È GIUSTO INFORMARE
Dopo il SILENZIO STAMPA voluto, e quello FORZATO, per motivi tecnici, oltre la mia volontà, riprendiamo a trattare la cronaca di interesse generale, internazionale nazionale e locale
FONTE : NOI CHE AMIAMO ISRAELE 🇮🇱
Shabbat Shalom!! ❤️
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LA PACE INIZIA QUANDO FINISCE IL TERRORE
Il piano Trump per cessare la guerra a Gaza, accettato da Israele (primo ministro e opposizione) e accolto dal sostegno di tutto il mondo. Come è stato fin dall’inizio, la scelta fra pace e guerra dipende dai terroristi palestinesi di Hamas.
Anche 🇵🇸 l’Autorità Nazionale Palestinese, 🇸🇦 Arabia Saudita, 🇯🇴 Giordania, 🇦🇪 Emirati Arabi Uniti, 🇮🇩 Indonesia, 🇵🇰 Pakistan, 🇹🇷 Turchia, 🇶🇦 Qatar ed 🇪🇬 Egitto accolgono con favore il piano di pace di Trump.
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Incredibile immagine scattata ieri sera al Kotel ( Muro Occidentale). Migliaia di fedeli ebrei si sono riuniti per pregare le “Slichot”, preghiere ebraiche penitenziali, recitate al fine di chiedere il perdono per i peccati commessi, in vista dell’arrivo del santo giorno di Yom Kippur, domani sera
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Questa sera tutti gli Ebrei del mondo celebreranno lo Yom Kippur.
UNA COMMOVENTE E BELLISSIMA STORIA
Tutto cominciò su un aereo Jumbo della British Airways, linea Londra- New York.
“Mi chiamo Robert”, disse un uomo sulla sessantina, assai calvo e con il naso pronunciatamente all’insù, incrociando lo sguardo di reb Yossef. I due avrebbero trascorso molte ore uno accanto all’altro e tanto valeva ammazzare la noia con quattro chiacchere. La conversazione prese ben presto una piega amichevole, finché, alquanto rapidamente, i due uomini trovarono un punto che li accomunava.
“Vedo che è ebreo”, disse Robert e reb Yossef annuì. “Anch’io lo sono, anche se non ho nulla a che fare – ma proprio nulla – con la religione ebraica”.
Da quel momento la conversazione si volse verso tematiche filosofiche, quali la fede e i sentimenti umani.
La hostess passò fra i passeggeri distribuendo i famosi (o famigerati) vassoi bollenti del pasto caldo. Reb Yossef notò immediatamente che quello del suo compagno di viaggio era tutt’altro che kashèr.
In cuor suo non se la sentiva di rimanere indifferente e di ignorare il fatto, anche se non sapeva esattamente come reagire e se reagire.
Alla fine si fece coraggio e, schiarendosi la gola, si rivolse a Robert: “Forse non è del tutto corretto da parte mia intromettermi nei suoi affari, ma… ehm… prima di uscire di casa mi sono preparato del cibo per il viaggio. Se lo desidera, posso darle con piacere il mio pasto kashèr e mangiare ciò che mi sono portato da casa”.
Robert fissò reb Yossef negli occhi, impugnò la forchetta con forza e, con un gesto di sfida, la conficcò nella carne che aveva nel vassoio.
“No! Le ho già detto che non ho nessun legame con la religione ebraica e che non mi interessa affatto osservarne le leggi. Ce l’ho con D-o!”. Poi aggiunse: “Mangio cibo tarèf perché ce l’ho con Lui!”.
Reb Yossef interrogò Robert con lo sguardo, in attesa che continuasse. Senza rendersene conto, questi posò la forchetta sul vassoio e prese nervosamente a tamburellare con le dita sul piano estraibile su cui era appoggiato il vassoio, che ormai pareva interessargli ben poco.
“Ce l’ho con Lui” proseguì “perché non ha protetto il mio Itzkel, il mio figlio unico”.
Reb Yossef capì che Robert serbava un dolore profondo nel cuore, cui ora dava in qualche modo sfogo. Annuì, in attesa che l’uomo continuasse il suo racconto.
“Abitavamo a Lodz, mia moglie, io e il nostro figlio unico di otto anni, Itzkel. Fino allo scoppio della Shoà conducemmo una vita alquanto serena, ma poi la situazione precipitò molto rapidamente. Quando iniziammo a capire la gravità del pericolo che ci minacciava, era ormai troppo tardi per fuggire. I nazisti ci rinchiusero nel ghetto.
“Un giorno i soldati irruppero nel ghetto e fecero uscire un gruppo di ebrei composto da uomini, donne e bambini. Ci condussero a un grande campo, fuori città, e ci separarno brutalmente, mettendo gli uomini da una parte, le donne da un’altra e gli anziani e i bambini da un’altra ancora. Poi ordinarono a noi uomini di scavare delle fosse profonde.
“Scavammo per diverse ore, quando improvvisamente udimmo una serie di spari. Evidentemente qualcuno aveva tentato la fuga e i soldati spararono addosso non solo a lui, ma anche a un gruppo di donne e bambini che si trovava in prossimità. Il mio cuore cessò per un attimo di battere quando vidi Itzkel accasciarsi al suolo. E quando corse verso di lui per soccorrerlo, anche mia moglie fu ammazzata sul posto”.
Robert tirò un lungo sospiro. Era evidente che il racconto di questa terribile storia gli costava grandi sforzi e lo rendeva folle di dolore.
“Ce l’ho con Lui” ripetè “perché mi ha portato via Itzkel”.
Reb Yossef aveva ascoltato attentamente la storia e ne era rimasto colpito. Ci volle non poco tempo finché il suo compagno di viaggio si riprese. Reb Yossef tentò delicatamente di discutere sulla Shoà dalla perspettiva di chi ha fede e crede nella Provvidenza Divina. Con questa breve e penosa discussione la conversazione fra i due giunse a termine.
L’aereo atterrò all’aeroporto JFK della New York e i due compagni si separarano, ciascuno per la propria strada.
Trascorsero sette mesi, giunse il mese di elùl e si avvicinarono i giorni del giudizio. Yerushalayim, come ogni anno, si pregnò di una santità unica, propria solo alla regina delle città.
Fu proprio in quei giorni che Reb Yossef giunse a Yerushalayim, come usava ormai da molti anni, per trascorrere i giorni santi nella città a lui tanto cara. Occupava da anni un posto fisso in una delle sinagoghe di Katamon, dove partecipava regolarmente alle preghiere di Rosh Hashanà e di Yom Kippùr.
Yom Kippùr. La profonda serenità mista a grandiosa riverenza e timore che regnavano a Yerushalayim erano quasi tangibili. Le vie della città erano immerse nel silenzio, per una volta del tutto esonerate dal viavai di autobus e vetture. Solo le preghiere che eccheggiavano dalle sinagoghe rompevano l’incanto, ricordando agli ebrei, anche ai più lontani, che in quel giorno le porte del Cielo sono aperte ad accogliere le richieste e le suppliche di chiunque solo desideri avvicinarsi ad Hashèm.
Nelle sinagoghe di Katamon, dove si svolge la nostra storia, come ogni anno si unirono alle preghiere molti “ospiti”, i cosiddetti ebrei del Kippùr. I loro tallitòt come nuovi, ancora candidi, con le pieghe ben accentuate, lasciavano intendere che erano rimasti chiusi per tutto l’anno in chissà quale armadio.
Dopo la lettura della Torà, il gabbày della sinagoga annunciò una pausa di un quarto d’ora prima della preghiera di Yizkòr per consentire anche a coloro che abitavano lontano di giungere in tempo in sinagoga.
Reb Yossef si tolse il tallìt e uscì dalla sinagoga a prendere una boccata d’aria. L’uomo seduto sulla panchina vicino alla sinagoga non avrebbero attirato la sua attenzione, se non fosse stato per la sigaretta che fumava con palese ostentazione. Quando scorse l’ebreo ortodosso, con indosso il kittel , l’uomo mise la sigaretta ben in mostra, con un gesto provocatorio che non lasciava spazio a equivoci: lo scopo era di offendere, infastidire, profanare e provocare l’ebreo che gli stava passando davanti.
Reb Yossef quasi lo ignorò proseguendo oltre, quando, come un fulmine, un’immagine molto chiara gli elettrizzò la mente. Il volto di quell’uomo gli era ben impresso nella memoria. Si voltò, lo esaminò per qualche istante e sì, era proprio Robert.
Senza pensarci due volte, reb Yossef gli tese le mani e, con una grande sorriso sulle labbra, lo salutò: “Sholem Aleychem, Robert!”.
Ora anche Robert lo aveva riconosciuto. Lanciò una rapida occhiata di scherno alla sigaretta, poi a reb Yossef, come per dire: “Ebbene, che cosa’ha da dire su questa?”.
Reb Yossef ignorò la sfida. “Oggi è Yom Kippùr! Forse desidera entrare con me in sinagoga, a pregare un po’? È un giorno speciale, il giorno più santo dell’anno…”.
Erano le parole che Robert si aspettava. “Gliel’ho già detto che ce l’ho con Lui e che non voglio averci nulla a che fare. Da quando ci siamo conosciuti quel giorno, in aereo, Itzkel non mi è ancora stato restituito…”.
Dalle parole di Robert traspariva un’ostinazione tipica di chi ha sofferto profondamente e serba in cuore un rancore profondo.
Reb Yossef, dal canto suo, non si mosse, profondamente addolorato. Pensava alle barriere che impedivano a quell’anima ebraica a congiungersi al Creatore.
“Se è adirato con D-o, è affare suo”. Reb Yossef ora tentava di giocarsi un ultimo jolly. “Ora però stiamo per recitare la preghiera di Yizkor, in cui si commemorano le anime dei defunti, dei martiri e delle vittime, chiedendo che vengano rettificate e che godano di eterno riposo. Lei aveva un figlio unico e inifinitamente caro. Per quarant’anni non lo ha mai ricordato in nessuna preghiera e forse ora è giunto il momento di entrare in sinagoga e di recitare lo Yizkòr e la preghiera di “Kel malé rachamìm” in sua memoria. Solo una piccola preghiera, per concedergli riposo nei mondi superiori”.
Robert reagì con un gesto che valeva più di mille parole, ma l’espressione di disprezzo era ormai svanita. Reb Yossef se ne rese subito conto e cercò nuovamente di convincere l’amico. Capì infatti che era in corso una lotta senza quartiere fra la ragione e i sentimenti più profondi.
Trascorsero alcuni minuti e Robert, senza dire una parola, si alzò, gettò la sigaretta e seguì l’amico. In sinagoga, reb Yossef lo fece accomodare al proprio posto. Poi si diresse verso il chazàn, che si trovava già sulla tevà, pronto per riprendere le preghiere. Reb Yossef gli espose brevemente la storia di Robert: “C’è qui una persona che non ha messo piede in sinagoga per quarant’anni. Ora ha acconsentito a farlo per commemorare il suo figlio unico, morto nella Shoà. La prego, reciti per lui un “El malé rachamìm” particolarmente commovente”.
Il chazàn annuì, lasciando intendere che avrebbe provveduto. Le preghiere ripresero e il “El malé rachamìm”, recitato dal cantore con tanto fervore e sentimento, commossero profondamente tutti i presenti.
Reb Yossef osservò Robert con la coda dell’occhio. Visibilmente pallido e sconvolto, teneva con forza il leggìo sforzandosi di rimanere in piedi. Reb Yossef era lieto di essere riuscito ad aprire una breccia nelle mura che cingevano il cuore dell’amico.
Quando giunse al nome del defunto, il chazàn volse uno sguardo interrogatorio a Robert, che si affrettò a rispondere: “Yitzkhak ben Reuven”. Il chazàn chiuse gli occhi e ripetè ad alta voce: “…l’anima di Yitzkhak ben Reuven”. Quindi proseguì la preghiera, quando improvvisamente si interruppe e guardò nuovamente Robert. Poi proseguì fino alla fine.
Al termine della commemorazione dei defunti, il chazàn scese dalla tevà e si incamminò con passo deciso verso Robert. Era visibilmente sconvolto.
“Itzkowitz?”, chiese con un’unica parola.
Robert lo fissò e annuì.
“Papà?!?” esclamò il chazàn, in tono interrogativo, incredulo e sicuro allo stesso tempo. Robert si ritrasse di un passo, fissò il chazàn e fu allora che lo riconobbe.
“Oh, Itzkel!”, esclamò, prima di perdere i sensi.
Di questa incredibile storia si parlò a lungo nel quartiere. Come dopo un sonno lungo decenni, come al risveglio da un sogno incredibile, ben presto emersero i dettagli della meravigliosa vicenda. Itzkel raccontò al padre che mentre la madre era rimasta uccisa sul colpo dagli spari dei soldati tedeschi, lui era rimasto solo lievemente ferito.
Per quarant’anni padre e figlio erano rimasti separati e lontani l’uno dall’altro.
Ora, nel giorno in cui i figli si ricongiungono a loro Padre, si erano ritrovati per sempre.
Storia raccontata dal Rabbino Yossef Hazan di Manchester
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YOM KIPPUR IN ISRAELE 🇮🇱
Durante Yom Kippur tutto si ferma in Israele. Un tempo per l’introspezione, la riflessione, per il perdono e l’espiazione.
Le autostrade sono vuote. Il palcoscenico perfetto per questo potente messaggio:
PACE 🕊
Auguriamo a Israele un anno di prosperità e soprattutto di pace.
Gmar Chatima Tova ( buona sentenza)
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La Global Sumud Flotilla è “pacifica”, ma è finanziata da Hamas
La Global Sumud Flotilla è “pacifica”, ma sostiene il massacro del 7 ottobre.
La Global Sumud Flotilla è “pacifica”, ma non ha mai chiesto il rilascio degli ostaggi.
E la Global Sumud Flotilla è “pacifica”, eppure, non sorprende, ha in programma di raggiungere Israele durante lo Yom Kippur, la nostra festa più sacra.
Non è una coincidenza
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Da questa sera tutti gli ebrei del mondo celebreranno lo Yom Kippur considerato il giorno più sacro e solenne del calendario ebraico. E’ un giorno di preghiera ed espiazione dei peccati in cui è vietato mangiare, bere, lavorare ecc. Prima di Kippur si devono saldare i debiti sia morali che materiali e si deve chiedere perdono a D-O per le trasgressioni compiute verso di Lui e agli uomini che si è offeso.
Quest’anno la celebrazione di Yom Kippur inizia stasera al tramonto e dura fino a domani sera. Migliaia di fedeli ebrei sono attesi al Kotel (Muro Occidentale) . Alla luce della delicata situazione e per il timore di nuovi attentati contro cittadini israeliani, Israele ha predisposto per la giornata di Yom Kippur un rafforzamento delle forze di polizia a Gerusalemme e la chiusura dei transiti da e per Giudea e Samaria. Saranno esclusi solo i casi umanitari e i casi medici. Oggi alle 16 noi israeliani ci fermiamo. I programmi radiofonici e televisivi come anche i siti israeliani sul web, i mezzi pubblici ed anche gli aerei, tutto si ferma per dar modo alla gente di preparare l’inizio del Yom Kippur.
Qui ci fermiamo anche noi, non prima di augurare Gmar Chatima’ Tova’ ( Buona sentenza) con questa immagine dolcissima dal Kotel, il Muro Occidentale a Gerusalemme!! 🇮🇱❤

🔹 ATTACCO TERRORISTICO A MANCHESTER
Durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro per gli ebrei, una sinagoga di Manchester è diventata la scena di un crimine.
Due assassinati, altri feriti gravemente
Questo è ciò che accade quando l’odio viene normalizzato, quando chi odia gli ebrei può vagare liberamente.
Deve finire.
🔹 La Flotilla è stata abbordata da navi militari israeliane a meno di 70 miglia da Gaza.
Sono terminate le attività di trasbordo e sbarco dei membri della Flotilla portati dalle autorità israeliane al porto di Ashdod. Tra gli oltre 450 membri della missione sbarcati, vi sono 46 italiani e tra loro quattro parlamentari e tre giornalisti. A quanto si apprende da fonti della Farnesina, stanno tutti bene. Terminate le procedure di riconoscimento, saranno tutti trasferiti in autobus al centro detentivo di Ketziot, nel sud di Israele, vicino alla città di Ber Sheva. Le persone fermate non saranno interrogate ne’ saranno sottoposte a particolari procedure giudiziarie. Sara’ solo chiesto loro se sono disponibili ad accettare l’espulsione volontaria entro 24/48 ore oppure se intendono rifiutarla. Per quanti rifiuteranno l’espulsione volontaria si aprirà un breve procedimento giudiziario al termine del quale un giudice dovrebbe decretarne l’espulsione coatta. Di norma, si dà seguito entro le 72 ore dal decreto d’espulsione.
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Povera Greta, non aveva preso in considerazione che da noi era Kippur, quindi niente panini dell’IDF …
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“Se gli arabi deponessero le loro armi oggi, non ci sarebbe piu’ violenza. Se gli ebrei deponessero le loro armi oggi, non ci sarebbe piu’ Israele”
Golda Meir
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COME LO SCIOPERO GENERALE AIUTA HAMAS E DANNEGGIA L’ENTITA’ PALESTINESE – Di Franco Londei
Una piccola premessa: fino a ieri la storia della flotilla per Gaza non se l’è filata quasi nessuno, giusto un po’ gli spagnoli e i turchi. Solo in Italia ne è stato fatto un caso di importanza capitale, confermando che il nostro paese rimane il ventre molle dell’Europa.
Ora, fatta la doverosa premessa, vorrei capire:
1) Cosa c’entra lo sciopero generale in Italia con le vicende riguardanti l’entità palestinese.
2) Se è vero, come ha affermato ieri Landini su La7, che il sindacato nasce anche come mezzo per proteggere le popolazioni sottoposte a genocidio e denunciare gli abusi, come mai non si è mai visto uno sciopero generale per il Sudan? Oltre 150.000 morti, 12 milioni di sfollati, fame diffusa a causa della gravissima crisi alimentare e nemmeno uno scioperino?
Ma lasciamo perdere queste chiare manovre politiche (e chi scrive non è di destra), quello che vorrei capire è cosa ne penseranno quelli di Hamas guardando quello che succede in Italia e, per traino, un po’ in tutto il mondo. Diranno: «vedi? Il massacro del 7 ottobre è servito. La gente ci ama. Non ci arrenderemo mai».
Poi diranno: «vedi, cantano tutti “dal fiume al mare la Palestina sarà libera”. Anche loro vogliono la cancellazione di Israele. Perché dovremmo accettare il piano di Trump quando mezzo mondo è con noi?»
E infine diranno: «più resistiamo e più donne e bambini facciamo ammazzare, e più odieranno Israele. Mettiamo scudi umani ovunque (come abbiamo sempre fatto n.d.r.), usiamo quelli che in Europa sono dalla nostra parte per incolpare gli israeliani e ne usciremo vincitori. In Italia hanno fatto anche lo sciopero generale in nostro sostegno, approfittiamone».
Ecco, questo è quello che verosimilmente penseranno i terroristi di Hamas al sicuro nei loro tunnel quando vedranno indire lo sciopero generale in loro sostegno. E si, in loro sostegno, non certo dell’entità palestinese che invece dovrà ancora sopportare la guerra.
Dicono di voler fermare il massacro ma in realtà fanno di tutto per farlo continuare, ormai ci vivono politicamente.
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Dopo le voci in Italia sugli abusi ai danni dei partecipanti alla flottiglia:
Israele pubblica una foto di Greta e degli altri partecipanti che sorridono alla telecamera.
Sono tutti sani e salvi …

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Non dimenticate quello che e’ avvenuto il 7 ottobre, non dimenticate la crudeltà, non dimenticate la diretta Facebook più crudele che abbiate mai visto.
Questa e’ la storia della famiglia Idan. Maayan è stata brutalmente assassinata, suo padre Tzachi è stato rapito a Gaza e assassinato in prigionia.
Maayan Idan è nata il 3.10.2005, figlia primogenita dei suoi genitori Tzachi e Gali Idan. Nel 2009 Maayan è arrivata con i suoi genitori al kibbutz Nahal Oz. I suoi tre fratelli sono nati nel kibbutz: Sharon, Yael e Shahar, una terza generazione a Nahal Oz.
Maayan – una ragazza con il sorriso di un angelo e un’anima profonda, aveva appena completato i suoi 12 anni di scuola e stava per arruolarsi nell’IDF. Maayan era una giocatrice di pallavolo e amava leggere libri. Ha trovato il suo vero e grande amore, e in un momento una vita così giovane è stata interrotta.
Maayan è stata assassinata dai barbari terroristi assassin di hamas il 7 ottobre 2023, quando stava cercando con tutte le sue forze di bloccare la maniglia del rifugio, insieme a suo padre Tzachi.
Che il loro ricordo sia di benedizione 🌷
🔹 Oggi, durante una manifestazione anti-israeliana a Roma, hanno sventolato questo cartello: “7 ottobre – la festa della resistenza”.
Capito?! Per loro, bruciare famiglie israeliane, decapitare e abusare di cadaveri, st*prare ragazze e rapire anziani israeliani è una festa!
Anche l’Italia è caduta e i sostenitori del terrorismo stanno travolgendo l’Europa cieca!
Yoseph Haddad
🔹 A Roma un manifestante pro-Palestina veste la statua di Papa Giovanni Paolo II con una kefiah.
Queste persone non hanno né dignità né rispetto.
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Le navi della flottiglia Sumud hanno affermato di portare aiuti ai palestinesi di Gaza, ma non c’erano aiuti a bordo.
Flotilla Vuota!
Le navi non trasportavano niente, nessun carico umanitario. Niente!
Ecco perché non hanno accettato alcun accordo, non avrebbero potuto perché non avevano niente a bordo per Gaza.
Era solo una finta missione umanitaria. Il loro scopo era solo provocare.
Qui il link https://t.me/hnaftali/19634
🔹 Greta Thunberg ha affermato due volte di essere stata abusata e “presa in ostaggio” da Israele.
Potrebbe essere l’unica ostaggio nella storia che è tornata felicemente su una barca dai suoi “malvagi rapitori” per poter essere “rapita” di nuovo.
Greta e i suoi amici non hanno altro da vendere che bugie!
Questa utile idiota è probabilmente gravemente depressa perché questa volta non ha ricevuto il suo panino dall’IDF…
🔹 Greta si è trasformata in una professionista alla ricerca di attenzioni.
Quando l’attivismo per il clima ha smesso di darle visibilità, è passata a un nuovo palcoscenico: l’attivismo anti-israeliano mascherato da “filo-palestinese”.
Si è unita alla flottiglia Sumud sostenendo che trasportasse aiuti umanitari per rompere il cosiddetto blocco di Gaza. Israele ha ispezionato le imbarcazioni: nessun aiuto, niente per i civili, solo imbarcazioni vuote.
Questo non è una missione umanitaria, è una trovata politica progettata per diffamare Israele. E non è la prima volta: era già stata fermata su una flottiglia all’inizio di quest’anno e si era impegnata a non ripetere l’accaduto. Eppure eccola di nuovo.
L’attivismo di Greta è diventato un circo




























