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MORTE DI MARCO VANNINI : È OMICIDIO COLPOSO

Perché di questo si tratta, sostenere contro l’evidenza che l’omicidio di Marco sia il frutto di una autonoma e deliberata scelta di Antonio Ciontoli e non la conseguenza di un tragico e fatale errore umano, come tante volte sappiamo che può accadere, ed è accaduto, a chi è in possesso di un’arma ed incautamente la maneggia nella convinzione di averne il pieno controllo.

MARCO VANNINI

In primo grado per la morte di Marco Vannini, 20enne di Cerveteri, raggiunto da un colpo di pistola la sera del 17 maggio del 2015 nella villa dei genitori della sua fidanzata, in via De Gasperi a Ladispoli, la Corte d’Assise aveva stabilito 14 anni per Antonio Ciontoli, capofamiglia e maresciallo della Marina per omicidio volontario con dolo eventuale: l’uomo si era attribuito la responsabilità dello sparo.

 

LETTERA APERTA in data 18 Aprile 2018 dei legali della famiglia Ciontoli :
“Non avremmo mai più voluto intervenire pubblicamente in merito alla vicenda della morte del povero Marco Vannini, ma le “esternazioni” del Generale Garofano apparse sul Vs. giornale ci inducono a smentire ancora una volta la tesi che con ostinata pervicacia il consulente di parte

(MA DI QUALE “PARTE”, LA PARTE CIVILE O LA PARTE “MEDIATICA”, CIOÈ “QUARTO GRADO”?)

ha ritenuto di ammannire ai lettori, contribuendo ad alimentare l’odio dei soliti “imbecilli” che stazionano davanti alla tastiera dei pc, smartphone e tablet per vomitare sentenze di morte alla prima occasione utile.

Perché di questo si tratta, sostenere contro l’evidenza che l’omicidio di Marco sia il frutto di una autonoma e deliberata scelta di Antonio Ciontoli e non la conseguenza di un tragico e fatale errore umano, come tante volte sappiamo che può accadere, ed è accaduto, a chi è in possesso di un’arma ed incautamente la maneggia nella convinzione di averne il pieno controllo.

Non considera il Generale che lo stesso legale dei genitori è ormai su posizioni diverse, se è vero come è vero, che ha espresso la convinzione che “ormai i giudici abbiano tutti gli elementi per poter confermare l’ipotesi di reato”… quale reato?

Ma quello che è contenuto nel capo di imputazione, quello sul quale si sta svolgendo da ben diciotto mesi un dibattimento, nel corso del quale nessuna ipotesi di “omicidio volontario” ha mai trovato ingresso e l’accusa, rappresentata dallo stesso Pubblico Ministero che ha diretto le indagini preliminari, sostiene, da parte sua, che la morte del Vannini è sopraggiunta per la mancata attivazione dei soccorsi da parte dei Ciontoli pur nella consapevolezza del rischio letale di tale comportamento.

Anche in questo caso, l’unico effetto concreto è stato quello di provocare una violenta reazione sui social laddove viene sovente invocata

“UNA GIUSTIZIA DA STRADA”

(così come già visto ogni volta che uno dei salotti televisivi tratta in maniera superficiale questioni processuali di enorme delicatezza).

Di questo si sta discutendo, non di altro, ma purtroppo il Generale Garofano, evidentemente ad uso e consumo dei giornalisti di “Quarto Grado” – vedi trasmissione dell’8 dicembre 2017 – continua ad alimentare le inconsulte reazioni di un pubblico male informato e condizionato dalle

VIOLENTE “REQUISITORIE” CHE VENGONO RECITATE DAI NOVELLI SAVONAROLA TELEVISIVI,

ben consapevoli degli effetti che la spettacolarizzazione mediatica di ogni processo può provocare:

TUTTO PER QUALCHE PUNTO DI SHARE TELEVISIVO IN PIÙ … PURO CANNIBALISMO!

A questo punto vorremmo (ma siamo scettici visti i precedenti) che calasse un doveroso riserbo sulle ultime fasi di questo processo in attesa di una sentenza che, come anche da noi auspicato, contribuisca a sciogliere una volta per tutte gli interrogativi che i genitori della vittima si sono posti certamente fuorviati dal dolore per l’immane tragedia”.
Avv. Pietro Messina ~ Avv. Andrea Miroli

 

MORTE Marco Vannini, pena ridotta a Ciontoli da 14 a 5 anni: ira dei familiari del 20enne
Da sinistra Viola Giorgini, Martina Ciontoli, Maria Pezzillo, Federico Ciontoli e Antonio Ciontoli; Marco Vannini davanti alla torta

In corte d’Assise d’appello cinque anni, rispetto ai 14 della sentenza di primo grado, per Antonio Ciontoli, capofamiglia e maresciallo della Marina: derubricato il reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. L’uomo si è attribuito la responsabilità dello sparo.

Confermate invece le pene a tre anni per la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, fidanzata di Marco, accusati di omicidio colposo.

Assolta di nuovo Viola Giorgini, fidanzata di Federico Ciontoli e anche lei in casa la sera della tragedia, accusata di omissione di soccorso.
Una sentenza che ha immediatamente scatenato la reazione dei familiari del ventenne ammazzato con un colpo di pistola: il giovane morì solo dopo un’agonia di oltre tre ore durante le quali non venne soccorso tempestivamente.

Uno scenario che non è mai stato ricostruito a fondo, a cominciare da indagini approssimative.

Anche il principale imputato, il maresciallo della Marina impegnato anche nei Servizi, ha più volte cambiato la sua versione e vengono ancora i brividi a riascoltare le telefonate di quella notte quando Marco Vannini venne definito agli operatori del 118: “Ferito da un pettine che gli ha fatto un forellino su una spalla” quando invece la pallottola aveva trapassato polmone e cuore, con il povero ragazzo che urlava invocando la mamma.

Per i maresciallo il colpo mortale è partito per gioco: non si era accorto che la pallottola della sua Beretta calibro 9 era in canna.

Ha detto in lacrime Marina Conte, la madre di Marco, che ha apostrofato pesentemente i giudici già prima della fine della lettura della sentenza:

“Vergogna Italia! non voterò più e straccerò le tessere elettorali. Mi hanno ammazzato un figlio di 20 anni e non l’hanno soccorso in tempo: Marco poteva salvarsi ma loro non hanno fatto che inventare una bugia dopo l’altra per coprire una scena che ancora non è stata chiarita dopo quattro anni. Com’è possibile che le condanne siano state persino ridotte? Questa sentenza non è stata pronunciata nel nome del popolo italiano, non certo del mio” 

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