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Avv. Donatello Genovese : DIVIETO di PLURIMO MANDATO – NAD si è costituita “ad adiuvandum”

NAD confida che l’Autorità Giudiziaria – stante l’imbarazzante silenzio del Ministro della Giustizia sulla questione, benché più volte formalmente rappresentata – intervenga d’imperio, una volta per tutte, per ripristinare le fondamentali regole che presidiano la corretta ed imparziale rappresentanza istituzionale della classe forense, messa a repentaglio dal vergognoso accaparramento delle posizioni di potere registratosi negli ultimi anni

Avv. Donatello Genovese
Donatello Genovese
DIVIETO DI PLURIMO MANDATO: FERVE L’ATTESA DELLA PRONUNCIA DEL TRIBUNALE DI ROMA.
Avant’ieri davanti al Tribunale di Roma, Seconda Sezione Civile, è stato discusso il ricorso d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) per ottenere la sospensione dalla carica degli avvocati che siedono illegalmente nel CNF (ossia di Andrea Mascherin, di Andrea Pasqualin, di Giuseppe Picchioni, di Maurizio Magnano di San Lio, di Stefano Savi, di Giovanni Arena, di Carlo Orlando, di Salvatore Sica e di Antonio Baffa), nel quale giudizio NAD si è costituita “ad adiuvandum”.
Come dedotto dai venti avvocati ricorrenti, gli Avv.ti Mascherin, Baffa, Pasqualin e Picchioni sono stati eletti in violazione del divieto di cui al primo comma dell’art. 34 della L. 247/2012, nella parte in cui prescrive che i componenti del CNF “non possono essere eletti consecutivamente più di due volte nel rispetto dell’equilibrio tra i generi”.
Inoltre, come pure rappresentato dai ricorrenti, gli Avv.ti Mascherin, Magnano di San Lio, Baffa, Savi, Arena, Orlando e Sica sono stati eletti in contrasto col divieto di cui al terzo comma dell’art. 34 della L. 247/2012, che dispone che il consigliere nazionale forense “non può appartenere per più di due mandati consecutivi allo stesso ordine circondariale il componente eletto in tali distretti”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 173/2019, ha chiarito che il divieto di triplo mandato consecutivo negli ordini forensi rispetta la Costituzione e discende da un principio di portata generale negli ordinamenti delle libere professioni, sancito non soltanto per gli avvocati, ma anche per i dottori commercialisti e per gli esperti contabili, per i dottori agronomi e forestali, per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, per gli assistenti sociali, per gli attuari, per i biologi, per i geologi, per gl’ingegneri.
La stessa regola vale anche per i sindaci egli enti locali, per i membri elettivi del Consiglio superiore della magistratura, per i componenti del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, per i membri del Consiglio nazionale forense e per i componenti del Consiglio nazionale del notariato.
La finalità del divieto è quella di garantire l’accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, che “sarebbe evidentemente compromessa da una competizione che possa essere influenzata da coloro che ricoprono da due (o più mandati) consecutivi la carica per la quale si concorre e che abbiano così potuto consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da tratti peculiari di prossimità”
Infatti il divieto del terzo consecutivo mandato forense favorisce un fisiologico ricambio politico-amministrativo, immettendo “forze fresche” nelle istituzioni, garantendo “autorevolezza di una professione oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, in ragione della sua diretta inerenza all’amministrazione della giustizia e al diritto di difesa”; inoltre “appare preordinato a evitare la formazione e la cristallizzazione di gruppi di potere interni all’avvocatura, o quantomeno a limitarne l’eventualità, mediante il ricambio delle cariche elettive e la conseguente salvaguardia della parità delle voci dell’avvocatura” (pluralismo).
Lo scorso anno il TAR del Lazio dichiarò il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice ordinario, sul ricorso proposto dai suddetti avvocati contro l’elezione di alcuni consiglieri nazionali in contrasto col divieto di plurimo mandato sancito dall’art. 34 della L. 247/2012, secondo la chiarissima interpretazione enunciata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 32781/2018 e ribadita dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 173/2019 (nel cui giudizio NAD, tramite i propri esponenti, era intervenuta “ad adiuvandum”).
La sentenza del TAR, pur declinando la propria giurisdizione, riconobbe che “se tutti gli iscritti agli albi degli avvocati concorrono a costituire l’ “ordine forense”, che a sua volta si articola (anche) nel CNF, e quest’ultimo, ai sensi di quanto illustrato negli artt. 1, 11, 35 e 50 della l. n. 247/2012, svolge molteplici attività, tra cui quelle consultiva in sede normativa, regolamentare e disciplinare, nell’interesse dei professionisti costituenti l’ordine forense, ne deriva che ciascuno dei ricorrenti è legittimato, avendo una posizione giuridica differenziata rispetto a tutti gli altri consociati, a contestare la composizione del suddetto Consiglio e, quindi, la relativa proclamazione di soggetti eletti nell’organo che, secondo quanto previsto dall’art. 24 legge cit., si qualifica quale ente pubblico non economico a carattere associativo istituito per garantire il rispetto dei principi previsti dalla legge e delle regole deontologiche, anche con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione”
Il giudizio è stato riassunto dinanzi al Tribunale di Roma con ricorso per procedimento sommario di cognizione e la prima udienza è stata fissata per il 15 aprile 2020. Nelle more è stato proposto il suddetto ricorso d’urgenza, discusso avant’ieri.
NAD ha ritenuto doveroso costituirsi in entrambi i giudizi per sostenere le ragioni dei ricorrenti, essendo convinta che il turn over nelle cariche forensi sia una basilare forma di rispetto del principio democratico, baluardo della Carta costituzionale e valore fondante dell’Associazione.

NAD confida che l’Autorità Giudiziaria – stante l’imbarazzante silenzio del Ministro della Giustizia sulla questione, benché più volte formalmente rappresentata – intervenga d’imperio, una volta per tutte, per ripristinare le fondamentali regole che presidiano la corretta ed imparziale rappresentanza istituzionale della classe forense, messa a repentaglio dal vergognoso accaparramento delle posizioni di potere registratosi negli ultimi anni.
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