Un candidato ripiegato sul territorio, l’altro impegnato a far arrivare i coloni pugliesi del Pd. Da una parte la concretezza e il dialogo di Nicoletti, dall’altra la frammentazione e le vecchie logiche congressuali emerse con Cifarelli
Le piazze di Matera, in queste ultimi scampoli di campagna elettorale, sono tornate a riempirsi come non accadeva da tempo, restituendo il senso di una comunità viva e partecipe. Entrambi i candidati, Cifarelli e Nicoletti, hanno saputo catalizzare l’attenzione, ma con differenze che sono apparse evidenti non solo nel numero dei presenti, ma soprattutto nella qualità e profondità del confronto proposto.
La piazza di Nicoletti, gremita ben oltre le aspettative, ha rappresentato non solo una prova di forza numerica, ma anche, e soprattutto, un luogo di ascolto e di proposta. Il corpo d’occhio non mente: la partecipazione è stata ampia, spontanea, priva di quelle presenze costruite a tavolino che spesso popolano i grandi raduni politici. Ma ciò che ha davvero distinto questo appuntamento è stata la ricchezza dei contenuti. Si è parlato di idee, di progettualità, di visioni per il futuro di Matera e della Basilicata. Nicoletti ha scelto di parlare alla sua gente, con la sua gente, senza ricorrere a capi corrente o a figure di riferimento esterne, in un dialogo diretto e autentico che ha saputo coinvolgere e appassionare.
Di contro, la piazza di Cifarelli, seppur partecipata, ha mostrato i segni di una politica che fatica a rinnovarsi, schiacciata dal peso delle sue stesse contraddizioni. Le correnti del Partito Democratico, da tempo celate sotto il tappeto, sono emerse con forza, trasformando la campagna elettorale in una sorta di congresso permanente. Una guerra tra bande, in cui i vari capicorrente si sono affrettati a marcare il territorio, più preoccupati di consolidare le proprie posizioni che di offrire una visione condivisa per la città.
Emblematica, in tal senso, la scelta di Cifarelli di chiamare a raccolta, proprio a Matera, esponenti politici pugliesi notoriamente distanti – se non apertamente ostili – agli interessi della Basilicata. Prima Emiliano, giunto mentre volevano arrestare uno dei suoi assessori per un’associazione per delinquere, e noto per la lunga controversia sulla gestione delle risorse idriche che non ci ha pagato per lungo tempo e delle quali vuole appropriarsene senza riconoscerci nulla, poi Decaro, che da sindaco di Bari non ha mai nascosto la volontà di attrarre verso la sua città i flussi turistici generati da Matera. Un segnale che è andato ben oltre la normale dialettica politica, evocando piuttosto una logica di ingerenza e di supremazia territoriale che i materani hanno percepito come un campanello d’allarme.
La campagna elettorale di Cifarelli, inizialmente impostata su toni assertivi e talvolta sopra le righe, ha finito per imboccare la strada di una difesa nervosa, quasi una sindrome di Stoccolma nei confronti di quelle stesse forze esterne che, nel tempo, hanno spesso penalizzato la Basilicata. Senza dimenticare gli atteggiamenti bullistici dello staff di Cifarelli culminata con le ingiurie e gli insulti alla stampa non gradita perché non allineata. Nicoletti, al contrario, ha scelto la via della concretezza, della responsabilità e dell’ascolto, offrendo una prospettiva nuova e credibile a una comunità che chiede futuro, non solo appartenenze.
In conclusione, queste campagne elettale ha mostrato che la differenza non la fanno solo i numeri, ma la capacità di interpretare il sentimento di una città, di offrire risposte e visioni, di parlare con sincerità. Matera ha saputo distinguere chi costruisce e chi, ancora una volta, si rifugia nelle vecchie logiche di potere. E il segnale, questa volta, è arrivato forte e chiaro. Domani e lunedì le urne parleranno. Noi seguiremo in diretta da Matera l’esito del ballottaggio a partire dalle 17 in diretta su Cronache Tv.