È GIUSTO INFORMARE
con Masih Alinejad

Chi è Masih Alinejad la giornalista iraniana che fa da anello di congiunzione fra la rivolta e il mondo
Chi è l’eroina semisconosciuta che lotta da anni contro il governo dell’Iran rischiando la sua vita per tutte le donne.
Sono il carburante dell’insurrezione, gli anelli di congiunzione attraverso i quali si diffondono filmati, immagini, resoconti della rivolta in Iran scoppiata dopo la barbara esecuzione di Mahsa Amini, rea di aver lasciato sfuggire una ciocca di capelli dall’hijab. Sono i dissidenti, quelli che scappano dal regime religioso che si è instaurato in Iran nel 1979 e che da oltre 40 anni calpesta la libertà e i diritti delle donne, i quali trovano accoglienza nei paesi in cui quei diritti sono garantiti. La loro condottiera virtuale in questi giorni di fuoco si chiama Masih Alinejad, 46 anni, giornalista e scrittrice, una massa di capelli ricci sempre bene in vista per protesta contro il governo del Paese d’origine da cui è fuggita e in cui non può più rientrare perché rischia l’arresto e l’esecuzione. Alinejad, al pari di 1500tasvir, un altro importante account Twitter di denuncia dei soprusi nei regimi islamici, è diventata una fondamentale portavoce di quello che sta accadendo laggiù perché nel frattempo il governo iraniano, che impedisce ai giornalisti stranieri di documentare la repressione, ha fatto anche lo shutdown digitale oscurando i social. Nonostante ciò, alcuni studenti riescono a violare il blocco e Alinejad, che ha un grande seguito, si presta a diffondere il materiale.
“I ragazzi stanno usando diversi metodi”, spiega l’esperto informatico Alex Orlowski a MarieClaire.it, “In Iran la rete è controllata dallo staff generale delle Forze Armate della Repubblica Islamica, ci sono migliaia di siti che vengono bloccati comunque anche in tempi normali, le VPN sono solo quelle approvate dalle autorità, e quelle straniere sono bandite, mentre il torrenting non è completamente bloccato, quindi usano principalmente questa via”. È così che Alinejad riesce a ricevere, anche se difficoltosamente, foto e filmati che poi posta sui suoi profili social. Alinejad, che è nata l’11 settembre 1976, era una bambina quando lo scià di Persia Reza Pahlavi è stato deposto per instaurare il regime dell’Ayatollah Khomeyni, ed è diventata presto una ragazza politicamente molto consapevole che nel 1994, a 18 anni, è stata arrestata per la prima volta per volantinaggio contro il governo. Nel 2001 ha iniziato a scrivere per i quotidiani locali ed è poi diventata giornalista parlamentare. Nel 2005 ha scritto un articolo in cui svelava che i ministri del governo stavano recuperando con i bonus le somme a cui dicevano di aver rinunciato col taglio degli stipendi, si è messa nei guai e le è stato revocato il permesso di entrare in parlamento. Quando nel 2008 ha paragonato i seguaci dell’ex presidente Ahmadinejad a delfini che attendono il lancio dei boccone di cibo dall’addestratore, i guai sono stati davvero seri. Nel 2009, infatti, è volata negli Stati Uniti con un visto temporaneo e quando è scaduto si è spostata nel Regno Unito. Intanto, si è laureata in Scienze della comunicazione alla Oxford Brookes University, partecipava alle proteste anti-governative iraniane e teneva degli speech per raccontare come vanno lì le cose. Alinejad è la fondatrice di My Stealthy Freedom of Iranian Women, la pagina Facebook dove le donne iraniane pubblicano le loro foto senza l’hijab, che secondo lei deve essere una scelta personale e non un obbligo, e colleziona premi internazionali per il coraggio con cui denuncia alla comunità globale la condizione delle donne nel suo Paese. Tornata negli Usa, come giornalista ha avviato Tablet for Voice of America’s Persian Language Service, un programma in cui vengono mandate in onda brevi interviste di iraniani in patria che raccontano le loro esperienze. Ovviamente, le autorità iraniane hanno vietato alla popolazione di partecipate, minacciando fino a 10 anni di carcere con l’accusa di alto tradimento. Ormai fra Masih Alinejad e il governo iraniano è guerra aperta, lo ha persino citato in giudizio in un tribunale federale degli Stati Uniti per minacce contro lei e la famiglia, infatti nel 2019 sono stati arrestati per ritorsione, con futili accuse, suo fratello e il fratello e una sorella del suo ex marito, mentre gli altri parenti sono stati minacciati di licenziamento dai loro posti di lavoro se non fossero riusciti ad attirarla in patria per farla arrestarla, o sono stati costretti ad andare in tv a diffamarla. Suo padre, per essersi rifiutato, è stato condannato a 8 anni di carcere. Intanto, è partita una campagna diffamatoria sulla stampa di regime in cui viene definita come una donna di costumi sessualmente discutibili, una tossicodipendente, e che per via del suo stile di vita sconsiderato è stata vittima di uno stupro nella metropolitana di Londra. L’hanno anche accusata di essere un’agente dei servizi segreti alle dipendenze della regina Elisabetta II, cercando di convincere la popolazione che per essere una giornalista, nei paesi occidentali, è obbligatorio lavorare anche per lo spionaggio. Nel 2021, invece, il governo americano ha reso noto un piano, sventato, per cercare di rapirla a New York, mentre il 28 luglio 2022 è stato fermato un uomo che cercava di introdursi in casa sua e nella cui auto hanno trovato un fucile d’assalto col numero di serie cancellato. Sembra incredibile che il mondo non parli mai di un personaggio straordinario come Masih Alinejad, la cui storia degna di un avvincente film di Hollywood non è ancora arrivata alla parola “fine”. Forse la rivolta in corso in Iran, con le donne che si rasano i capelli in piazza per protesta, renderà la giusta attenzione a questa eroina che, da decenni, a costo della sua vita, lotta da sempre per tutte le donne del mondo, non solo le sue connazionali.
🔹L’articolo di Masi Alinejad, perseguitata e ricercata dal regime iraniano, spiega perfettamente perché si può pensare quel che si vuole di Israele ma sperare che gli Ayatollah si salvino e dunque si rafforzino è il fondo dell’abiezione politica.
Quel passo lo hanno fatto in troppi.
Ho passato gli ultimi quattro anni della mia vita a essere braccata dalle Guardie Rivoluzionarie iraniane.
Hanno mandato degli agenti a rapirmi da casa mia a New York.
Hanno assoldato degli assassini per uccidermi sul suolo americano.
Mi hanno persino seguito a Davos, in Svizzera, dove ho dovuto essere portata via in elicottero dal mio hotel.
Se non fosse stato per la protezione dell’FBI – e per gli oltre 21 rifugi sicuri tra cui mi sono spostata negli ultimi anni – potrei non essere viva per scrivere queste parole
Quindi sì, questo momento è personale.
Ma è anche molto più grande di me.
Per oltre quattro decenni, la Repubblica Islamica dell’Iran ha esportato il terrore, represso il dissenso e spinto il Medio Oriente sull’orlo della guerra, il tutto privando il suo stesso popolo di dignità, opportunità e pace.
Ora, il regime ne sta subendo le conseguenze ai massimi livelli.
A quanto pare, i raid aerei israeliani hanno ucciso alcuni dei più alti vertici militari della Repubblica Islamica: Hossein Salami, comandante in capo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC); Amir Ali Hajizadeh, architetto del programma missilistico balistico del regime; e Mohammad Bagheri, capo di stato maggiore delle forze armate iraniane.
Per molte persone in tutto il mondo, questi saranno solo nomi stranieri.
Per me e per il popolo iraniano, sono i mostri che hanno impoverito e tiranneggiato le nostre famiglie.
Sono loro che hanno reso la vita di milioni di persone miserabile, non solo in Iran, ma in tutto il Medio Oriente.
Mentre le sanzioni soffocavano l’economia e gli ospedali scarseggiavano di medicinali di base, i comandanti dell’IRGC vivevano nel lusso.
Oggi, immagini virali sui social media in lingua persiana mostrano le loro piscine sui tetti, le suite all’attico e gli ascensori VIP, molti dei quali distrutti nei recenti attacchi.
Questi comandanti non hanno difeso l’Iran, hanno difeso il regime dal suo stesso popolo.
Le uniche persone che si sono sacrificate per il bene del Paese sono state i poveri, le donne che hanno osato mostrare i capelli, gli studenti uccisi per strada.
Ecco perché molti iraniani oggi non sono in lutto.
Nonostante la profonda incertezza che li attende, stanno festeggiando.
Ho ricevuto migliaia di messaggi dall’interno dell’Iran che mostravano giovani donne che ballavano per strada o famiglie che esultavano nelle loro cucine.
Ricordano questi comandanti come coloro che hanno dato l’ordine di sparare negli occhi ai manifestanti, di imprigionare ragazze adolescenti e di mentire al mondo mentre costruivano bombe in segreto.
Una madre di Teheran, incarcerata per aver protestato contro l’omicidio di suo figlio nel 2019, mi ha scritto:
“Svegliandomi con la notizia della morte di Salami, ho iniziato a urlare di gioia perché stavo vedendo giustizia”
Mi ha detto:
“Presto tornerai in Iran e balleremo sulle tombe di questi assassini”
Un’altra donna, la cui madre è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco dall’IRGC nel 2022 per aver protestato contro la brutale morte della ventiduenne Mahsa Amini, sotto custodia della polizia, ha scritto:
“Siamo tutti felici per l’eliminazione degli assassini dei nostri cari. La guerra ha un prezzo. Persone innocenti potrebbero essere uccise. Ma sappiamo chi dovremmo incolpare: la Repubblica Islamica”
Questa donna in particolare si è rasata la testa sulla tomba della madre, un’immagine che è presto diventata un simbolo della resistenza in Iran.
Milioni di iraniani hanno marciato, ballato, cantato e versato sangue per un futuro migliore.
Nel 2022, dopo la morte di Amini, il mondo ha visto il coraggio di giovani donne che affrontavano soldati armati con nient’altro che i loro capelli e la loro speranza.
Quel movimento non è stato schiacciato. Continua ad ardere, silenziosamente e coraggiosamente, nelle case, nelle scuole e nelle prigioni di tutto l’Iran. Oggi ce lo ricordiamo.
Il coraggio di queste donne iraniane potrebbe benissimo significare la fine della Repubblica Islamica stessa.
Ora, il mondo si trova di fronte a una scelta. Può concentrarsi esclusivamente su missili e mappe, trattando la questione come un’altra mossa geopolitica. Oppure può riconoscere la storia umana che si dispiega sotto la superficie, la storia di una nazione che emerge dall’ombra dei suoi aguzzini. La storia di un leone che emerge.
L’attacco di Israele potrebbe aver eliminato figure militari di spicco. Ma la vera vittoria deve ancora venire: il giorno in cui la Repubblica Islamica cadrà sotto il peso dei suoi stessi crimini e della forza del popolo che ha cercato così duramente di soffocare e mettere a tacere.

MEDIO ORIENTE MASIH ALINEJAD A TUTTO CAMPO SULLA GUERRA ISRAELE 🇮🇱 CONTRO IRAN 🇮🇷
La Repubblica Islamica ha costruito il suo impero di tirannia sul sangue: di manifestanti, dissidenti, donne, bambini.
Quell’impero ora si sta sgretolando.
Il popolo iraniano sta osservando per vedere cosa succederà e spera che anche il mondo stia guardando.
#sapevatelo2025