Morte di Elena Ceste, criminologa Ursula Franco: a Michele Buoninconti sono stati attribuiti molteplici inesistenti depistaggi
“ Se la procura avesse letto i fatti nel modo giusto avrebbe riconosciuto nel comportamento di Michele quello di un uomo disperato che cercava sua moglie, invece, gli inquirenti, pur di non tornare sui propri passi, hanno definito depistaggio tutto ciò che non si confaceva alla loro improbabile ipotesi omicidiaria, ciò ha condotto all’irreversibile distruzione di un nucleo familiare già provato dalla morte di una donna, moglie e madre di quattro bambini“

Morte di Elena Ceste, criminologa Ursula Franco: a Michele Buoninconti sono stati attribuiti molteplici inesistenti depistaggi

Criminologa Ursula Franco: “La “tunnel vision” che ha colpito gli inquirenti ed i giudici nel caso Buoninconti Ceste ha impedito la giusta lettura dei fatti e ha condotto alla condanna di uomo per un omicidio mai avvenuto. Innumerevoli sono i fantomatici depistaggi attribuiti al povero Michele Buoninconti che sono esclusivamente il frutto di una lettura distorta degli accadimenti del 24 gennaio 2014 e dei mesi successivi”

– Dottoressa Franco, parliamo del depistaggio attribuito a Buoninconti durante l’attività di ricerca
Nonostante la sera stessa della scomparsa della Ceste Buoninconti abbia organizzato un gruppo di ricerca proprio nella zona in cui furono ritrovati i resti di Elena, cui parteciparono il cognato Danilo Pacelli ed il collega Giancarlo Soave con il figlio, è stato accusato di averlo fatto solo per evitare che vi tornassero i soccorritori. Innanzitutto, se lui avesse ucciso ed occultato il cadavere della moglie dove sono stati ritrovati i suoi resti, non avrebbe certo scelto di cercare Elena in quella zona per evitare di correre degli inutili rischi. Michele avrebbe invece organizzato un gruppo di ricerca da un’altra parte, perché, pur dirigendo lui ogni operazione e fornendo le indicazioni sui percorsi da seguire, egli non avrebbe certo potuto impedire agli uomini che partecipavano a quella ricerca di trovare la scomparsa. Infine, le ricerche di quella sera non servirono ad evitare altre ricerche in quel luogo, pochi giorni dopo, il 29 gennaio, i soccorritori tornarono in quella zona ed arrivati al grosso cespuglio al margine del Rio Mersa fecero retromarcia e di certo non per colpa del povero Buoninconti che non si trovava con loro durante quelle ricerche.
– Dottoressa Franco, che può dirci della presunta telefonata di depistaggio a nome di Armando Diaz del giugno 2014?
Michele Buoninconti, durante una telefonata con una giornalista, ha suggerito: “Non controllate quel laghetto ma cercate tra chi inviava messaggi a Elena…Che volevano da una mamma, una moglie, una casalinga?… alle persone bisogna chiedere, non ai luoghi”
È chiaro che questa telefonata è a discolpa di Buoninconti. Michele invitò a non cercare Elena nel laghetto e, come noto, il cadavere della Ceste lì non era, solo nel caso i resti della donna fossero stati ritrovati nel lago il suo poteva essere considerato un tentativo di depistaggio e poi, se Michele avesse ucciso sua moglie non avrebbe certo impedito le ricerche di Elena in aree dove lui sapeva che non avrebbero mai trovato i suoi resti, anzi sarebbe stato ben felice che gli inquirenti perdessero tempo a cercarla dove non era.
Buoninconti inizialmente pensò che sua moglie fosse scappata nuda, come in realtà era avvenuto ma, dopo le infruttuose ricerche, egli cominciò a sospettare di Damiano Silipo. Michele è un vigile esperto e, all’epoca, era convinto di aver fatto ricerche impeccabili intorno a casa sua, pertanto pensò che il corpo di Elena non fosse nei dintorni ma che qualcuno l’avesse aiutata ad allontanarsi da casa.
– Dottoressa Franco, perché Michele non voleva consegnare ai carabinieri gli occhiali della moglie?
Michele consegnò ai carabinieri di Costigliole un paio di occhiali diversi da quelli da lui ritrovati in giardino vicino agli abiti della moglie la mattina della sua scomparsa ma poi contattò il comandante dei carabinieri di Govone, che stimava, al contrario dei carabinieri di Costigliole, dicendogli che avrebbe voluto dare al magistrato quelli giusti.
La poca stima nei confronti dei carabinieri di Costigliole, dovuta agli atteggiamenti nei suoi confronti e ai dissidi tra i colleghi delle diverse stazioni, quella di Govone e quella di Costigliole, lo indussero a ritenere che sarebbe stato meglio far analizzare gli occhiali ad un esperto di sua scelta per cercare eventuali impronte lasciate da estranei.
Questo episodio si spiega facilmente, Michele, dopo aver consegnato gli abiti di Elena ai carabinieri di Costigliole, aveva creduto che gli uomini dell’Arma non li avessero ben analizzati e gli stessi gli apparvero negligenti in quanto indicarono in un verbale di avergli sequestrato una chiavetta USB mentre in realtà non l’avevano repertata.
– Dottoressa Franco, il 4 aprile 2014, Michele Buoninconti ha riferito agli inquirenti: “Come vigile del fuoco mi sento di dire che nella provincia di Asti censiscono i pozzi, nei pressi di Cuneo no” e a causa di questa dichiarazione, è stato accusato di aver voluto orientare le ricerche prospettando ricerche nei pozzi tanto che nella richiesta di misura cautelare a pag. 21-22 si legge: “(Buoninconti) raccontava della presenza di pozzi censiti nella provincia di Asti, molto meno nella provincia di Cuneo, riferiva di aver esplorato alcuni pozzi… escludeva che la moglie potesse essersi tolta la vita buttandosi in un pozzo avendo a disposizione molte altre soluzioni suicidiarie, anche in casa”
Ma ci rendiamo conto che Michele riferì che c’erano pozzi non censiti nella provincia di Cuneo e poi escluse che Elena si trovasse in un pozzo?
Ma come si fa ad attribuirgli un depistaggio?
Peraltro i pozzi vengono controllati di routine durante le ricerche di un disperso e proprio su questo punto, l’ingegner Giuseppe Piazza direttore del comando provinciale dei vigili del fuoco di Asti, coordinatore delle ricerche di Elena Ceste, il 29 ottobre 2014, sentito a sommarie informazioni ha dichiarato: “altro è guardare nei cunicoli, dirupi o pozzi dove si può cadere, ma zone impraticabili a piedi per eccesso di vegetazione fitta e spinosa non può essere oltrepassata né evidentemente sorvolata” mentre, il 17 ottobre 2014, il superiore di Buoninconti, Giacomo Marzo, ha riferito agli inquirenti: “Abbiamo fatto tanti recuperi nei pozzi anche pericolosi, livello pavimento, abbiamo sempre commentato che può essere facile finirci dentro”
– E allora perché, nonostante l’ingegner Giuseppe Piazza ed il vigile Giacomo Marzo abbiano riferito agli inquirenti che la procedura standard consiste nel cercare un disperso anche nei pozzi, Buoninconti non è stato affrancato dall’accusa di aver depistato?
La risposta al lettore.
– Michele è stato accusato di non aver condotto il cane di Elena alla ricerca della padrona scomparsa, che può dirci in merito?
Il figlio della vicina, M.C., sentito il 4 aprile 2015, ha riferito agli inquirenti: ‘Dopo pranzo le ricerche erano proseguite con Michele, il cane ed il figlio Giovanni’, è pertanto falso che lo spaniel Gandalf non abbia partecipato alle ricerche della sua padrona. Michele lo condusse con sé il giorno stesso della scomparsa della Ceste sperando che ritrovasse sua moglie ma si rese conto che, non essendo addestrato, il cane non era in grado di seguire eventuali tracce e per questo motivo credette fosse una perdita di tempo consegnarlo all’amico Giancarlo Soave successivamente.
– Dottoressa ci commenti questo stralcio della richiesta di misura cautelare in carcere: “l’interesse era stato quello di sviare le ricerche dal luogo ove aveva occultato (…) basta osservare che dalla privata abitazione di Buoninconti dal piano rialzato si vede distintamente il sito in questione”
Una roba da mani nei capelli. Che cosa avrebbe potuto fare Michele per impedire che qualcuno ritrovasse i resti della Ceste? Nulla, tanto che sono stati ritrovati senza che Buoninconti lo impedisse. Nessuna delle illogiche ipotesi della procura ha mai trovato conferme nei fatti.
– Poiché durante una telefonata con Enzo Balocco la linea cadde, la procura ha accusato Michele di aver volontariamente interrotto la conversazione per impedire agli addetti alle ricerche di recarsi nella zona citata dal Balocco, Isola La Chiappa, dove successivamente venne ritrovato il corpo di Elena, che ne dice dottoressa?
Dalla lettura attenta della trascrizione di tale telefonata si evince che l’amico Enzo e Michele sono concordi sul fatto che la Ceste non possa essersi recata in posti che non conosceva. Riguardo al fatto che venga citata la zona in cui è stato ritrovato il corpo di Elena, in altre conversazioni Buoninconti ed i suoi colleghi hanno parlato di altre località non distanti dalla casa della Ceste, Elena, d’altra parte, da quella zona si era allontanata ed è naturale che nelle telefonate si parli di quei luoghi. È semplicemente un caso che durante quella telefonata sia caduta la linea e le cause possono essere state molteplici, peraltro al riprendere della telefonata, Buoninconti non cercò di convincere l’amico a desistere dalle ricerche ma a passare da lui per organizzarle.
Ancora, riguardo al contenuto della telefonata, Michele riferì a Enzo Balocco che Elena non era abituata a frequentare le strade di campagna, tale affermazione era veritiera, quel giorno però la donna non era in sé, fuggiva ai suoi immaginari persecutori e, proprio per questo motivo non si comportò come al suo solito.
Infine, dalla telefonata si evince come Michele, al pari di tutti i componenti dei gruppi di ricerca, fosse convinto che la moglie non potesse essere in una zona da lui battuta e, come loro, semplicemente si sbagliava. La casistica è ricca di casi di ritrovamenti di cadaveri di soggetti scomparsi proprio in zone battute dai soccorritori e di commenti increduli o polemici degli stessi. Buoninconti era convinto di aver cercato bene vicino a casa e per questo motivo ripeteva, come riferito da Soave: “Cercatela altrove, non vicino a casa”, comportamento tipico di coloro che partecipano alle ricerche, non anomalo. I responsabili dei gruppi di ricerca che cercarono Yara Gambirasio senza trovarla hanno sempre sostenuto che non era possibile che non l’avessero trovata se fosse stata lì, le indagini hanno provato che Yara in quel campo trovò la morte e rimase fino al momento del ritrovamento.
– Dottoressa il fatto che Michele si sia diretto a Govone è stato considerato un depistaggio
Buoninconti andò a Govone in quanto non aveva punti di riferimento, non sapeva dove cercare, ci andò forse anche per esorcizzare quel drammatico evento. Michele, convinto che Elena fosse sulle strade percorribili dalle auto, escluse che si fosse diretta verso Costigliole d’Asti in quanto non l’aveva incrociata tornando a casa, escluse dopo un rapido controllo che si fosse diretta nel senso opposto e quindi scelse, non sbagliando, di dirigersi a Govone, infatti, la casa di famiglia di Govone poteva rappresentare un punto di riferimento per Elena anche in uno stato psichico alterato. Michele si diresse a Govone non solo per controllare se Elena fosse a casa ma anche per cercarla sulla strada che porta al paese. Possibile che anche l’andatura moderata di Buoninconti, notata e riferita dal signor Felicino Ceste che si trovava nella sua vigna mentre Michele, nell’atto di telefonare e con il finestrino abbassato, percorreva la strada di ritorno da Govone, sia stata interpretata come sospetta e non semplicemente come l’andatura che avrebbe tenuto chiunque stesse cercando un familiare scomparso?
Non posso che riportare ciò che hanno scritto nell’ordinanza riguardo a questo punto i tre giudici del riesame: “Il percorso in questione, quindi, certamente non finalizzato a trovare Elena, si giustifica solamente con la necessità di localizzare sé stesso in un’area lontana da quella della frazione Chiappa di Isola D’Asti, corroborando su di sé un potenziale alibi rispetto alla sua presenza in altri luoghi diversi, ben più incriminanti” e ciò che si legge nella richiesta di misura cautelare su questo punto: “Felicito Ceste si diceva sicuro (come se il fatto riferito dal contadino fosse particolarmente incriminante) di avere notato Michele Buoninconti transitare in auto ad andatura assai moderata e la circostanza curiosa era che malgrado Felicino Ceste fosse rimasto a lavorare la vigna per circa due ore dalle 9.30, non aveva più visto Buoninconti tornare indietro dalla stessa strada”. Sensum comune abstulit direbbe Fedro, aggiungo io che sto solo elucubrazioni volte a sorreggere l’insostenibile.
– In conclusione?
Michele ha avuto la sfortuna di essere un vigile esperto, di conoscere la tecnica di ricerca di uno scomparso e di essere preoccupato per le sorti della moglie. Attribuirgli innumerevoli fantomatici depistaggi è stato soltanto un modo di giustificare l’eclatante fallimento delle ricerche di Elena Ceste da parte dei gruppi di ricerca.
La logica ci permette di escludere, senza ombra del dubbio, che Michele Buoninconti abbia cercato di depistare le indagini.
Se la procura avesse letto i fatti nel modo giusto avrebbe riconosciuto nel comportamento di Michele quello di un uomo disperato che cercava sua moglie, invece, gli inquirenti, pur di non tornare sui propri passi, hanno definito depistaggio tutto ciò che non si confaceva alla loro improbabile ipotesi omicidiaria, ciò ha condotto all’irreversibile distruzione di un nucleo familiare già provato dalla morte di una donna, moglie e madre di quattro bambini.
