CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: LE TESTIMONIANZE TARDIVE SONO CAUSA DI ERRORI GIUDIZIARI
Questo fenomeno si chiama “Noble Cause Corruption”, colpisce anche i consulenti delle procure, ed è ben noto a chi si occupa di errori giudiziari. Sia chiaro che non esistono giustificazioni né alla falsificazione né alla dissimulazione e che solo dicendo il vero si favorisce l’accertamento della verità e di eventuali responsabilità.
CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: LE TESTIMONIANZE TARDIVE SONO CAUSA DI ERRORI GIUDIZIARI
- Dottoressa Franco, quanto è complesso l’esame di una testimonianza?
È un campo minato quello della psicologia della testimonianza, sono molti infatti i fattori capaci di viziare una testimonianza, tra questi: la personalità psichica del testimonio, i condizionamenti da parte dei media, l’ansia di protagonismo, un desiderio di vendetta o di dipingersi come eroi, il tempo trascorso e, infine, il modo in cui un esaminatore si rivolge ad un teste (contaminazione).
- Dottoressa, un teste è capace di rievocare i fatti con precisione?
No, questo perché ogni processo testimoniale è costituito da una prima fase di acquisizione delle informazioni, dalla ritenzione delle stesse e dalla rievocazione e, in specie, se tra la prima fase (acquisizione delle informazioni) e quella del recupero passa un lungo periodo di tempo il ricordo subisce una distorsione che allontana inevitabilmente il contenuto testimoniale dalla realtà dei fatti. Se poi, durante la fase di ritenzione, un teste assiste ad un processo mediatico, la distorsione del ricordo viene amplificata.
- Dottoressa, perché alcuni testimoni dissimulano o falsificano?
Alcuni lo fanno per coprire proprie o altrui responsabilità, altri, invece, dissimulano o falsificano senza provare senso di colpa perché si illudono di essere paladini di una “nobile causa”, e così, nella convinzione di essere d’aiuto alle indagini, tendono a colmare le proprie lacune, a riordinare i ricordi, a compiacere l’intervistatore. Questo fenomeno si chiama “Noble Cause Corruption”, colpisce anche i consulenti delle procure, ed è ben noto a chi si occupa di errori giudiziari. Sia chiaro che non esistono giustificazioni né alla falsificazione né alla dissimulazione e che solo dicendo il vero si favorisce l’accertamento della verità e di eventuali responsabilità.
- Dottoressa Franco, ci faccia l’esempio di un testimone credibile?
Loris Gozi, nonostante il tempo trascorso, è stato testimone esemplare. È l’analisi linguistica della sua testimonianza a confermarcelo. Il Gozi, sentito dagli inquirenti sui fatti relativi alla scomparsa di Roberta Ragusa, ha sempre riferito lucidamente i fatti osservati senza ricamarci sopra; non ha mai cercato di stupire i suoi interlocutori infiocchettando la propria testimonianza con dettagli aggiuntivi. Loris Gozi ha sempre risposto alle domande prendendo possesso delle risposte e lo ha fatto secondo la formula che caratterizza una risposta credibile: prima persona singolare, verbo al passato, nessuno avverbio o aggettivo qualificativo; si è dilungato solo in risposta a domande che prevedevano un racconto più dettagliato; non si mai perso in tirate oratorie; né ha fornito informazioni estranee ai fatti.
- Dottoressa, per chiudere, dov’è il problema?
Il problema non sono i testimoni che dissimulano o falsificano, non è difficile smascherarli con la Statement Analysis, il problema sono quelle procure che si servono di testimonianze prive di valore per supportare le proprie errate ricostruzioni dei fatti.