UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE 

È GIUSTO INFORMARE 

OMICIDIO DI CHIARA POGGI, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: I CAPELLI IN MANO A CHIARA SONO SUOI

“Chiara non ha preso per i capelli il suo aggressore, è stata colpita di sorpresa e ha tentato di fuggire”

Dottoressa Franco, di chi sono i capelli ritrovati in mano a Chiara?

I capelli che Chiara stringeva in mano sono suoi, dopo essere stata colpita con un corpo contundente alla testa si è portata istintivamente una mano proprio dove Stasi l’aveva colpita e lì ha raccolto i propri capelli. Chiara è stata colpita di sorpresa e poi ha tentato di scappare, mentre fuggiva ha urtato la gamba nel punto in cui, all’esame medico legale, è stata rilevata un’ecchimosi. Non c’è stata una colluttazione con il suo aggressore, Chiara non ha preso per i capelli il suo aggressore, se così fosse i capelli in mano a Chiara, quantomeno alcuni, avrebbero avuto il bulbo, non sarebbero spezzati.

Dottoressa Franco, invece, dei 4 capelli di Chiara ritrovati nel lavandino che può dirci?

I 4 capelli di Chiara ritrovati nel lavandino non provano che l’assassino non si sia lavato le mani, ci rivelano invece che se le lavò e lasciò nel lavandino ciò che aveva tra le dita in maggior quantità: capelli di Chiara.
Era in preda al panico, per questo motivo commise degli errori.

Dottoressa FRANCO, si è occupata di altri casi in cui i capelli abbiano avuto un ruolo?

Sì, nel dicembre 2014 ho cominciato a studiare l’omicidio di Kathleen Hunt Atwater Peterson per mano del marito nel tentativo di capire come fosse stata uccisa. Il District Attorney, ovvero la pubblica accusa, ed un suo consulente, un esperto di “Blood Pattern Analysis”, avevano infatti commesso errori nella ricostruzione dei fatti, errori che sono costati la scarcerazione di Peterson.

Nel marzo del 2015 ho pubblicato sul mio blog l’accurata ricostruzione dei fatti e il 21 marzo 2016 l’analisi della telefonata di soccorso fatta da Michael Peterson.

Il 21 dicembre 2017, il tema del 100esimo episodio del famoso podcast americano “My Favourite Murder” è stato proprio l’omicidio di Kathleen Hunt Atwater e la conduttrice, Georgia Hardstark, ha pescato nel mio blog. Dall’aprile 2018 è poi disponibile un documentario americano dal titolo “The Missing Pieces: The Staircase” con alcuni miei interventi durante i quali analizzo sia la telefonata di soccorso che la dinamica dei fatti. La regia è di Philip Tatler IV.

Ma veniamo al caso

Michael Iver Peterson è un bugiardo patologico convinto di essere un buon mentitore tanto da aver permesso al regista francese Jean-Xavier de Lestrade di girare un incriminante documentario sulla sua vicenda processuale, “The Staircase” (2004), un documentario di successo che è andato in onda anche in Italia nel 2018 su Netflix. Dal documentario emerge con forza il profilo psicopatologico di Michael Peterson e quello della sua famiglia allargata, uno straordinario esempio di famiglia narcisistica.

Peterson ha abusato mentalmente delle sue due mogli (Patricia Sue e Kathleen), dei due figli avuti con la prima moglie Patricia (Todd e Clayton) e delle due figlie adottive (Margaret e Martha, figlie di Elizabeth Ratliff), l’unica componente della famiglia che è sfuggita alle manipolazioni di Peterson è la figlia di Kathleen Hunt Atwater, Caitlin Veronica Atwater.

Michael Peterson è un uomo arrogante, ossessionato da se stesso e dai propri bisogni, privo di empatia, incapace di stabilire relazioni sane con gli altri esseri umani e convinto erroneamente di essere più intelligente dei suoi interlocutori.

Kathleen non è morta in seguito ad una caduta dalle scale, come sostenuto dalla difesa di Peterson, né Peterson ha usato l’attizzatoio per colpirla, come invece sostenuto dall’accusa

Michael Iver Peterson ha ucciso sua moglie Kathleen tra le 23:08 e le 23.53 del 9 dicembre 2001 e ha commesso l’omicidio con le mani nude.

Michael Iver Peterson ha ucciso sua moglie Kathleen prendendola per i capelli e facendole sbattere ripetutamente e violentemente la testa contro gli scalini di legno della scala di servizio della loro villa.

Durante l’aggressione, che si è sviluppata in almeno due tempi, in un’occasione Michael Peterson ha stretto la gola di Kathleen e con il pollice della mano sinistra le ha rotto il corno superiore della cartilagine tiroidea di sinistra.

All’esame autoptico il medico legale ha riscontrato multiple lacerazioni sul cuoio capelluto della vittima e nessuna frattura della teca cranica

Secondo il medico legale tali lacerazioni erano state causate da un oggetto piatto.

Nessun oggetto piatto colpì la testa di Kathleen, fu la testa di Kathleen ad impattare contro gli scalini di legno della scala di servizio della sua villa.

Tra le mani di Kathleen, sugli ultimi scalini della scala di servizio dove Kathleen aveva trovato la morte e sulla lattina di Diet Coke dalla quale aveva bevuto Michael Peterson dopo l’omicidio, furono repertati alcuni capelli strappati appartenenti proprio alla vittima.

Michael Peterson strappò i capelli a Kathleen durante l’omicidio perché li usò per trattenerla e sbatterle la testa a terra

Kathleen se ne strappò altri nel tentativo di liberarsi dalla presa mortale del marito, per questo motivo vennero ritrovati tra le dita di entrambe le sue mani.

È chiaro che, se i capelli ritrovati sulla scena del crimine fossero stati analizzati al microscopio, i risultati dell’analisi avrebbero permesso agli investigatori di differenziare i capelli strappati da quelli che si erano rotti in seguito all’impatto del cuoio capelluto con gli scalini.

Michael Peterson assaltò Kathleen una prima volta e la credette morta

Kathleen invece si riprese tanto da riuscire ad alzarsi in piedi, a questo punto Peterson l’aggredì nuovamente dopo essersi seduto su di lei per immobilizzarla, in quell’occasione con i propri pantaloni assorbì il sangue fuoriuscito dalle ferite della moglie e colato sugli abiti della stessa dopo il primo assalto.


Questa ricostruzione è l’unica cui si confanno tutte le risultanze investigative:

– Kathleen non patì alcuna frattura della teca cranica perché la sua testa impattò contro degli scalini di legno.

– Sul cadavere di Kathleen vennero rilevate alcune contusioni nell’area posteriore delle braccia e sulla schiena perché la donna urtò le braccia e il dorso durante l’aggressione.

– Non furono riscontrate contusioni su coste, gambe, piedi o ginocchia di Kathleen perché Kathleen non cadde dalle scale.

– Alcune contusioni furono invece rilevate sui polsi e sulle mani di Kathleen perché la donna si difese cercando di liberare i propri capelli dalla stretta del marito.

– La distribuzione delle macchie di sangue, il tipo di macchie (low/medium velocity blood spatters), l’assenza di cast off nella ristretta area in cui fu perpetrata l’aggressione, l’assenza di un pattern riferibile ad un corpo contundente sia sui muri, che sul cranio della vittima, che sulle sue lesioni da difesa, escludono che Peterson abbia usato un’arma per uccidere sua moglie.

– Infine, nessuna frattura del massiccio facciale è stata rilevata all’esame autoptico; è chiaro che se Kathleen fosse stata aggredita da dietro in quell’area così ristretta, ogni qualvolta fosse stata colpita posteriormente, la donna sarebbe caduta urtando il volto.

Nel 1985, a Gräfenhausen, in Germania, un’amica di Michael Peterson, Elizabeth Ratliff fu ritrovata morta ai piedi delle scale di casa sua dopo che Peterson l’aveva accompagnata a casa

In questo caso, all’esame autoptico, eseguito in seguito ad una riesumazione dei resti della Ratliff avvenuta dopo l’omicidio di Kathleen, il medico legale ha rilevato lesioni molto simili a quelle presenti sul corpo di Kathleen, oltre ad una frattura della base cranica.

Michael Peterson commise l’omicidio della Ratliff con le stesse modalità

In questa prima occasione, fracassò la testa della sua vittima contro un pavimento di mattonelle di terracotta e non contro degli scalini di legno.

https://www.lecronachelucane.it/2019/08/28/omicidio-di-kathleen-peterson-criminologa-franco-nessun-giallo/

#sapevatelo2025 

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