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5 maggio 1998 ~ 5 maggio 2018 VENT’ANNI DOPO SARNO, COSA È CAMBIATO?

Alluvione di Sarno e Quindici del 5 maggio 1998 20 anni fa l’alluvione di Sarno, una marea di fango uccise

Alluvione di Sarno e Quindici del 5 maggio 1998
20 anni fa l’alluvione di Sarno, una marea di fango uccise 160 persone #accaddeoggi Furono colpiti anche i comuni Siano, Bracigliano, Quindici e San Felice a Cancello

Il 5 maggio 1998, dopo giorni di piogge torrenziali, una marea nera di fango travolse Sarno, inghiottendo uomini e cose. Furono centosessanta le vittime di quella tragedia che coinvolse anche altri comuni della valle, come Quindici, Siano, Bracigliano e San Felice a Cancello. Sarno pagò il prezzo più alto, con 137 morti e la frazione Episcopio fu spazzata via dalle colate di lava fredda che, scese dalla montagna ferita in cinque punti, bypassarono la rete di canali di inizio secolo, troppo a valle per fare da argine.  Oggi, a vent’anni dalla tragedia, a Sarno sono state completate l’85% delle opere previste.  Il nostro è un Paese ad alto rischio idrogeologico In Italia, si continua a morire a causa del dissesto idrogeologico: dal 2000 al 2017 le vittime per alluvioni o esondazioni sono state 189 e, secondo le stime del rapporto Ecosistema Rischio di Legambiente sono gli oltre 7,5 milioni gli italiani esposti quotidianamente al pericolo. Mentre i danni economici causati dal maltempo solo nel triennio 2013-2016, stando ai dati di ItaliaSicura, ammontano a circa 7,6 miliardi di euro.  “L’incuria e la cattiva gestione del territorio determinano ancora oggi una situazione di rischio idrogeologico molto grave nel nostro Paese”. Ad affermarlo è Lorenzo Benedetto, Coordinatore Commissione Difesa Suolo del Consiglio Nazionale dei Geologi. “Ogni qualvolta – spiega l’esperto – si manifestano precipitazioni intense, peraltro sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici in atto, si determinano fenomeni franosi e alluvionali che, impattando con le aree antropizzate, determinano la distruzione dei beni e spesso anche vittime. Per questo motivo – continua Benedetto – occorrerebbe investire molto di più in azioni di prevenzione in modo da ridurre al minimo gli interventi in emergenza.

Alluvione di Sarno e Quindici del 1998

La lapide commemorativa apposta sulla facciata del palazzo municipale di Sarno nel 1999

Stato Italia Luogo Sarno, Siano, Bracigliano, Episcopio (SA) San Felice a Cancello (CE) Quindici, Casamanzi (AV)
Data 5 – 6 maggio 1998 ore 19:00
Tipo Alluvione, Frane Morti 160 Feriti n.d. Motivazione Pioggia torrenziale

L’alluvione di Sarno e Quindici, o frana di Sarno, è stato un movimento franoso di vaste dimensioni che, tra il 5 ed il 6 maggio 1998, colpì, in particolare, le aree urbane campane di Sarno (SA), Quindici (AV), Siano (SA), Bracigliano (SA) e San Felice a Cancello (CE), causando la morte di 160 persone.

 

Di queste, 137 rimasero uccise nella sola Sarno, la cui frazione di Episcopio fu l’area maggiormente colpita ed 11 nel comune di Quindici, in particolare nella frazione di Casamanzi, 5 nel comune di Siano (SA).
A seguito di questi avvenimenti la Prefettura di Napoli decise di attivare una rete di monitoraggio ambientale, realizzata e installata da una società del settore, per garantire un controllo delle piogge e dei loro effetti sull’evoluzione della frana.

Storia
L’area del comprensorio di Sarno, come per tutte le alture che circondano la piana omonima, è costituita da due dominii geologici nettamente separati. Il substato di base è composta da rocce calcaree, al di sopra delle quali le varie eruzioni storiche del Vesuvio hanno depositato strati successivi di piroclasti. Tali due dominii sono ben differenziati e descritti dalle numerose indagini geologiche condotte in epoca storica e recente. Essi costituiscono due insiemi a diversa densità, con il calcare compatto, e gli strati di piroclasti invece maggiormente sciolti ed incoerenti. Tali due strati erano tenuti insieme dalla vegetazione naturale, ed anche dalle pratiche colturali a terrazza. L’abbandono di queste ultime ha fatto in modo che i versanti fossero invasi da vegetazione ruderale, più volte bruciata, la quale non assicurava di fatto la stessa continuità tra calcare e piroclasti.
Nel mese di maggio 1998, l’area del comprensorio di Sarno fu colpita da un eccezionale evento piovoso, e nell’arco di 72 ore caddero oltre 240/300 millimetri di pioggia. Tale evento causò la dissoluzione della continuità tra calcare e piroclasti, e provocò lo scivolamento catastrofico di questi ultimi sul primo.
Il 5 maggio circa due milioni di metri cubi di fango si staccarono dalle pendici del monte Pizzo d’Alvano, investendo i centri abitati circostanti. Anche l’ospedale di Sarno, Villa Malta, posto alle pendici della montagna, fu investito dalla frana.
Sul versante orientale montano della provincia di Avellino – sulle cui pendici sorge il paese di Quindici – si verificarono una decina di eventi franosi, due dei quali investirono il paese. Il primo, nel pomeriggio, si riversò nel campo sportivo senza causare vittime; il secondo, intorno alle 19:00, travolse la frazione di Casamanzi, spazzando via alcune abitazioni e una chiesa (Chiesa dell’Immacolata Concezione). I canali di scolo di epoca borbonica (i cosiddetti “regi lagni”) che scorrono dalle falde del monte fino a dentro il paese, anche per l’incuria e lo stato di abbandono in cui si trovavano da anni, si riempirono di detriti franosi, trasformandosi in veri e propri lahar. Laddove gli argini non riuscirono a reggere, il fango invase le strade, riempì i piani più bassi delle case, trascinò auto, alberi e persone. Undici furono i morti nel centro cittadino.
Tra le vittime del disastro ci fu anche un soccorritore, il vigile del fuoco Marco Mattiucci, a cui – per l’eroismo dimostrato durante i soccorsi – fu attribuita la medaglia d’oro al valor civile

Conseguenze
Secondo quanto riportato da alcune fonti, solamente dieci ore dopo l’accaduto l’assessore all’ambiente della Regione Campania Angelo Grillo inviò ai sindaci della zona un fax in cui si prevedeva la possibilità di eventi catastrofici:
“Segnalasi che la conformazione orografica e le caratteristiche geoambientali del vostro territorio comunale in concomitanza di particolari eventi piovosi in corso in queste ore, possono determinare situazioni non prevedibili di instabilità con conseguenti eventi franosi catastrofici. Tanto si comunica ai fini dell’attivazione di ogni misura necessaria atta a garantire la salvaguardia della pubblica e privata incolumità”
Una volta accertata la gravità della situazione, numerosi distaccamenti di forze dell’ordine, pompieri e volontari provenienti da tutta Italia accorsero sul luogo per portare soccorso alle popolazioni colpite. Oltre all’elevato numero di vittime – tra cui diversi bambini -, numerose persone furono salvate dalla colata di fango; tra queste Roberto Robustelli, uno studente poco più che ventenne, estratto vivo dopo più di tre giorni dal sottoscala in cui era stato trascinato dalla violenza del limo.
Esaurita la fase di prima emergenza, furono aperti alcuni procedimenti penali verso esponenti dell’amministrazione cittadina di Sarno, volti all’accertamento di eventuali responsabilità. Il 5 maggio del 2010 il sindaco Gerardo Basile, inizialmente giudicato non colpevole in merito all’accusa di omicidio colposo plurimo nei primi due gradi di giudizio, si è visto annullare le due sentenze dalla Corte di cassazione.
Questo giudizio – motivato dal fatto che, secondo la Corte, la condotta del sindaco sarebbe stata “passiva” nella gestione degli eventi – ha rimandato la pratica alla Corte d’appello di Napoli per un nuovo processo.
Nel dicembre 2011 la Corte d’appello condanna Basile alla pena di anni 5 di reclusione, confermata in Cassazione nel 2013 (Cass. pen., sez. III, n. 19507/2013); la pena fu poi ridotta di 3 anni per effetto dell’indulto del 2006, mentre i restanti 2 anni furono scontati in regime di affidamento in prova al servizio sociale.

PER NON DIMENTICARE
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5 MAGGIO 2018 ~ L’alluvione di Sarno vent’anni dopo, il racconto di un sopravvissuto

Sono trascorsi vent’anni dagli eventi franosi di Sarno, nel Salernitano. Roberto Robustelli divenne il simbolo di quella immane tragedia. Fu tirato fuori dopo tre giorni da una cantina sommersa dal fango. Oggi Roberto è sposato, ha due bambini e fa il fotografo di professione. Tra i disagi del trasloco con il quale è impegnato proprio in questi giorni ci racconta il suo lavoro e il suo impegno in politica da alcuni anni. Attualmente è capogruppo del Partito Democratico al consiglio comunale di Sarno
video di Luigi Pepe
‪L’alluvione di Sarno vent’anni dopo, il racconto di un sopravvissuto https://video.repubblica.it/edizione/napoli/l-alluvione-di-sarno-vent-anni-dopo-il-racconto-di-un-sopravvissuto/303933/304563 via @repubblica‬

TRAGEDIA


Alluvione Sarno, vent’anni dopo: il dovere di ricordare per chi ce l’ha fatta, ma le ferite restano
4 maggio 2018 di Gigliola Alfaro SIR News 

 

Il 5 maggio 1998 una valanga di fango travolse Sarno e i comuni limitrofi, uccidendo 160 persone e distruggendo case, scuole, ospedale. Il mensile diocesano “Insieme” ricorda il dramma con un approfondimento in cui si dà voce a chi è sopravvissuto. Tra le altre testimonianze, quelle del vescovo emerito Gioacchino Illiano e del parroco di Episcopio, la frazione più devastata, don Antonio Calabrese. L’attuale vescovo, mons. Giuseppe Giudice, invita a chiedersi se la lezione è stata imparata, anche se a caro prezzo
Centosessanta morti: tante vittime contò, il 5 maggio 1998, una valanga di fango, provocata da una violenta alluvione, che travolse Sarno e i comuni limitrofi. I morti furono 137 a Sarno, 11 a Quindici, 6 a Bracigliano, 5 a Siano, 1 a San Felice a Cancello. Il primo smottamento, nella frazione di Episcopio, a Sarno, ci fu poco dopo le 16. Poi, fino alle 24, tra frane e smottamenti, a Sarno, lungo l’intera dorsale pedemontana che va da Episcopio a Lavorate, la montagna venne giù, seppellendo sotto il fango tutto quello che trovava sulla sua strada. Contemporaneamente, alle 18, un’altra ondata di fango travolse la cittadina di Quindici, sul versante avellinese della montagna. Poco dopo un’altra colata raggiunse i paesi di Siano e Bracigliano, sul versante nord di Sarno. Alla base della tragedia l’incuria nella gestione del territorio e un sistema fognario insufficiente. Dopo cinque processi e un iter durato quasi tre lustri, iniziato con due assoluzioni, poi cancellate dalla Cassazione e ribaltate dal nuovo giudizio d’appello, l’allora sindaco, Gerardo Basile, è stato condannato con sentenza definitiva a cinque anni per disastro colposo. Il mensile diocesano, “Insieme”, in uscita proprio il 5 maggio, dedica un ampio primo piano al ventennale, con le testimonianze di chi allora c’era e non ha potuto né voluto dimenticare.

Il dovere di non dimenticare. A vent’anni dalla calamità, tra gli eventi organizzati per ricordare il disastro, il 5 maggio, l’attuale vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, mons. Giuseppe Giudice, parteciperà, alle ore 10, alla presentazione del libro “‘La Carità’ di Ludovico da Savoia” di Giuseppe Palmisciano, presso il liceo “Tito Lucrezio Caro”. Alle ore 18 il presule presiederà la celebrazione eucaristica presso la concattedrale di San Michele Arcangelo a Episcopio.
“Ricordare quest’anno, per Sarno e per tutto l’Agro, nel XX anniversario della frana, diventa un esercizio utile e necessario per non dimenticare, per riflettere ancora, e per verificare il nostro comportamento verso la madre terra, chiedendoci se ne abbiamo appreso la lezione difficile e faticosa. Quando si contano i morti – e tanti! – l’anniversario non può mai essere celebrativo, ma ha il dovere, che nasce proprio dal rispetto per chi ha perso la vita e nella vita tutto, di essere riflessivo, meditativo, orante”, scrive mons. Giudice, su “Insieme”.
E spiega anche la scelta di presentare il libro “La Carità” di Ludovico da Casoria nella data dell’anniversario: “Presento un santo del sud per ricordare che solo uomini nuovi, della novità del Vangelo, possono edificare il nostro sud e i nostri sud. Non ci illudiamo, perché senza santità non può esserci vero progresso e civiltà; e ben sappiamo che, nei momenti più bui della storia, i santi come luci si sono accesi nelle nostre città e paesi, indicando ancora la strada giusta e riaccendendo il focolare della speranza”.

L’impegno della Chiesa. “La Chiesa scese immediatamente in campo, offrendo assistenza spirituale e un contributo materiale, in stretta collaborazione con le autorità e la popolazione”. Mons. Gioacchino Illiano, vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno, ricorda, sulle pagine di “Insieme”, l’impegno immediato della diocesi a favore di chi aveva perso affetti e case con l’alluvione. Tra i ricordi del presule, la celebrazione dei funerali di 95 vittime celebrati il 10 maggio nello stadio comunale. “Tra le bare e quel popolo numeroso che piangeva, in mezzo a tutta quella disperazione scorgo una bara piccolissima, sembrava una scatola bianca delle scarpe. Mi sono dovuto aggrappare al pastorale per non cadere,
è stato un momento terribile”,
racconta. Ma la disperazione non ha preso il sopravvento. L’8 maggio è stato salvato, dopo 72 ore, un giovane che era stato travolto dal fango e rimasto intrappolato in una cantina. Partendo da questo episodio, mons. Illiano durante l’omelia ha incoraggiato: “Dio non ci ha abbandonato”.
Colpo di grazia. Il pomeriggio del 5 maggio 1998 anche il parroco della concattedrale San Michele Arcangelo, don Antonio Calabrese, avvertì rumori strani, mentre alcune persone dalla zona pedemontana si rifugiavano sul terrazzo dell’oratorio. “La chiesa, a Episcopio, è il naturale punto di riferimento – spiega al mensile diocesano il sacerdote -. Così abbiamo aperto le porte e li abbiamo fatti entrare. Verso le 18.30 è arrivato l’ordine di sgomberare la chiesa ma tanti si sono rifiutati di andare via. Così, ci siamo attrezzati con coperte e asciugamani e ci siamo preparati per la notte. Il fango ha invaso piazza Duomo e il muro di recensione è crollato. Eravamo isolati.
Siamo rimasti in chiesa a pregare e a piangere.
Nel frattempo arrivavano notizie su quanto stava accadendo in altre zone di Sarno”. Al mattino, prosegue il parroco, “un elicottero ci preleva dal palazzo vescovile. Nel pomeriggio, accompagnati da vigili urbani, insieme a mons. Illiano, con fatica, facciamo il giro della città. Saliamo dalla frazione di Foce: davanti ai nostri occhi, la tragedia nella sua interezza.
I tempi sono difficili, ma l’alluvione ha inferto il colpo di grazia. Prima ad Episcopio c’era vita sociale, religiosa, la gente cresceva e maturava”.
Don Antonio, di nuovo alla guida della concattedrale dopo 9 anni, constata: “Al ritorno ho trovato una situazione profondamente cambiata. Basti ricordare che qui c’era una scuola media con il suo dirigente scolastico e ora non c’è più. C’era l’ospedale e molti altri punti di riferimento. Il vescovo veniva ogni giovedì. Adesso le attività chiudono e l’oratorio si svuota”. Sono passati vent’anni, ma le ferite restano.

ALLUVIONE DI SARNO: ASSOCIAZIONE VITTIME PROMUOVE BORSA DI STUDIO IN OCCASIONE DEL CONVEGNO PROMOSSO DALL’ORDINE NAZIONALE DEI GEOLOGI “VENT’ANNI DOPO SARNO. COSA È CAMBIATO”

Domenico Leccese 

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