Rocco Colangelo e Michele Somma, all’epoca presidente dei Giovani Confindustria (facendo poi tardi con le prelibatezze di Sergione). In controdentenza ne parlò 15 anni fa l’on.Savino (https://www.pensalibero.it/il-sudda- terra-di-emigrazione-a-luogo-di-accoglienza/).

La novità – e di questo bisogna dare atto alla Regione – é di averne fatto una questione primaria e strategica. Non affrontarla adeguatamente significherebbe rendersi responsabili delle sue ulteriori e irreversibili conseguenze. Per questa sfida non si può inseguire il passato. Ci vuole coraggio, coraggio di futuro. Il Taccuino non sarà con voi i prossimi due sabati. Arrivederci all’anno prossimo con l’ augurio di Buon Natale e Felice Anno nuovo


 

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