A“Crona-Chi?” il giornalista Fabio Amendolara ha incontrato Franco Villani, editore e autore con Carmelina Colombino de “Gli interrogatori e le sentenze nel processo di Calvello del 1822”, in un triangolo del territorio che comprende Laurenzana, Ferrandina e Calvello nel periodo storico dei moti rivoluzionari, scoprendo personaggi interessanti, le cui gesta sono state poi diramate sul piano nazionale dalla stampa dell’epoca.

BASILICATA, STORIA E IDENTITÀ

«Dobbiamo partire da ciò che è stato il 1799 in Basilicata – esordisce Villani – quando aderisce alla Repubblica Napoletana, però poi tutto ritorna normale, la Restaurazione, ma gli ideali di libertà propagati dalla Rivoluzione Francese attecchiscono, soprattutto in Basilicata che Gian Battista Vico definisce “una delle regioni più democratiche del mondo” addirittura. Nel 1821, per tornare ai fatti, Carlo Mazziotto, medico di Calvello di 35 anni, che a Napoli assorbì le idee di libertà, giustizia e fratellanza, venne nominato capo della Carboneria per coordinare un’eventuale insurrezione in Basilicata. La organizza, è in contatto con le società segrete carbonare di altri paesi per organizzarsi contro gli Austriaci, contro i Borboni. A Ferrandina erano Giuseppe e Francesco Venita, due fratelli che avevano militato nell’esercito borbonico, ma che poi dopo il fallimento e la sconfitta di Antrodoco del 1821, si erano dati un po’ alla macchia avendo sposato le idee di Silvato e Morelli che avevano capeggiato la rivolta contro il Re di Napoli, che tra l’altro aveva concesso la Costituzione, revocata dopo il famoso nonimestre. Venita gira la Basilicata e a Tolve è costretto ad uccidere un civico per paura di essere scoperto e denunciato; fa il latitante e arriva a Calvello dove viene curato dal medico Carlo Mazzotta. Si tiene poi una riunione nella chiesa de “La Madonna degli Angeli”, dove partecipano 60 calvellesi giurando di non rivelare a nessuno quanto si dice quella sera, ma 5-6 giorni dopo frate Rosella viene arrestato: Aveva partecipato alla riunione e fu tradito da una spia. Fu portato in prigione nel castello di Calvello e Mazzotta e Venita decidono di liberarlo, il 10 febbraio assaltano il castello con una 60ina di calvellesi e liberano il frate, però di ritorno alle proprie case un drappello incontra un giovane del luogo, Francesco De Grazia, il quale li riconosce e i carbonari, temendo di essere denunciati, purtroppo compiono quello che non avrebbero mai dovuto compiere, lo uccidono. Qui le testimonianze ci sono, con le pietre lo massacrano a 21 anni. Scatta una repressione fortissima. L’Austria manda addirittura 1000 soldati a Calvello che tra qui e Laurenzana arrestano tutti i rivoltosi nel giro di 15 giorni, addirittura istituiscono una Corte marziale promettendo a chi collaborerà dei vantaggi. Ciò finisce poi sulle cronache nazionali, il gruppo di patrioti assurge a rilievo nazionale e nel Castello di Calvello si tiene il processo, vengono interrogate una 40ina di persone dal 26 febbraio al 12 marzo 1822».

CARBONARI E VERBALI

«Immaginiamo il faldone del processo, sono circa 300 pagine manoscritte. Ho avuto la possibilità di vedere fisicamente questo registro nell’Archivio di Stato e grazie all’aiuto di Carmelina che ha lavorato per un paio d’anni, siamo riusciti a trascrivere quasi integralmente le parole dei condannati a morte, quando la Corte emana 24 condanne di cui 9 eseguite il giorno dopo davanti a una folla muta e atterrita di Calvellesi e per gli altri invece la pena è commutata all’ergastolo dopo 15 giorni. Moltissimi ovviamente moriranno nelle galere. Mi ha colpito che ci siano stati tra gli aderenti alla Carboneria molti appartenenti alla Chiesa. Perché nel secolo dei Lumi, che è il 1700, con la Rivoluzione Francese si propagano le idee di fratellanza, di libertà, di uguaglianza e ovviamente sono ideali che stanno alla base della fede cristiana, quindi un sacerdote liberale non può che abbracciarli in una scelta ideale, di pietas per quelli che sono i suoi simili. Non a caso a Potenza abbiamo Via dei sacerdoti liberali, abbiamo il Vescovo Serrao che viene addirittura ammazzato per aver retto l’albero della libertà. Abbiamo parlato di Ferrandina, dove non dobbiamo dimenticare che prima del congresso di Vienna c’era già una presenza di Carbonari, tutta gente del popolo che la storia ha messo un po’ da parte, mentre ad esempio a Milano, penso tra tutti a Silvio Pellico, queste storie sono state raccontate, tramandate, esaltate e sono finite nei libri di scuola. Noi ci arriviamo purtroppo con 150 anni di ritardo, per cui oggi io ho pubblicato qualcosa come 150 libri in questi 10 anni di attività editoriale, e 101 sono dedicati a quasi tutti i paesi della Basilicata, perché in ognuno c’è un cultore di storia, un ex professore, dirigente, professionista, storico locale, che ama la storia la scrive e a me non rimane altro che il piacere di promuovere la conoscenza della nostra regione. Non dimentichiamo che fino al 1960 c’era ancora il 90% di analfabetismo. Per cui voler promuovere la conoscenza della nostra storia era una delle basi per cui mi sono poi interessato di tutti coloro che hanno queste cose da raccontare. Abbiamo dei personaggi veramente incredibili.

GLI ARRESTI

«A Calvello c’è una statua di Masini dedicata a Carlo Mazziotti situata davanti al Comune, ma c’è anche la Stanza della Libertà con il dipinto della fucilazione e ci sono addirittura dei pannelli che riportano i nomi dei 209 patrioti calvellesi che dal 1800 al 1860 sono morti per la libertà d’Italia. Abbiamo realizzato un video su YouTube, “I moti carbonari di Calvello” in cui viene raccontata questa storia. Un’altra iniziativa del Comune, sempre fatta nella nostra Casa Editrice è un fumetto sui moti carbonari, ma ci sono anche canzoni. Quindi diciamo che come paese Calvello ogni anno in occasione del 13 marzo svolge rappresentazioni. Ahimè invece devo registrare un’assoluta mancanza di conoscenza nel paese dei Venita, a Ferrandina, dove praticamente la loro storia è eclissata, eppure lì hanno avuto Carlo Palestino, uno dei più grandi storici dell’Ottocento che ha scritto interi libri ai Venita, ma credo che questa lacuna la stia colmando il comune di Ferrandina, che ha patrocinato, ha acquistato centinaia di copie per diffonderlo e per far sì che all’interno della comunità ci fosse la giusta conoscenza. Ovviamente quest’ultimo volume è un po’ la ciliegina finale e devo ringraziare anche il mio amico professore Nicola Lisandro, storico che ha scritto una bella prefazione e col quale spesso ci ritroviamo a presentare libri dedicati ai moti carbonari, o altri, nei diversi comuni, cercando di promuovere la conoscenza di quella che per troppo tempo è stata riconosciuta una regione senza storia, senza identità. In realtà ci sarebbe tanto da scrivere e da dire, e dobbiamo rivendicare questa identità, ma potrebbe essere l’occasione di prossimi incontri»

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