COVA, ACQUE DI PROCESSO: «COSA C’È NELLO 0,01%»?
Dopo la perdita, l’Osservatorio popolare Val d’Agri si complimenta con l’Arpab ma non si fida delle rassicurazioni dell’Eni
VIGGIANO. Come è noto, il 31 ottobre c’è stato un sopralluogo congiunto avvenuto da parte dei tecnici Arpab e della Regione Basilicata nel Centro Olio di Viggiano, il Cova dell’Eni. I tecnici Arpab hanno accertato una perdita all’interno dell’area Cova in prossimità del punto interno della condotta di reiniezione pozzo “Costa Molina 2” che ha interessato la linea che collega le pompe temporanee. La perdita riguarda le acque di processo a valle del trattamento che contengono concentrazioni di idrocarburi tra 40 e 60 milligrammi per litro.
Da parte sua, Eni ha specificato che «il fuido è composto dal 99,99 % di acqua in quanto opportunamente trattato, come previsto nell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) del Cova, e che l’area interessata risulta essere una porzione molto delimitata di suolo superciale (circa 50 m2) completamente interna allo stabilimento e pertanto senza alcun rischio per la salute e l’ambiente esterno». A tornare sull’argomento, l’Osservatorio popolare della Val d’Agri, per il quale «l’ennesimo incidente al Cova conferma che l’impianto sta diventando ogni anno più vecchio ed obsoleto e questo non sarà, purtroppo e nostro malgrado, l’ultimo dei problemi annoverabili ad esso già solo semplicemente per l’avanzata età di costruzione ed esercizio del Centro oli Eni». In riferimento alla precisazione del Cane a 6 zampe, dall’Osservatorio hanno chiesto di sapere cosa ci sia, in relazione alle acque di processo, «nel restante 0,01%».
«Ecco questa piccola percentuale dello 0,01 a noi valligiani interessa di più hanno proseguito gli esponenti dell’Osservatorio , molto di più, della percentuale del 99,99% di acqua trattata perché in processi industriali cosi complessi, pericolosi e segreti, quello 0,01% può essere letale e compromettente per le nostre matrici naturali già in più circostanze messe a dura prova dall’estrazione in valle. Si pensi ad esempio all’incidente delle 400 tonnellate di greggio che Eni, non noi dell’Osservatorio, ha dichiarato di aver perso dai serbatoi nel gennaio 2017 e che dai dati in nostro possesso sono state recuperate in una quantità non superiore alle 340 tonnellate, anche qui proviamo a chiedere conto, ancora una volta, delle restanti tonnellate di greggio non recuperate fino ad oggi e non solo ad Eni ma anche ad Arpab».
«Speriamo vivamente hanno rimarcato come dice il Dg Arpab, Tisci, “che il tempo in cui ci si affidava ciecamente alle rassicurazioni delle compagnie petrolifere è definitivamente concluso”, ma speriamo anche che non inizi il tempo delle tempestive e celeri affermazioni dell’Arpab se poi non sono confortate da analisi celeri, efficaci e soprattutto certificate. Inoltre chiediamo quando il sito del Cova, in fase di bonifica (lo ricordiamo) diventerà Sin cioè sito di interesse nazionale per ricevere l’attenzione che merita anche a livello nazionale». «Chiudiamo hanno concluso gli esponenti dell’Osservatorio popolare della Val d’Agri ribadendo che lo 0,01 sembra poca cosa ma non lo è perché noi non vogliamo più banalizzare nulla di quanto accade al Cova perché lì dentro il processo industriale non è affatto banale e perché ne va della nostra salute ed anche della nostra dignità».