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INCHIESTA MORTE CARONE: PER IL GIP LE INDAGINI DEVONO PROSEGUIRE

Sul parà barese deceduto nell’agosto del 2019 dopo un lancio dall’avio superficie di Lavello accolta l’opposizione dei familiari

L’inchiesta sulla morte di Francesco Carone continuerà per approdare all’accertamento dell’adeguatezza o meno della preparazione impartita al paracadutista, nonchè l’idoneità della scuola frequentata. I familiari del 45enne parà barese deceduto durante un lancio, Studio3A-Valore SpA e l’avvocato Aldo Fornari, che li assistono, hanno accolto con soddisfazione la decisione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza, Antonello Amodeo, di respingere la richiesta di archiviare il procedimento penale presentata dal Pubblico ministero, convenendo sulle obiezioni proposte nell’opposizione all’archiviazione. Carone ha perso la vita il 4 agosto 2019 nell’avio-superficie Falcone di Gaudiano di Lavello (Pz), al culmine di un tragico lancio.

Per l’incidente il Pm della Procura potentina, Maria Cristina Gargiulo, ha indagato tre persone per omicidio colposo in concorso: A. G., 49 anni, di Filottrano (Ancona), fondatore e direttore della scuola di paracadutismo dell’Associazione Fly Zone frequentata dalla vittima e che aveva organizzato l’attività a Lavello, istruttore e pilota del Cesna da cui si effettuavano i lanci; P. T., 45 anni, di Bisceglie, “direttore di lancio”; D. V., 43 anni, di Grottazzolina (Fermo), l’istruttore del corso tenutosi nella stessa avio-superficie dal 13 al 16 giugno 2019, che aveva rilasciato il brevetto a Carone.

Ma il sostituto Procuratore, chiuse le indagini preliminari, ha chiesto l’archiviazione in base alle conclusioni della consulenza tecnica affidata a Gianluca Gaini, istruttore e direttore di scuola di paracadutismo e di lancio e Presidente della sezione di Firenze dell’Associazione Nazionale Paracadutisti D’Italia. Il consulente, come spiegato da Studio3AValore SpA e dall’avvocato Aldo Fornari, ha ascritto «l’incidente a una concatenazione di errori umani di Carone, paracadutista di lungo corso, già parà della Folgore e tesserato dell’Andpi Barletta, ma “neofita” della specialità dell’ala vincolata, che prevede lanci da 1.500 metri con apertura automatica del paracadute tramite una fune di vincolo collegata all’aereo: aveva seguito il corso di giugno e il lancio del 4 agosto faceva parte dell’addestramento».

Per il Ctu, inoltre, la vela principale del paracadute non si è aperta «a causa del passaggio nella gamba sinistra della funicella del comando di direzione posizionato sulla bretella destra, il che ha comportato un’apertura asimmetrica della velatura principale che peraltro, essendo rimasta legata alla fune impigliata, ha impedito l’azionamento del dispositivo di emergenza». Nessuna responsabilità in capo a terzi secondo Giani: scuola, istruttore del corso e direttore di lancio rispettavano gli standard richiesti. Conclusione per nulla condivisa dai patrocinatori dei familiari della vittima, che ha lasciato la moglie, la madre e la sorella le quali, per essere assistite, tramite il responsabile della sede di Bari Sabino Da Banedictis, si sono affidate a Studio3A e all’avvocato Aldo Fornari, del Foro di Bari. Studio3A ha incaricato un esperto, l’ingegnere Pietro Pallotti, di esaminare la dinamica dei fatti e le sue valutazioni sulle responsabilità sono risultate ben diverse.

Osservazioni puntualmente esposte nell’atto di opposizione e ritenute fondate dal dottor Amodeo. Già dalla constatazione che dalla stessa perizia della Procura era emerso che Carone, hanno spiegato i legali dei familiari del parà, «aveva effettuato un’uscita non corretta dal velivolo, come non corretta era stata la sua “reazione” all’inconveniente insorto dopo il lancio: avrebbe dovuto prima liberarsi dall’intreccio funicolare e solo dopo sganciare la vela principale». Il fatto è che non era la prima volta: anche il giorno precedente, 3 agosto, al suo penultimo lancio, il parà non aveva seguito la corretta procedura, e in uno dei lanci effettuati al corso di giugno il paracadute gli si era aggrovigliato, anche se allora era riuscito a liberarsi. “Spie” che avrebbero dovuto mettere in allarme i suoi istruttori.

Per queste e altre considerazioni, il Gip ha ritenuto che «allo stato non possa essere accolta la richiesta di archiviazione, apparendo necessario ai fini della decisione, per il rilievo che assume sugli elementi della causalità e della colpa, accertare mediante quesito integrativo al consulente Gianluca Giani: se nel caso di specie risultano effettuate le prove pratiche, se siano state regolarmente documentate e da chi, chi sono le figure destinatarie di tali prescrizioni, e con quali soggetti queste figure si identifichino nel caso specifico»

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