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PERCHÉ VORREI INCONTRARE L’EX BOSS PIERDONATO ZITO

Lettere lucane


Quando ero ragazzo – tra fine anni ’80 e primi anni ’90 – Montescaglioso era l’epicentro di una inquietante escalation malavitosa. Uno dei protagonisti di questo romanzo criminale lucano era Pierdonato Zito, che sconta un ergastolo ostativo, e che era a capo dell’omonimo clan. Ricordo che in quegli anni il Tg regionale della Rai parlava continuamente di attentati, di racket e, purtroppo, di omicidi.

La figura di Zito mi ha sempre incuriosito, perché l’ho sempre ritenuto consapevole, finanche antropologicamente, di ciò faceva. Da quello che mi risulta, attualmente Zito ottiene dei permessi che gli permettono di uscire da carcere e, oltre a studiare molto, ha pure realizzato alcune opere artistiche e un libro. Oggi che Zito ha ampiamente pagato per i crimini commessi, confesso che non mi dispiacerebbe incontrarlo. Non vorrei soltanto sapere tanti dettagli sui clan allora in lotta tra Puglia e Basilicata, ma capire meglio cosa gli passasse per la testa, quali ambizioni avesse, quale demone lo agitasse. Gli anni ’80 sono stati anni di accelerazioni, per la Basilicata. Il post-terremoto stravolgeva la faccia dei nostri paesi e l’eroina mandava all’inferno centinaia di ragazzi. Zito agì in un’epoca che volle strozzare definitivamente la vecchia Basilicata rurale e moralista, e per tale motivo iniziò una guerra personale contro tutto e tutti.

Qualcuno ha definito gli anni di Zito – in lotta contro il clan Bozza – come “gli anni di piombo di Montescaglioso”. Oggi mi piacerebbe capire quali ambizioni e quali inquietudini agissero ragazzi feroci come Zito. Vorrei incontrarlo non per giudicarlo, ma per capire meglio un momento di passaggio della Basilicata. Perché quando un uomo spara, spara sempre per tanti motivi. E i veri motivi di Zito, un giorno, mi piacerebbe ascoltarli dalla sua stessa voce.

diconsoli@lecronache.info

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