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Tra le polemiche, si accende il dibattito: Ponte Morandi, demolire o restaurare e reintegrare?

Ponte Riccardo Morandi, a Genova, demolire o restaurare e reintegrare? Il 14 agosto 2018, alle ore 11:36, è crollata una

Ponte Riccardo Morandi, a Genova, demolire o restaurare e reintegrare?
ponte Morandi immagine tratta da “La Domenica del Corriere”, del 1° marzo 1964

Il 14 agosto 2018, alle ore 11:36, è crollata una sezione del Ponte Morandi di Genova lunga circa 250 metri – quella che sovrasta la zona fluviale e industriale di Sampierdarena – insieme a uno dei piloni strallati di sostegno (il numero 9), causando 43 morti, 15 feriti e oltre 600 sfollati. Il viadotto sul Polcevera, progettato dall’ingegner Riccardo Morandi (con la collaborazione dell’ingegner Claudio Cherubini) e costruito per opera della Società Italiana per Condotte d’Acqua tra il 1963 e il 1967, era stato pensato per risolvere il problema della viabilità cittadina, collegando l’autostrada Genova-Savona con l’autostrada Genova-Valle del Po, e costituendo un’infrastruttura strategica per il collegamento viabilistico fra il Nord Italia e il Sud della Francia.

Il viadotto, però, oltre ad essere stato inserito in una zona complessa (come si legge già nella relazione di progetto, “intensamente fabbricata con edifici civili e industriali e soprattutto interessata, oltre che dal fiume Polcevera, anche da una serie d’impianti ferroviari di grande importanza”) ha da subito mostrato delle criticità, oltre all’aumento dei costi di costruzione preventivati, e negli anni ha richiesto ingenti (e dispendiosi) lavori di manutenzione straordinaria. I prossimi erano stati programmati per dopo l’estate, ma la tragedia del crollo li ha preceduti.

Viadotto Morandi, l’idea di Renzo Piano

il plastico archistar RENZO PIANO

La vicenda, come normale, ha riacceso il dibattito sulla tenuta del patrimonio strutturale e infrastrutturale italiano, portando alla richiesta, da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, del “monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione delle opere viarie e dighe”, avviato il 16 agosto.

Inoltre, in questi giorni, si sono scatenate infinite polemiche per l’offerta di Renzo Piano, che, in qualità non solo di architetto ma soprattutto di senatore, ha voluto “donare” alla città di Genova un’“idea di ponte”, presentata alla Regione Liguria attraverso un primo plastico di massima. Secondo Piano, “sotto il ponte non può essere previsto che uno spazio vuoto e dunque un parco. Ma nel parco e tutto intorno ci dovrebbero essere incubatori di imprese, residenze, start up”, per far sì che questa calamità “possa anche diventare occasione di riscatto per la città, che in questi anni ha fatto poco”.

Questa offerta, nonostante Piano abbia sottolineato l’importanza dei concorsi e nonostante abbia assicurato che “il ponte lo costruiscono gli ingegneri”, ha subito generato polemiche su vari fronti – da chi ha voluto ribadire la propria contrarietà ai progetti gratuiti e agli incarichi svolti senza concorso, a chi ha voluto specificare, se non fosse stato abbastanza chiaro, che Renzo Piano non è un ingegnere.

Ponte Morandi, la demolizione è davvero la strada giusta?
Al di là di queste polemiche, a cui la stampa ha riservato già moltissimo spazio, in questi giorni si è acceso un ulteriore dibattito, forse più interessante: è giusto demolire interamente il Ponte Morandi?
O sarebbe più giusto restaurare e reintegrare l’opera?

Quest’ultima è la ferma posizione dell’Istituto Nazionale di Architettura, che proprio ieri ha inviato una lettera aperta al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, al Presidente della Regione Liguria e al Sindaco di Genova. Nonostante dichiarazioni e appelli alla ricerca di una soluzione più efficiente e culturalmente più appropriata, continua infatti ad essere presa in considerazione soltanto l’ipotesi di demolire quanto rimane del Ponte Morandi, realizzando poi una struttura completamente nuova al suo posto, con un’operazione sicuramente complessa e problematica, che comporterebbe la demolizione di molti altri edifici residenziali e produttivi.

Secondo l’InArch sarebbe quindi necessario approfondire anche un’ipotesi alternativa che consista nel consolidamento di quanto resta del viadotto – “operazione della cui fattibilità si ha conferma da numerosi esperti di strutture in cemento armato”, come si legge nella lettera – e nell’introduzione, sul sedime della parte collassata, di un nuovo ponte “squisitamente contemporaneo”. Ciò garantirebbe – continua la lettera – “semplificazione delle procedure, tempi più rapidi e costi di realizzazione più contenuti e, non ultima, la salvaguardia di un’opera straordinaria, del cui crollo qualcuno ha avuto l’ardire di attribuire la responsabilità non alla cattiva gestione, ma all’insufficiente competenza professionale di Riccardo Morandi”.

Della stessa opinione sembra essere anche Paolo Rocchi, Professore ordinario fuori ruolo di “Consolidamento degli edifici storici” (Sapienza Università di Roma) e Fondatore e presidente onorario dell’Assircco (Associazione Italiana Recupero Consolidamento Costruzioni), che aggiunge come, con la demolizione, oltre a perdersi “ogni traccia di un’insigne opera di Ingegneria, della cui tipologia restano pochissimi esempi” e la memoria collettiva della tragedia stessa, si perderebbe la possibilità di conservare “una fonte per gli accertamenti in corso nonché per quelli auspicabili, da svolgersi nel tempo e finalizzati all’utilissimo approfondimento degli studi sulla durabilità di questo tipo di struttura”

Non da ultimo, anche il celebre professore e architetto Antonino Saggio sposa l’ipotesi della non demolizione, chiedendo, con una petizione su Change.org (No alla demolizione precipitosa, Sì alla valutazione Costi-benefici), che non si proceda con l’abbattimento del Viadotto sul Polcevera senza aver precedentemente proceduto a una valutazione costi-benefici.

Si tratta di valutare dai punto di vista estetico, simbolico, ecosistemico, viabilistico ed economico le soluzioni alternative. In particolare è assolutamente indispensabile valutare in questo quadro la possibilità tecnica di un retrofitting e cioè di un rafforzamento delle strutture esistenti e di una messa in opera di ‘protesi’ temporanea o definitiva per la parte tragicamente crollata il 14 agosto”.

Questa ipotesi verrà davvero tenuta in considerazione?

Domenico Leccese 

 

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